La villa

La costruzione di Villa Cerruti risale agli anni Sessanta del Novecento. Il primo progetto, firmato dall’architetto Cataldo D’Imperio, non era dissimile da quello attuale e prevedeva, all’interno di un ampio giardino, la realizzazione di un edificio su quattro livelli con una torre-osservatorio, l’elemento architettonicamente più rilevante, forse ispirato ai dipinti metafisici di Giorgio de Chirico o eco delle torri della Porta Palatina di Torino.

Costruita lungo un ripido declivio che ne contrassegnava la struttura, la villa era pensata per ospitare gli anziani genitori di Cerruti – il padre Giuseppe (Genova, 1890 – Torino, 1972) e la madre Ines Castagneto (Genova, 1892 – Torino, 1977) – e per tale ragione lo stile prescelto era quello provenzale, capace in parte di rievocare le atmosfere della natia Genova. I due, tuttavia, frequentarono poco la villa rivolese e l’edificio, terminato nel 1967, divenne presto una residenza di svago per il fine settimana e i giorni di festa, mai veramente abitata né da Cerruti né da alcun altro membro della famiglia.

Parallelamente all’edificazione della villa, nacque in Cerruti il desiderio di collezionare dipinti e oggetti d’arte; pare infatti che la raccolta abbia preso avvio nel 1969, quando Cerruti decise di acquistare un piccolo acquerello su carta di Vasilij Kandinskij. La collezione prendeva così il via e la villa, di fatto inabitata, si candidava a divenire il miglior luogo in cui custodirla.

Nel tentativo di rendere tale luogo più confacente ai preziosi capolavori che negli anni si andavano accumulando, l’edificio subì successive ristrutturazioni: una, più consistente, previde la costruzione della veranda in muratura da cui oggi il pubblico accede alle sale; le altre, di natura prevalentemente decorativa, erano destinate a trasformare gli ambienti interni, che poco alla volta, su progetto dell’antiquario Giulio Ometto, abbandonavano l’originario stile provenzale per assumerne uno nuovo, neo-settecentesco, più adatto al cerimoniale dell’abitazione e consono allo splendore della collezione che si stava formando. Il gusto della ristrutturazione rispecchiava quello di Pietro Accorsi (Torino, 1891-1982), il famoso antiquario (di cui Ometto fu allievo e da cui Cerruti acquistò oggetti e arredi) che, negli anni, con i suoi interventi, aveva trasformato le abitazioni della ricca borghesia torinese. Soltanto pochi ambienti, sfuggiti a questa trasformazione, testimoniano oggi l’aspetto originario dell’edificio.

La ristrutturazione più recente, seguita dagli studi torinesi Baietto Battiato Bianco e Con3Studio, ha reso possibile la fruizione della casa a un pubblico più ampio. Il progetto declina il linguaggio contemporaneo di alcune addizioni interpretando l’esistente, in un esercizio ermeneutico in cui rientrano anche proposte per le aree esterne.