La sala da biliardo
Nel seminterrato della propria villa, Cerruti dispose un tavolo da biliardo e ricavò una zona adatta all’allestimento delle opere d’arte otto e novecentesche. Questi ambienti erano, da un punto di vista strettamente decorativo, meno curati di quelli di rappresentanza del piano terra e del primo piano e avevano un carattere per lo più domestico; la presenza di una cantina di vini pregiati e quella del tavolo da biliardo dichiaravano la finalità principalmente ludica di questa zona dell’edificio, rivolta all’intrattenimento degli amici.
Il tavolo da biliardo occupa gran parte del salone; con gli anni ha perso la sua funzione originaria e, complice il consistente incremento della collezione di libri rari e legature preziose, si è trasformato in piano d’appoggio per pezzi di particolare pregio. Proprio come nello studio al piano terra, i libri sono protagonisti e si fanno spazio su ogni superficie disponibile: le incisioni di Francisco Goya, ad esempio, occupano il tavolino tra i divani; mentre, in un angolo, i cinque volumi della Bibbia illustrata da Salvador Dalí (1967) sono custoditi nel loro mobiletto originale. Tra i tesori di questa stanza, si segnalano gli undici volumi nei quali Willem e Joan Blaeu, alla metà del XVII secolo, vollero raccogliere le mappe di tutte le terre allora conosciute e i tredici tomi di À la recherche du temps perdu (Alla ricerca del tempo perduto) di Marcel Proust, rivestiti dell’elegante legatura di Paul Bonet.
Alle pareti, sono molti i capolavori della pittura: dalla celebre tempera su cartone intitolata Scherzo: uova (1914) di Felice Casorati alla grande tela del 1961 di Emilio Vedova; da un ritratto femminile precoce (c. 1906) di Robert Delaunay al noto pastello Coppia al caffè (c. 1885) di Federico Zandomeneghi. Basterebbe citare la sequenza di opere allestite su una sola delle quattro pareti, per testimoniare l’eclettismo del collezionista e la sua predilezione a creare costellazioni d’immagini assolutamente inaspettate. È così che dall’inquietante figura inginocchiata (1963-1964) di Graham Sutherland e dalle forme sincopate del futurista Fillia (Il saldatore della velocità, 1926) si passa alla compostezza delle Amiche (1954) di Massimo Campigli, alla solennità di Sacco e rosso (1954) di Alberto Burri e ancora alle linee sinuose dell’Amalassunta (c. 1950) di Osvaldo Licini, al misterioso Achrome (1959) di Piero Manzoni e all’enigmatica figura (1992) di Gino De Dominicis.