La camera nella torrre

Nella villa alcune stanze più di altre, per le giustapposizioni di opere e per i dialoghi che tra esse si instaurano, sembrano portatrici di un preciso programma iconografico. Quella che avrebbe dovuto essere la stanza da letto del collezionista, posta in cima alla torre – citazione dechirichiana o, se vogliamo, omaggio alla più metafisica delle architetture torinesi, la Porta Palatina – è in questo senso particolarmente significativa. 

Stando alle testimonianze, il collezionista dormì in questa sua residenza in rarissime occasioni (forse nella camera delle rose al primo piano) e verosimilmente la camera nella torre – che conserva la decorazione provenzale coeva alla data di edificazione della villa – non venne mai utilizzata come stanza da letto; dato che tanto più invita a una lettura simbolica dello spazio. Le pareti sono rivestite da listelli lignei dalla tonalità calda, con la sola eccezione della nicchia in cui si inserisce il letto, foderata di un tessuto verde brillante che richiama i tendaggi e il copriletto. 

In questa stanza è raggruppata la maggior parte dei fondi oro e delle opere più antiche della collezione: da Simone dei Crocifissi al Sassetta, da Marco di Paolo Veneziano a Gherardo Starnina, con tre tavole di Bergognone che, quasi a ricomporre un immaginifico trittico andato smembrato, occupano un’intera parete. I temi della nascita di Cristo, della Madonna con il Bambino, della Crocifissione e del Compianto sul Cristo morto sembrano ritornare con insistenza. Il loro raccogliersi in uno specifico ambiente non può che sollevare riflessioni legate alla nascita e alla morte, e in modo particolare al letto e alla camera da letto come luoghi tradizionalmente deputati a questi passaggi. Seguendo la facile associazione tra letto e bara, camera da letto e camera sepolcrale, questa stanza si fa soglia tra due mondi e si rivela come il luogo in cui Cerruti aveva immaginato di concludere la propria vita terrena.