Via Po

Giacomo Balla

1904
Pastello su carta
42 x 59 cm
Anno di acquisizione 1982


Inv. 0071
N. Catalogo A63


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Un paesaggio oggettivo ma anche emozionale, che ci trasporta in un’atmosfera silenziosa e solitaria, come spettatori di una luce costruita sulla base di forti contrasti tra i toni del blu indaco e del giallo.

 

Arrivato a Roma sullo scorcio degli ultimi anni dell’Ottocento, il giovane Balla assiste al rapido mutamento della città, già capitale papalina, ora capitale del Regno d’Italia. Un tessuto urbano che cambia pelle, cresce, impossessandosi delle aree suburbane circostanti. Per Balla, instancabile osservatore, tutto questo si offre come spunto per nuove e suggestive visioni. Scenario prediletto delle sue registrazioni visive sarà il quartiere Pinciano, tra i viali alberati di Villa Borghese e le architetture moderne delle vie che egli più ama. Percorsi ricorrenti che s’intrecciano con gli aspetti più intimi e quotidiani della vita dell’artista, il quale proprio in questo quartiere trascorrerà moltissimi anni, prima nello studio-casa di via Piemonte, poi nella residenza di via Parioli (oggi via Paisiello). Il pastello ritrae uno scorcio di via Po, una delle mete abituali per il giovane Balla, le cui frequentazioni più assidue si svolgevano nel giro di pochi isolati. «Balla veniva al mio studio con gli occhi arrossati per aver fissato a lungo le luci e i colori della Fabbrica che stava studiando in quel tempo»1, sono le parole con cui lo scultore Giovanni Prini racconta a Elica Balla, figlia del pittore, la nascita di una delle opere più affascinanti del periodo prefuturista: La giornata dell’operaio (Lavorano, mangiano, ritornano). Realizzato nello stesso anno, anche il prezioso pastello di Via Po testimonia l’importanza e la persistenza del paesaggio urbano come riflessione attenta e sensibile sul tema della «città che sale», avanza, tra fabbriche in costruzione e viali rinnovati da palazzine signorili, simbolo dei nuovi inquilini borghesi che cambiano radicalmente il tessuto sociale della città. Il paesaggio inquadra una veduta di palazzi tipici dell’edilizia umbertina, dalle linee eleganti, appena accennate dal disegno sintetico dei volumi. Il segno rapido e sciolto rappresenta uno dei tipici esempi in cui è possibile riscontrare la maniera estremamente libera di Balla nell’interpretare la lezione divisionista, nel tentativo di cogliere appieno le vibrazioni luminose e le varietà materiche. Un paesaggio oggettivo ma anche emozionale, che ci trasporta in un’atmosfera silenziosa e solitaria, come spettatori di una luce costruita sulla base di forti contrasti tra i toni del blu indaco e del giallo.

Le cromie dominanti vengono poi sottolineate anche nel passepartout realizzato dall’artista, nelle linee ripetute che insistono sulla forma stondata dei bordi superiori del cartoncino sagomato, quasi si trattasse di una finestra che affaccia sul paesaggio, oppure di una fotografia dell’epoca, adornata dai classici motivi decorativi della moda del tempo. Balla realizzò un altro quadro con medesimi soggetto e angolazione, ma con una visuale di più ampio respiro. L’opera, oggi dispersa, appare in una fotografia dello studio di Balla scattata intorno al 1908, in cui è visibile anche il pastello Via Po (fig. 1)2.

Zelda De Lillo

 

1Balla 1984, p. 130.

2Fagiolo dell’Arco 1968, p. 7.

Fig. 1. Lo studio di Giacomo Balla in via Parioli (oggi via Paisiello) a Roma, intorno al 1908. In basso a sinistra è riconoscibile il pastello Via Po.