Una via di Londra (Una strada di Londra) (Une rue de Londres)

Giuseppe De Nittis

1878 c.
Olio su tavola
25 x 30,5 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0219
N. Catalogo A209


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

«Nelle sue vedute di Londra, [Giuseppe De Nittis] ha realizzato un sogno che sembrava irrealizzabile: esprimere le brume dell’Inghilterra, i vapori che si levano dal Tamigi. Inoltre ha reso esattamente lo strano carattere delle strade, dove camminano, si sfiorano, si spintonano degli esseri che si potrebbero prendere, tanto è marcato il loro mutismo, per delle ombre sfuggenti»1. Queste parole, scritte alla morte improvvisa di De Nittis nel 1884, ricordano le opere del suo periodo londinese, che avevano affascinato i parigini per la capacità di osservazione e resa delle atmosfere, dei caratteri e dei costumi d’oltremanica. 

Peppino De Nittis, pugliese di umili origini, si era stabilito nella capitale francese nel 1868, dopo esserne stato conquistato durante un breve soggiorno l’anno precedente. In pochi anni si era affermato per notorietà e successo come il più prestigioso pittore italiano a Parigi, soprattutto grazie al contratto stipulato con il mercante Goupil. La rottura a metà degli anni settanta con quest’ultimo, che lo vincolava a quadri di genere e di costume, «mascherate» come lamenta l’italiano, corrisponde alla ricerca di un nuovo mercato: a tal fine nel 1874 partecipa alla «Prima esposizione impressionista», abbandonando il gruppo subito dopo, e compie il primo viaggio a Londra. Nella capitale inglese eseguirà numerose vedute per il mercante Marsdens, e vi tornerà frequentemente dal 1875 fino al 1878, anno del suo trionfo all’Exposition Universelle parigina. La piccola tela della Collezione Cerruti è eseguita in uno di questi soggiorni, per poi rimanere all’interno dell’atelier, come dimostra il timbro sul verso dell’opera. La prima riproduzione del dipinto è scelta dal direttore del Musée du Luxembourg, Léonce Bénédite, per illustrare l’unica monografia francese sul pittore, pubblicata nel 19262

Angelo Sommaruga, il giornalista ed editore romano divenuto titolare di una galleria a Parigi, la acquista in questi anni direttamente dalla vedova Léontine Lucile Gruvelle, insieme alle opere escluse dalla donazione postuma al Museo di Barletta. Nel maggio del 1938 è a Milano dove viene autenticata con un autografo sul verso dallo stesso Sommaruga, con ogni probabilità in occasione dell’acquisto da parte del torinese Sebastiano Sandri3

La collezione Sandri è oggetto nel 1941 di un importante articolo di Enrico Somaré, che ne elogia la selezione oculata, il livello qualitativo e il particolare criterio degli acquisti: «Prescindere dalla maniera e badare invece all’espressione, trascurare gli effetti e curare l’intonazione, sorprendere cioè il pittore nel momento in cui la forza e la freschezza di un’ispirazione nuova lo rifanno essere artista»4. Osservazioni che valgono per la rapida stesura della tela, in cui l’effetto della folla in strada recupera la stenografia monettiana del Boulevard des Capucines esposto nella ricordata mostra del 1874. Vicino a Marziano Bernardi, Sandri colleziona anche quadri di Fattori, Zandomeneghi e Signorini, che vengono esposti con Una via di Londra alla «Mostra del Centenario della Società Promotrice delle Belle Arti in Torino» nel 1952, accanto a molte opere della Galleria Civica d’Arte Moderna. L’opera passerà a una collezione romana insieme ad altre della collezione Sandri di Delleani, Fontanesi e Ranzoni, che saranno poi cedute al ragioniere Cerruti. 

Filippo Bosco

 

1 Montrosier 1884, p. 139 (traduzione dell’autore).

2 «Léonce Bénédite aveva tenuto a decidere in prima persona la selezione di fotografie destinate a illustrare questo testo che scrisse con tanto piacere; ci si stupirà forse di non vederci comparire i quadri più importanti di De Nittis. [...] nell’impossibilità di mostrare tutta la produzione dell’artista, l’autore si è sforzato di far comprendere il talento del pittore nelle opere che nessuna pubblicazione aveva ancora reso popolari, scegliendo le più caratteristiche e le più significative» (R. B., in Bénédite 1926, p. 4, traduzione dell’autore).

3 Si corregge dunque qui l’indicazione errata del catalogo generale firmato da Dini e Marini, che risale al regesto di Enrico Piceni del 1963: la tavoletta, non più consultata dal vero, è confusa da allora con un’analoga veduta londinese di collezione monzese. Si segnala inoltre che nella monografia del 1963 le dimensioni corrispondenti alla riproduzione fotografica dell’opera sono errate (16 x 23 cm) e ripetute tali nel 1990; si vedano Piceni, Pittaluga 1963, n. 426, e Dini, Marini 1990, vol. II, p. 404, n. 697.

4 Somaré 1941, p. 23.