Trittico

Simone di Filippo, detto dei Crocifissi

1395-1399 c.
Tempera e oro su tavola
64 x 84 x 10 cm (aperto) 64 x 42 x 10 cm (chiuso)
64 × 84 × 10 cm
Anno di acquisizione 2000 c.


N. Catalogo A4
Inv. 0004


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Scomparto centrale: Cristo crocifisso tra papa Urbano V e san Giacomo; Sportello di sinistra, dall’alto: Angelo annunciante, Natività, Adorazione dei Magi; Sportello di destra, dall’alto: Vergine annunciata, Flagellazione, Cristo davanti a Pilato

ll dipinto Cerruti è una prova particolarmente riuscita della tarda attività del bolognese: vi emerge il suo linguaggio coinvolgente, l’abilità narrativa sciolta e devota della sua pittura.

 

 

L’opera è comparsa all’incanto a Parigi presso Tajan nel 1990 con la giusta attribuzione al pittore bolognese Simone di Filippo, prolifico e fortunato maestro attivo nel secondo Trecento, meglio noto come Simone dei Crocifissi. L’uso di questo appellativo già nel corso del Seicento è attestato nella Felsina pittrice (1687), raccolta di biografie di maestri bolognesi licenziata da Cesare Carlo Malvasia (1616-1693), a cui non sfuggì l’abilità del pittore nella raffigurazione di «immagini grandi del Redentore per amor nostro confitto in croce».

Il trittico fu reso noto da Filippo Todiniquando si trovava nella Galerie Sarti, da dove giunse poi nella Collezione Cerruti. Il dipinto è in uno stato conservativo eccellente; sul margine inferiore della cornice originale, leggermente decentrato verso sinistra, si osserva il segno di un’antica bruciatura di candela che documenta l’uso devozionale del trittico. Nello scomparto centrale è raffigurato il Cristo crocifisso, attorniato dalla Vergine, dall’evangelista Giovanni e dalla Maddalena, inginocchiata ai piedi della croce che abbraccia disperata; ai lati serrano la scena Urbano V e san Giacomo. Sulle ante laterali, ciascuna spartita in tre registri da due fasce punzonate, si dispongono dall’alto: in quello di sinistra l’Angelo annunciante, la Natività di Cristo e l’Adorazione dei Magi, in quello di destra la Vergine annunciata, la Flagellazione e Cristo davanti a Pilato.

Nella vasta produzione destinata alla devozione personale licenziata da Simone, il trittico ad ante narrative è una tipologia non altrimenti attestata, ad eccezione forse di due frammenti con la Cattura di Cristo e l’Andata al Calvario in collezione londinese, che verosimilmente provenivano da un complesso simile2. ll dipinto Cerruti è una prova particolarmente riuscita della tarda attività del bolognese3: vi emerge il suo linguaggio coinvolgente, l’abilità narrativa sciolta e devota della sua pittura, che nella varietà programmatica dei decori punzonati dei nimbi, giocati sull’alternanza di semplici bolli, palmette e fiori a quattro e cinque petali, non rinuncia a moderate finezze decorative. Il linguaggio sognante di Vitale, fondamentale per i suoi esordi, è ormai irrigidito da un plasticismo risentito e da un chiaroscuro caricato e denso. Come accade nelle opere di altri pittori del seguito vitalesco, Cristoforo di Jacopo e Andrea de’ Bruni, la spazialità disciplinata delle composizioni regolarizza i goticismi più liberi della pittura di Vitale. Le scene affollate brulicano di personaggi dai gesti enfatici ed eloquenti dietro ai quali sembrano cogliersi i ricordi della freschezza narrativa del Maestro dei polittici di Bologna, tradotta però in una verve accattivante, rinterzata dal contatto con il Maestro delle Iniziali di Bruxelles, alias Giovanni di Fra Silvestro4, e in un’espressività schietta, a tratti sguaiata, tipica di Simone, che l’aveva inaugurata fin dalla Pietà di Giovanni da Elthinl del 1368 nel Museo Davia Bargellini5.

Lo scorcio ardito del volto ribaltato all’indietro della Maddalena ai piedi della croce è un omaggio al neogiottismo asciutto di Jacopo Avanzi6, del quale tuttavia rifiuta l’intellettualismo aristocratico e l’alto magistero formale, estranei al tono medio della sua pittura a un tempo espressiva e accostante, genuina manifestazione del gusto delle classi dominanti del Governo del Popolo e delle Arti7. I due dolenti, dai volti accaldati dal pianto, guardano verso lo spettatore e serrano le loro mani in segno di dolore, la Vergine portandole al volto, l’Evangelista stringendole al petto. Il disegno è più volte replicato da Simone che l’aveva inaugurato su scala monumentale nella cimasa del polittico firmato per la chiesa dei Santi Leonardo e Orsola, riproponendolo poi in molte opere di piccolo formato, dalla tavola della Yale University Art Gallery di New Haven al trittico dell’Ashmolean Museum di Oxford, dalla Crocefissione già Ergas a Firenze a quella del Museo Davia Bargellini a Bologna8. La presenza di papa Urbano V (1310-1370, pontefice dal 1362 al 1370), non nimbato, con tiara e piviale rosso bordato di viola sottilmente dorato a missione, che imbraccia un libro aperto sul verso leonino O sucesor Christi per graciam quam meruisti (O successore di Cristo, per la grazia che hai meritato), testimonia con efficacia la fortuna immediata del culto del pontefice, favorito all’indomani della sua morte nel 1370 dal legato pontificio, Anglico de Grimoard, fratello del papa, e poi notevolmente cresciuto a Bologna sotto gli anni del governo di Giovanni da Legnano9.

[Emanuele Zappasodi]

 

 

1 F. Todini, in Parigi 1998, pp. 84, 85.

2 G. Del Monaco, in Bologna 2013, p. 14.

3 F. Todini, in Parigi 1998; D. Benati, in Madrid-Oviedo 1998-1999; Del Monaco 2018.

4 Medica 2010-2011; G. Del Monaco, in Bologna 2013, p. 62; Del Monaco 2018.

5 Benati 1999, pp. 683, 684.

6 Del Monaco 2018.

7 D. Benati, Protagonisti del secondo Trecento bolognese, in Bologna 2012-2013, pp. 5-7; Del Monaco 2018, pp. 62, 63.

8 Si veda Del Monaco 2018, cat. 20, p. 124, cat. 33, pp. 149-153, cat. 49, p. 179, cat. 69, pp. 200, 201, cat. 70, p. 202.

9 Pini 2005; R. Gibbs, Bologna and the Popes: Simone dei Crocefissi’s Portraits of Urbano V, in Bourdua, Gibbs 2012, pp. 187-189.