Smirne, casa turca (Case turche a Smirne) (Casa turca) (Case turche)
Alberto Pasini
1881
Olio su tela
41 x 33 cm
Anno di acquisizione post 1983
Inv. 0852
N. Catalogo C18
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
«Quanto provai alla vista dell’Oriente, nol provai mai.»
Sul finire del 1851, dopo un periodo di formazione accademica e gli esordi come pittore e litografo a Parma, Alberto Pasini lascia la città per perfezionarsi a Parigi, dove spera di trovare un clima più propizio alle sue ambizioni artistiche. Grazie all’interessamento del noto incisore Paolo Toschi riesce rapidamente a inserirsi in una fitta rete di conoscenze professionali: già nel 1852 prende a collaborare come litografo con il pittore Eugène Ciceri, di cui diventa amico e che lo ospita nella sua casa di campagna a Marlotte, presso Fointainbleau, dove il giovane emiliano può dedicarsi alla pittura en plein air e stringere contatti con i paesaggisti dell’École de Barbizon.
Nel 1853 ottiene di poter partecipare al Salon e l’anno seguente entra nell’atelier del pittore orientalista Théodore Chasseriau, che lo propone in sua vece per unirsi come disegnatore al seguito del ministro plenipotenziario Prosper Bourée, incaricato di una missione diplomatica in Persia. Nell’aprile del 1855 Pasini intraprende così il suo primo viaggio in Oriente, che durerà 18 mesi e dal quale riporterà una vivissima impressione e una messe di disegni (la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino ne conserva una parte, raccolti in due volumi dal titolo Croquis d’Orient): «Quanto provai alla vista dell’Oriente, nol provai mai», avrebbe poi confessato ricordando quella lunga avventura1.
Rientrato a Parigi, comincia a presentare i primi dipinti e le prime serie di litografie con soggetti esotici, tutti nati (al contrario di tante fantasiose immagini «di maniera» proposte dai colleghi che avevano scelto di cavalcare la moda dell’orientalismo) dalla conoscenza diretta dei luoghi e del vivere quotidiano della gente. I successivi viaggi in Nord Africa, in Medio Oriente, a Costantinopoli e sul Bosforo, compiuti in piena libertà (nel 1860, tra il 1867 e il 1869 e poi, un’ultima volta, nel 1873), offrono nuove suggestioni al suo occhio di artista: panorami, colori, architetture, costumi, fisionomie, osservati con fresca curiosità e descritti in modo partecipe e scrupoloso.
La produzione di dipinti dedicati all’Oriente, basata sul ricordo delle esperienze vissute, prosegue fino agli ultimi anni di vita dell’artista, sostenuta dal costante favore del pubblico, che apprezza e richiede soprattutto le opere più finite e ricche di dettagli, con vivaci scene di vita cittadina ambientate fra edifici scintillanti e coloratissimi bazar. È con questo genere di pittura da cavalletto, sempre piacevole e tecnicamente ineccepibile anche quando i soggetti sono anonime stradine o cortili assolati, come in questo Smirne, casa turca, che Pasini consolida la propria fama di «principe» degli orientalisti. Sebbene i suoi taccuini siano zeppi di dettagli architettonici, non è possibile individuare il luogo raffigurato nella piccola tela; tra l’altro, a Smirne, l’attuale Izmir sulla costa turca dell’Egeo, il pittore non si sarebbe mai recato2.
Descritto nel 1941 da Enrico Somaré su «L’Esame», con il titolo Casa turca, come un tipico esempio della «bella maniera pasiniana fatta di disegno e di colore aderenti alla forma delle cose e delle figure»3, il dipinto si trovava all’epoca nella collezione torinese di Sebastiano Sandri, alto dirigente delle Cartiere Burgo e appassionato raccoglitore di dipinti dell’Ottocento4, che di Pasini possedeva anche Mercato orientale. Sul retro del telaio è ancora visibile una scritta con un indirizzo di Parigi, dove negli anni ottanta Pasini, pur risiedendo sempre più a lungo nella propria villa di Cavoretto, sulla collina torinese, continua a partecipare alle esposizioni (fino al 1896) e a vendere sul mercato i suoi dipinti, come testimoniano gli Stock Books della Maison Goupil poi Boussod et Valadon5.
Esposto alla retrospettiva milanese della Galleria Centrale d’Arte (1917) e poi alla Galleria della Gazzetta del Popolo di Torino (1949), il quadro non figura nel catalogo di vendita all’asta della Collezione Ferria eredi di Alberto Pasini (Galleria Scopinich, Milano 1929).
Monica Tomiato
1 Cit. in Fleres 1900, p. 30, e A. Villari, Alberto Pasini, in Bertone 2009, p. 398.
2 Botteri Cardoso 1991, p. 342.
3 Somaré 1941, p. 32.
4 Viale 1952-1953, p. 235.
5 Ora digitalizzati e consultabili online: http://archives. getty.edu:30008/getty_images/digitalresources/goupil/ goupil.htm
