Sans titre (Ferme à la petite mare)

Senza titolo (Fattoria presso un piccolo stagno)

Francis Picabia

1907
Olio su tela
73,4 x 92 cm
Anno di acquisizione 2004


Inv. 0828
N. Catalogo B14


Provenienza

Bibliografia

«Tu potrai anche fotografare un paesaggio, [...] ma non le idee che mi passano per la mente. Noi faremo dipinti che non imitano la natura». 

 

L’immagine di Francis Picabia è così profondamente intrecciata al movimento dadaista che si fatica a immaginare un suo avvio di carriera come enfant prodige del tardo Impressionismo1. Nato in una famiglia borghese parigina da madre francese e padre spagnolo di nascita cubana, Picabia ebbe rapporti con l’arte e con il suo mondo sin dall’infanzia. La famiglia collezionava dipinti e il nonno materno Louis-Alphonse Davanne, di formazione chimico, appassionato di fotografia, organizzò un laboratorio fotografico e si conquistò una certa reputazione nell’ambito2

Non sono molte le fonti accertate sul periodo di formazione dell’artista; esistono, tuttavia, almeno un paio di storie, piuttosto contraddittorie, che in una fase avanzata della carriera Picabia stesso volle diffondere. La prima è la favola del pittore-falsario, che l’artista alimentò a partire dagli anni venti: «Quando ero giovane ho copiato i dipinti posseduti da mio padre. Ho venduto i dipinti originali e li ho sostituiti con delle copie. Nessuno se ne è reso conto, così ho scoperto la mia vocazione»3. La seconda, in una sorta di ribaltamento, lo vede sostenere al cospetto del nonno fotografo le qualità uniche della pittura: «Tu potrai anche fotografare un paesaggio, [...] ma non le idee che mi passano per la mente. Noi faremo dipinti che non imitano la natura»4

Proprio a partire da due miti d’origine tanto in antitesi è possibile interpretare la fase iniziale dell’attività del pittore. Una solida formazione accademica condotta presso l’École des arts décoratifs e negli atelier di Fernand-Anne Cormon e Ferdinand Humbert non gli impedì di partecipare, accanto al tradizionale Salon des artistes français, ai più progressisti eventi espositivi, il Salon d’Automne e quello des Indépendants. In poco più di una decina d’anni, tra il 1899 e il 1910, il giovane pantagruelico Picabia fagocitava la storia dell’arte francese dell’ultimo secolo, passando dai modi della scuola di Barbizon a quelli della leggendaria stagione impressionista e postimpressionista, fino al Simbolismo e al fauvisme di Henri Matisse e André Derain. 

I successi commerciali non tardarono ad arrivare. Nel 1905 Gustave Danthon, proprietario della prestigiosa galleria d’arte in boulevard Haussmann a Parigi, offrì a Picabia la prima mostra personale con 61 opere e un catalogo con prefazione dell’influente critico Léon Roger-Milès. La stampa, pur cogliendo l’affinità con le opere di Claude Monet, Camille Pissarro e Alfred Sisley, commentava positivamente le prove del giovane impressionista. A differenza di tanti disonesti pittori dediti al plagio, scriveva Louis Vauxcelles, Picabia mostrava una tecnica unica, riflesso di un temperamento originale5. La stessa peculiarità di carattere, unita a singolare caparbietà e alla propensione ad agitare le masse, era in quegli stessi anni registrata dalla scrittrice e pittrice Marie de La Hire nel romanzo Modèle nu (1908), nelle cui pagine Picabia compare sotto lo pseudonimo di Luis Péréga6

Il successo arrivava, dunque, nonostante le opere facessero il verso in maniera anche troppo sfacciata a Pissarro e Sisley, tanto da sembrare, se rilette a posteriori, i prodromi della futura produzione dadaista, in cui i concetti di originalità, citazione e omaggio sono apertamente sovvertiti (sch. p. 672). Di Sisley, Picabia ripercorse, a distanza di tre decenni, i luoghi: Moret-sur-Loing (sch. p. 600), Villeneuve-sur-Yonne, Montigny. Posizionava il cavalletto nel punto esatto in cui lo aveva collocato il suo predecessore, ma lontano dal fermarsi al puro dato atmosferico, interpretava la realtà tenendo conto delle immagini che di essa aveva raccolto nel tempo: all’occhio «ingenuo» del pittore en plein air si frapponeva così la fitta trama vibrante delle pennellate di Sisley e l’iconicità delle cartoline postali, moda che proprio in quegli anni stava conquistando una certa popolarità7. È la testimonianza poco indulgente del vecchio impressionista Pissarro, i cui figli furono legati da profonda amicizia a Picabia, a riportare ancora una volta l’attenzione sulla pratica incriminata dell’uso del documento fotografico: 

«Questo giovane è straordinario, fa una quantità di studi dalla natura con un metodo scolastico. Non tiene nessun conto dell’aria, della luce, e dipinge tutto in un marrone uniforme! nel Mezzogiorno! Quando ha fatto un buon numero di disegni, comincia il suo quadro da Salon, una tela di due metri, dopo aver approntato, per mezzo della fotografia, il soggetto generale»8

Il dipinto della Collezione Cerruti è importante testimonianza del travagliato avvio di carriera dell’artista e delle sue congenite contraddizioni. Passato in asta all’Hôtel Drouot di Parigi nel 1955, riapparve prima sul mercato parigino all’inizio degli anni novanta e poi da Sotheby’s Londra nel 2004, occasione in cui Francesco Federico Cerruti lo acquistò. Pubblicato erroneamente da Maria Lluïsa Borràs come Ziem’s house at Les Martigues9, nel 2004 fu messo all’incanto con il più descrittivo titolo Ferme à la petite mare. Nel catalogo ragionato dell’artista William Camfield, rifiutando quest’ultima titolazione, lo registra come Untitled.

Fabio Cafagna

 

1 Camfield 1979, p. 8.

2 Camfield et al. 2014, vol. I, pp. 37-40.

3 «J’ai copié, étant jeune, les tableaux de mon père. J’ai vendu les tableaux originaux et les ai remplacés par les copies. Personne ne s’en étant aperçu, je me suis découvert une vocation» (cit. in Arnauld 2002, p. 13, trad. dell’autore).

4 «Tu peux photographier un paysage, [...] mais non les idées que j’ai dans la tête. Nous ferons des tableaux qui n’imiteront pas la nature» (cit. in ibid., p. 19, trad. dell’autore).

5 Camfield et al. 2014, vol. I, pp. 48, 49.

6 Arnauld 2002, pp. 30-35.

7 Ibid., pp. 51 e sgg.

8 Torino 1974-1975, p. 32.

9 Il dipinto, diversamente da quanto riportato in Borràs 1985, p. 56, nota 14, non fu presente alla mostra allestita nella Galerie Haussmann di Parigi nel febbraio 1907 (si veda il catalogo online: https://archive.org/details/picabia00pica/page/n47). Félix Ziem, a cui fa riferimento il titolo, fu artista noto per i paesaggi dipinti nello stile della scuola di Barbizon. Ammirato da Picabia soprattutto nei primissimi anni di attività, fu amico dello zio materno Maurice Davanne.