Senza titolo

Franz Kline

1955 ca.
tempera su carta
22.8 x 24.1 cm (senza cornice); 44 x 45,3 x 3 cm (con cornice)
Anno di acquisizione 2005


N. Catalogo A123
Inv. 0130


Provenienza

Così facendo, attraverso la traccia visibile e materiale del gesto pittorico, l’opera diviene nell’intenzione dell’artista Kline la cristallizzazione e la visualizzazione della consapevolezza di esistere nel presente, in un tempo assoluto, senza prima né dopo: una fenomenologia dell’esserci. 

 

 

Il 12 maggio 2005 Christie’s tiene l’asta «Post-War and Contemporary Art» e Francesco Federico Cerruti si aggiudica questa piccola tempera nera su carta dell’artista americano Franz Kline, protagonista dell’Abstract Expressionism o Action Painting americano che nel secondo dopoguerra aveva rivoluzionato l’arte moderna allontanandola dalla figurazione e dalla rappresentazione, nonché da quello che veniva percepito come un eccesso di intellettualismi da parte degli artisti delle prime avanguardie. Gli action painters, come le loro controparti in Europa, gli «informali», esploravano una forma di astrazione in cui il gesto stesso del pittore coincideva con il significato e il senso dell’opera d’arte. Non si intendeva rappresentare nulla del mondo, bensì esprimere l’esperienza stessa dell’esserci attraverso l’agire nel mondo, in una ricerca di originalità dove originale non significa essere innovativi e diversi, ma ridurre la percezione a questione basilare per raggiungere e sostare, assieme a chi guarda le opere, alle origini dell’esistenza. Così facendo, attraverso la traccia visibile e materiale del gesto pittorico, l’opera diviene nell’intenzione dell’artista Kline la cristallizzazione e la visualizzazione della consapevolezza di esistere nel presente, in un tempo assoluto, senza prima né dopo: una fenomenologia dell’esserci. Proprio la fenomenologia godeva di rinnovato interesse negli anni del secondo dopoguerra, con le opere di Maurice Merleau-Ponty e di Jean-Paul Sartre, e l’arte astratta di quel periodo si trasformava a livello globale, dall’Europa agli Stati Uniti, dall’America latina all’Africa e all’Asia (basti pensare al movimento Gutai in Giappone), in un’arte che vuole raggiungere la comprensione delle essenzialità della vita, dopo le tragedie del periodo bellico. Se anche Jackson Pollock (1912-1956) identificava l’opera d’arte con il suo stesso farsi attraverso il dripping capace di creare cosmogonie astratte, Kline invece è l’artista che meglio comprendeva in quel momento la necessità di trasmettere il gesto anche minimo su grande scala – per dare il senso della dimensione ravvicinata e personale con l’esistenza: i suoi dipinti sono noti per sembrare degli ingigantimenti di quello che una persona potrebbe tracciare con energia e velocemente su un piccolo foglio di carta. Si tratta di una scala monumentale, close-up, che attrae chi guarda l’opera verso l’esperienza della pura vitalità. Per questo motivo, per ogni grande dipinto, Kline faceva molte piccole gouache preparatorie che trasmettevano già il senso della gravità del gesto (la gouache è una pittura a tempera molto opaca e coprente perché mescolata con un po’ di bianco, che dà a chi guarda un senso contrario alla leggerezza dell’acquerello trasparente). Le forme e strutture delle carte migravano da un dipinto all’altro, e Kline esponeva regolarmente i lavori su carta nelle mostre di galleria. I critici d’arte degli anni cinquanta e sessanta hanno spesso visto in queste opere, quasi sempre tratti neri sul fondo bianco della carta, l’influenza della calligrafia orientale, ma uno studio più approfondito dello sviluppo di Kline fa invece propendere per un interesse verso una sempre maggiore astrazione di elementi in movimento, quali figure ritratte in diagonale, oppure la sedia a dondolo sulla quale sedeva la moglie (fig. 1), oppure strutture ingegneristiche quali ponti a sospensione1. 

Fig. 1. F. Kline, Untitled, 1945-1946 c. Collezione privata.

La piccola gouache della Collezione Cerruti è probabilmente uno studio per uno o più grandi dipinti, che sviluppa la struttura del precedente dipinto High Street, 19502, e potrebbe essere stato realizzato in concomitanza con Untitled, 1954, invertendone l’andamento destra/sinistra (fig. 2); la struttura intenzionalmente asimmetrica e sbilanciata, che muove verso l’alto a destra, si sviluppa in opere come Buttress, 1956, della collezione del Museum of Contemporary Art di Los Angeles. 

Fig. 2. F. Kline, Untitled, 1954. Collezione privata.

L’opera gode di una provenienza eccellente, come piaceva a Francesco Federico Cerruti. Nel 1958, infatti, è registrata nella collezione del dottor Theodore J. Edlich, Jr., tra i principali collezionisti di Franz Kline della prima ora. Sue furono ad esempio due tra le primissime opere di Kline (Still Life with Puppet, 1940 c., fig. 3, e Nijinsky, 1940) ora parte della collezione del Metropolitan Museum of Art, nonché circa 7 grandi dipinti. Tramite la Waddington Galleries, il piccolo dipinto passa nel 1973 alla collezione dello scienziato e inventore David B. Pall e della moglie Helen, particolarmente interessata alle opere su carta, per poi entrare nella collezione di Cerruti con l’asta del 2005 e trasferirsi quindi in Europa, nella villa di Rivoli. Non lontano, al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, avevo da poco curato la grande retrospettiva dedicata a Franz Kline (20 ottobre 2004 – 31 gennaio 2005), mostra visitata da Cerruti assieme ad Annalisa Polesello Ferrari che ricorda come il ragioniere in quell’occasione espresse la volontà di individuare e collezionare un’opera di Kline, a riprova del legame tra i programmi espositivi nei musei e nelle gallerie torinesi e la collezione privata. Già nel 1963, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino aveva dedicato una mostra personale a Kline curata dal poeta Frank O’Hara, ed è possibile che Cerruti avesse anche memoria di quell’evento allorché decise, in quella visita al Castello di Rivoli, di cercare il «suo» Kline. 

[Carolyn Christov-Bakargiev]

Fig. 3. F. Kline, Still Life with Puppet, 1940 c. New York, The Metropolitan Museum of Art.

1 Rivoli 2004-2005. 

Ibid., p. 87.