«Sala da ballo» nel Palazzo Albrizzi di Venezia
Mario Cavaglieri
1924
Olio su tela
120 x 100 cm
Anno di acquisizione 1999
Inv. 0093
N. Catalogo A85
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
[...] uno «spirito arguto e tutto visivo», che nello specifico del suo interno «insegue il gioco delle luci e dei riverberi che saltellano su mobili, stuccature e decorazioni in una antica sala da ballo».
Proveniente da una famiglia israelita di origine veneziana, Mario Cavaglieri si forma a Padova presso lo studio del pittore Giovanni Vianello, frequentato negli stessi anni da Felice Casorati. Dopo l’esordio alla Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma nel 1907, Cavaglieri espone con una certa continuità sia alle mostre annuali di Ca’ Pesaro che alle Biennali di Venezia, spostando poi l’attività in Francia, a partire dal 1925.
Con «Sala da ballo» nel Palazzo Albrizzi di Venezia l’artista affronta uno dei suoi generi preferiti, quello della pittura d’interni; una predilezione verso gli ambienti borghesi e gli spazi chiusi, spesso sovraccarichi di oggetti inutili, che si ritrova con continuità lungo tutto il suo percorso figurativo.
Collocata nel sestiere di San Polo, la dimora patrizia di Palazzo Albrizzi serba al suo interno l’ampia stanza raffigurata da Cavaglieri (adibita in origine a camera da letto), restituita nel dipinto secondo una visione scorciata, in grado di abbracciare ampi brani delle sue specificità decorative: oltre al mobilio settecentesco e all’imponente lampadario centrale, la sala si caratterizza per le sue ardite decorazioni a soffitto (che mostrano un inseguirsi di putti, intenti a sostenere giocosamente un immenso tendaggio) realizzate dallo stuccatore ticinese, ma di formazione romana, Abbondio Stazio intorno al 1700. L’attenzione di Cavaglieri per il palazzo non si limita unicamente a questo ambiente ma interesserà anche lo spazio del portego, restituito in altre prove pittoriche del periodo1.
Presentato nel 1924 alla XIV Esposizione d’arte di Venezia (edizione che vede l’affermazione del compagno di studi Casorati, con una mostra personale), il dipinto compare nella quarta sala della rassegna, ponendosi immediatamente all’attenzione del pubblico2: nonostante l’accoglienza piuttosto fredda rispetto alla sua partecipazione veneziana (oltre alla Sala da ballo, Cavaglieri espone un ritratto intitolato Costume veneziano, giudicato in modo negativo), il critico Pietro Torriano lo definisce come uno «spirito arguto e tutto visivo», che nello specifico del suo interno «insegue il gioco delle luci e dei riverberi che saltellano su mobili, stuccature e decorazioni in una antica sala da ballo»3. Trasferitosi nel 1925 a Pavie-sur- Gers, presso Auch, in Guascogna, Cavaglieri tratterrà con sé il dipinto, riproponendolo in alcune occasioni espositive francesi. L’opera, proprio in questi anni, sembra rivestire un’importanza speciale per l’artista, impegnato a riconsiderare retrospettivamente il proprio percorso: comparirà infatti al Salon d’Automne del 1926 (prima attestazione di prestigio dopo il suo arrivo in Francia), accanto a un’opera cruciale per gli sviluppi degli anni dieci come I fidanzati4.
Nella Sala da ballo Cavaglieri interviene con stesure diluite, che spesso lasciano intravedere il disegno sottostante, non rinunciando però ad accumuli di colore - la cifra materica è da sempre ricorrente e caratterizzante del suo lavoro - applicati molto spesso in forma di pigmento puro5. Un’attitudine cromatica (seppur qui attenuata rispetto al suo distintivo colorismo «brillante», rintracciabile negli stessi anni)6 che risente certamente della tradizione figurativa veneta7, aggiornata sui linguaggi della pittura postimpressionista francese e su quella delle secessioni europee.
Appartenuta allo scrittore di teatro Raymond Vincy, l’opera viene acquisita da Francesco Federico Cerruti in un’asta del 1999, riportando il prezzo più alto di vendita sino a quel momento ottenuto da un dipinto di Cavaglieri.
Alessandro Botta
1 Oltre al dipinto di ubicazione ignota Il portego di Palazzo Albrizzi a Venezia (1924; Vareilles 2006, p. 165, n. 606), si veda anche l’opera intitolata Intérieur de palais italien, comparsa in una vendita all’asta del 2014 (Primardeco, Tolosa, Tableaux, objets d’art, mobilier, 28 giugno 2014, n. 183).
2 Stando alla notizia riportata sul quotidiano «Il Popolo Veneto», di fronte alla Sala da ballo si sarebbe soffermato, tra gli altri, anche il re Vittorio Emanuele III, in visita all’esposizione (La XIV Mostra d’arte 1924).
3 Torriano 1924, p. 22.
4 Si veda Vareilles 2006, pp. 121-122, n. 464. L’opera è realizzata nel 1918.
5 Ancora Torriano, a proposito della sua tecnica, afferma: «Mario Cavaglieri predilige le paste grasse e brillanti alternandole con tratti magri, brevi e incisivi» (Torriano 1924, p. 22).
6 Il critico Ugo Nebbia, riferendosi agli aspetti cromatici della Sala da ballo, osserva come «lo spreco fantastico di vistosi colori [...] solo in parte ricorda certa sovrabbondante, ma caratteristica, maniera di definire ricchi e luminosi interni, per la quale da tempo questo pittore era stato distintamente segnalato» (Nebbia 1924, p. 34).
7 Giuseppe Raimondi, ampliando l’orizzonte al possibile contesto culturale di riferimento, fa osservare come Cavaglieri «per quanto fortemente innestato sulla vegetazione francese postimpressionista, [...] sente la nascita veneta, di un Settecento cullato tra le fiabe del Gozzi, e le scenette private del Longhi» (G. Raimondi, Pitture di Mario Cavaglieri, in Firenze 1953, p. 6).
