Ritratto di un gentiluomo

Giacomo Ceruti

1750 c.
Olio su tela
80 x 62 cm
Anno di acquisizione 1998


Inv. 0808
N. Catalogo A750


Provenienza

Bibliografia

[...] il dipinto «tra i ritratti del[l’ultimo] tempo milanese [...] si distingue per la confidenza e il modo informale con cui il pittore ne rivela l’umanità». 

 

Il dipinto è stato acquistato da Francesco Federico Cerruti in una vendita Christie’s di Londra del 1998, ma in precedenza doveva forse circolare a Milano, visto che venne segnalato a Mina Gregori da Enos Malagutti, restauratore e connoisseur molto attivo nella riscoperta di opere del pittore nelle collezioni lombarde, e da Alessandro Orsi, antiquario illustre in quella città1

In una ravvicinata ripresa pittorica, viene effigiato un «giovin signore» della Milano settecentesca, con parrucca incipriata che incornicia regolarmente il volto tra le onde dei capelli arricciati raccolti sulle spalle in una coda racchiusa da un nastro. La marsina blu, impreziosita da una sopravveste rossa che ricade lungo il corpo, è indossata con disinvoltura, aperta sul petto, e lascia intravvedere la camicia con le gale in verticale. 

Riconosciamo qui il talento di ritrattista dell’eminente pittore lombardo, noto soprattutto per le grandi epiche tele di soggetto popolare. Si tratta di un’opera della maturità della sua produzione, più allineata alle scelte della ritrattistica internazionale, tra Venezia e Parigi, anche se pienamente riconoscibile come carattere stilistico proprio a Ceruti è lo sguardo diretto ed empatico dell’effigiato. Ne ha colto bene lo spirito Mina Gregori, per la quale il dipinto «tra i ritratti del[l’ultimo] tempo milanese [...] si distingue per la confidenza e il modo informale con cui il pittore ne rivela l’umanità»2

Singolari sono le tangenze stilistiche di questo dipinto con una delle opere unanimemente riconosciute tra i capolavori della ritrattistica di Giacomo Ceruti nell’ultima fase della sua produzione, vale a dire il Ritratto di gentiluomo della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia (inv. 1598), non a caso esposto, in una mostra dedicata alle arti nell’età di Giuseppe Parini, come dipinto emblematico dei fasti della società milanese del Settecento descritta nelle opere letterarie del celebre scrittore lombardo3

Singolare, e non insolita nella produzione di Ceruti, è l’illusionistica definizione di un quadro nel quadro, visto che l’effigiato è rappresentato entro un profilo ovale ritagliato contro lo sfondo bruno del fondo, quasi a simulare la presenza di una parete su cui il ritratto è appeso. Un effetto che trova, pressoché negli stessi anni, un magistrale colpo di scena davvero teatrale in due dipinti della Galleria Sabauda di Torino nati in pendant (inv. 1047, 1048), dove i ritrattati sono presentati a parete entro finte cornici parzialmente coperte da tendaggi4

Alessandro Morandotti 

 

1 Gregori 1982. 

2 Ibid., p. 472. 

3 F. Frangi, in Milano 1999-2000, p. 229, n. 29. 

4 F. Frangi, in Varese 2002, pp. 312-315, nn. 131, 132.