Ritratto di gentildonna con libro in mano

Paris Bordon

1545-1550 c.
olio su tela
110,2 x 83,7 cm (senza cornice); 116 x 142,5 x 9,5 cm (con cornice)
Anno di acquisizione 2008


N. Catalogo A51
Inv. 0060


Provenienza

Paris Bordon fu uno degli interpreti più interessanti di una fase cruciale della storia della pittura veneziana, di passaggio tra le premesse della grande trasformazione impressa dall’arte di Giorgione e di Tiziano e di ricezione delle nuove istanze centro italiane e manieristiche, con intelligenti aperture alle soluzioni di artisti contemporanei come Pordenone e Jacopo Tintoretto, ma anche a uno stile più internazionale, che recepì durante il soggiorno a Fontainebleau per Francesco I, dove si sarebbe prodotto in un gran numero di ritratti, genere nel quale eccelleva. 

Il dipinto in esame, certamente tra le sue prove più alte in quest’ambito, è stato tradizionalmente indicato come rappresentazione di una donna della famiglia Fugger, tra i più prestigiosi committenti privati dell’artista. Si era in passato considerato quale elemento a sostegno di questa identificazione, come già segnalato da Piero Boccardo, il possibile passaggio del dipinto in Collezione Spinola a Genova nel Seicento, dove è descritto «un mezzo ritratto di donna» acquistato ad Augusta da Giovanni Filippo Spinola nel 1660 e di dimensioni compatibili con la tela in questione («Un quadro mezzo ritratto di donna del Bordonone alto palmi 5 largo palmi [?] in circa compro in agosto»). Più recentemente lo stesso Boccardo1 ha emendato la precedente proposta di identificazione della provenienza della tela, notando che le descrizioni settecentesche dell’opera genovese vi riscontravano, oltre alla veste rossa, anche «una rete pure rossa in capo», assente nel dipinto in questione. I Fugger furono in effetti tra i primi committenti veneziani di Bordon e sollecitarono anche un viaggio di lavoro del pittore ad Augusta, che vi si trasferì dal 1540 al 1543. Si era considerata egualmente, come conferma della concezione «germanica» del dipinto, l’ambientazione architettonica, secondo quelle che erano le consuetudini e le preferenze della committenza nordica. Tuttavia, come osservava correttamente Giordana Mariani Canova, si dovrebbe ammettere la possibilità che la nobildonna abbia deliberatamente scelto di farsi immortalare in abiti veneziani, per assecondare un gusto filo-veneziano che si orienta nella pittura tanto quanto nel costume. Appare più prudente, dunque, considerare il dipinto uno dei migliori esempi di ritratti realizzati da Paris per una prestigiosa committenza veneta e riconoscervi invece, come sembra proporre Donati (2014), il dipinto già in Collezione Pesaro a Venezia, descritto, con misure analoghe, negli inventari della raccolta del 17972.
Al di là della possibile provenienza della tela, in essa certamente rintracciamo alcune delle qualità migliori della pittura di Paris: il nitore freddo e di stampo manieristico centro-italiano con cui sono concepiti i volti e l’ambientazione si sposano con le tenerezze cromatiche dell’incarnato, frutto di una meditazione attenta della lezione di Tiziano. Egualmente caratteristici dell’interpretazione del tonalismo veneto da parte del pittore sono le preziosità materiche e gli effetti di luce virtuosistici sulla veste iridescente della fanciulla, come attraversata da fiammelle colorate. Come nelle prove migliori della sua produzione, Paris riesce a tenere insieme, infatti, un solido impianto plastico-disegnativo, frutto della lettura attenta delle prove del Manierismo tosco-romano e alcune suggestioni che gli vengono da Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone, con gli effetti materici e mimetici che rielaborano le magie di tocco proprie della grande tradizione veneta tizianesca. 

Nicholas Penny ha recentemente sottolineato la vicinanza dell’architettura presente in questo dipinto con il Ritratto femminile conservato alla National Gallery di Londra e datato circa 1545, data che appare certamente verosimile anche per l’opera in questione e preferibile rispetto a quella, pure proposta in passato, intorno agli anni trenta del secolo. Confronti possono essere instaurati efficacemente anche con il Ritratto femminile della Galleria Palatina degli Uffizi, altra opera che può collocarsi nella maturità dell’artista. Anche dal punto di vista della foggia dell’abito, l’opera è compatibile con una datazione 1545-1550 circa3.
La figura femminile, verosimilmente, intende proporsi allo spettatore quale esempio di virtù muliebre: tiene nella destra un libriccino che è facile immaginare possa essere un libro di preghiere, mentre alle sue spalle compaiono una scultura ampiamente panneggiata, di cui però non si riesce a intravedere il capo (la Pudicizia?) e un tondo a bassorilievo in cui è possibile riconoscere un cavaliere, forse identificabile con san Giorgio: figura anch’essa associabile al concetto di virt e di lotta al vizio. 

 

[Denis Ton]

1 P. Boccardo, R. Santamaria, La raccolta di quadri degli Spinola di San Pietro: vicende della formazione e della dispersione, in Santamaria 2011, p. 293. 

2 Pavanello 2006, p. 196.

3 D. Davanzo Poli, Abbigliamento veneto attraverso un’iconografia datata 1517-1571, in Paris Bordon e il suo tempo1987, p. 252.