Passant furtif (Passante furtivo)
Jean Dubuffet
1954
Olio e tecnica mista su Isorel
54 x 64,5 cm
73,5 x 84,2 x 5,5 cm
Anno di acquisizione 1982-1983 (ante 1993)
N. Catalogo A103
Inv. 0111
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
Dubuffet esplora nell’Europa rinata dopo gli orrori della guerra una pittura archetipa, primordiale, grottesca, che esalta l’individuo in connessione fenomenologica con l’esistente.
Dopo venticinque anni di esperienze artistiche eterogenee, Jean Dubuffet, protagonista della pittura informale, esordisce nella Parigi postbellica con una mostra tenutasi nell’ottobre 1944 alla Galerie René Drouin. Con Jean Fautrier, Dubuffet è il protagonista delle ricerche materiche informali che sconvolgono l’ambiente artistico parigino all’indomani della tragedia bellica, assieme alle sperimentazioni segniche di artisti come Hans Hartung, Wols e Henri Michaux. Proprio partendo da un’espressione di Dubuffet, il critico francese Michel Tapié definirà tutti questi nuovi approdi della pittura parigina come Art informel e in un secondo momento come Art autre1.
Con la sua posizione a-culturale Dubuffet rifiuta i canoni dell’estetica tradizionale e un approccio idealistico per fare della pittura un’operazione magica, antieroica, che recupera l’ordinario, il brutto, l’informe, non inteso nell’accezione datane dal filosofo francese Georges Bataille di «basso materialismo», ma come possibilità di ripartire dalla materia per riabilitarla a soggetto e rifondare così un nuovo discorso linguistico. Voltando le spalle all’Astrattismo e all’avanguardia modernista, così come all’arte figurativa, intesa come retaggio dell’Accademia, Dubuffet esplora nell’Europa rinata dopo gli orrori della guerra una pittura archetipa, primordiale, grottesca, che esalta l’individuo in connessione fenomenologica con l’esistente.
Nel 1954, dopo una fase dedicata alla scultura, ovvero alle Statues de la vie precaire, realizzate mediante la manipolazione di rottami di ferro e pietre vulcaniche, Dubuffet torna alla pittura con una serie di opere in relazione con cicli come le Hautes Pâtes, i Sols et terrains e i Chevaliers. Com’egli stesso ricorda, si tratta di «una pittura plastica – pasta spessa un po’ viscosa e in grado di raggiungere in fretta la solidità di un cemento»2. Nello specifico, Passant furtif riprende una modalità compositiva già presente in alcune opere degli anni quaranta. Rinunciando a qualsiasi illusione di profondità, lo spazio diventa una sorta di topografia, un campo informe di materia, sulla quale è compressa, come se fosse ritagliata e scavata sulla spessa pasta materica una figura archetipa. La linea ondulata dell’orizzonte restringe il campo visivo. Schiaccia la spazialità sulla superficie conferendo al cielo una consistenza fisica al pari della terra, in un contrasto cromatico tra il colore arancione della terra e le tinte violacee del cielo.
Passant furtif è dedicato allo scrittore e critico letterario Jean Paulhan, figura di riferimento per la storia letteraria francese del Novecento, direttore della «Nouvelle Revue Française» dal 1925 al 1940.
La propensione continua alla superficie è obiettivo centrale della ricerca pittorica di Dubuffet, il quale infatti scrive: «L’obiettivo della pittura è animare una superficie che è per definizione bidimensionale e priva di profondità. Non la si arricchisce nel cercare, attraverso l’ombreggiatura, effetti di rilievo o trompe l’oeil […]. Cerchiamo invece maniere ingegnose di appiattire gli oggetti sulla superficie, e lasciamo che questa parli il suo linguaggio e non un linguaggio artificiale dello spazio tridimensionale che non le è proprio […]. Sento il desiderio di lasciare la superficie piatta alla vista. I miei occhi amano riposare su di una superficie del tutto piatta, in particolare una superficie rettangolare»3.
Come attesta un’iscrizione sull’opera, Passant furtif è dedicata allo scrittore e critico letterario Jean Paulhan, figura di riferimento per la storia letteraria francese del Novecento, direttore della «Nouvelle Revue Française» dal 1925 al 1940. L’amicizia di Dubuffet con Paulhan risale probabilmente alla fine del 1943, grazie all’intermediazione di Georges Limbour, letterato della cerchia surrealista, a sua volta amico di Dubuffet fin dall’adolescenza. Il rapporto tra Dubuffet e Paulhan diventa, già all’altezza cronologica della prima esposizione di Dubuffet da René Drouin (1944), profondo «compagnonnage spirituel»4. È infatti su sollecitazione di Paulhan che René Drouin organizzò la prima personale di Dubuffet nella sua galleria a Place Vendôme, mostra che scatenò vivaci polemiche nell’ambiente artistico parigino.
Un particolare del dipinto Passant furtif è visibile nel primo piano di uno scatto fotografico di Albert Pik che ritrae Paulhan tra le opere della sua collezione. In base alle evidenze documentarie, si può attestare l’acquisto dell’opera da parte di Francesco Federico Cerruti in una data anteriore al 1993.
[Lara Conte]
1 Si veda a tal proposito Tapié 1952.
2 Dubuffet 1971, p. 118.
3 Ibid.
4 Joffroy, in Parigi 1974a, p. XVI.