Pascolo a pietramala
Telemaco Signorini
1889-1890
Olio su tavola
23,5 x 35 cm
Anno di acquisizione ante 1983
Inv. 0216
N. Catalogo A206
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
Con una pennellata che, libera da ogni sudditanza alla definizione disegnativa, scorre liquida e sicura a costruire la veduta dei pascoli su cui gli alberi proiettano ombre più o meno profonde, il pittore si propone di rinnovare i valori pittorici e sentimentali della pittura di paesaggio.
Pietramala, un gruppo di case addossate a un mulino lungo la strada della Futa che dall’antichità conduceva dalla Toscana al Bolognese, fu uno dei tanti luoghi frequentati da Telemaco Signorini negli anni della tarda maturità, quando, spronato da un inesauribile desiderio di sperimentare nuove vie espressive, il pittore intraprese una serie di viaggi e di soggiorni in un turbine quasi frenetico di spostamenti.
Con una pennellata che, libera da ogni sudditanza alla definizione disegnativa, scorre liquida e sicura a costruire la veduta dei pascoli su cui gli alberi proiettano ombre più o meno profonde, il pittore si propone di rinnovare i valori pittorici e sentimentali della pittura di paesaggio. È, infatti, avendo ben presenti i dipinti della tradizione figurativa secentesca, su cui si era esercitato da ragazzo copiando le opere dei paesisti olandesi nelle Gallerie fiorentine, che Signorini elabora l’immagine con la quinta di alberi alti che introduce alla visione dei campi e dei muri di pietra delle vecchie case del borgo, ricorrente soggetto dei dipinti tratti dagli appunti dal vero eseguiti a Pietramala nelle estati del 1889 e del 1890.
«Il 1890 ho passato dipingendo in montagna a Pietramala, il genere pastorizio di capre pecore e buoi. E anche il 1891...», egli aveva scritto nella nota biografica inviata al presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, in seguito alla nomina a socio onorario dell’istituto, di cui si dichiarava soddisfatto1. Invero le estati trascorse dall’artista nel paese dell’Appennino tosco-emiliano furono quelle del 1889 e del 1890 come attestano le date segnate sui molti disegni compiuti in quella località. Disegni che si soffermano sul paesaggio e sulle architetture di quella terra aspra e non sui suoi abitanti, come invece accade negli innumerevoli fogli eseguiti a Settignano e a Riomaggiore - luoghi anch’essi a lungo frequentati dal pittore - e che dovette attrarre Signorini per il suo aspetto «antico», estraneo all’incalzante ritmo della società moderna. Ed è proprio il senso di una natura incontaminata, dove il silenzio è rotto solo dai versi degli animali e i prati si susseguono a perdita d’occhio fino all’orizzonte concluso dal crinale dei monti, che il nostro quadro, come gli altri ideati a Pietramala, evoca.
Presentato in pubblico una prima volta nel 1953, il dipinto venne poi esposto alle più importanti manifestazioni della pittura macchiaiola dell’ultimo quarto del Novecento, la mostra di Monaco di Baviera e quella subito successiva di Firenze al Forte Belvedere, mostre che significarono la ripresa degli studi su quell’importante movimento artistico, e il conseguente interesse dei collezionisti più accorti e sensibili, fra i quali Cerruti.
Silvestra Bietoletti
1 Somaré 1926, p. 279.
