Paesaggio urbano e camion (Camion in periferia)
Mario Sironi
1919
Tempera, matita e collage di giornale su carta applicata su tela
56 x 48 cm
Anno di acquisizione 1984-1993
Inv. 0176
N. Catalogo A169
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
L’opera appartiene al momento di avvicinamento e riflessione sulla Metafisica [...], in cui si intersecano esperienze disparate di Sironi in una sintesi sperimentale del nuovo soggetto.
Nonostante i Paesaggi urbani siano una delle più originali invenzioni di Mario Sironi e dell’intera arte italiana del xx secolo, la loro genesi e collocazione rimare ancora poco definita tra gli ultimi esiti del Futurismo e le prime conquiste del ritorno all’ordine.
In realtà fino a tutto il 1920 essi rientrano a pieno titolo nel complesso dibattito dell’avanguardia internazionale, e nella fattispecie del Futurismo, movimento cui Sironi continua ad aderire e che si confronta con le molteplici tendenze (anch’esse avanguardiste) della Metafisica e del «consolidamento» delle forme dopo le decostruzioni delle prime avanguardie.
L’invenzione sironiana del Paesaggio urbano aveva trovato una prima strutturazione nei casamenti sullo sfondo del Camion di Brera del 1914- 1915 (fig. 1), e successivamente in un’illustrazione del gennaio del 1916 per «Gli Avvenimenti», ove il paesaggio (sempre collocato sullo sfondo) si fa più chiaro, spazialmente definito, oltre che nei due Ciclisti (ex Collezione Sarfatti; Venezia, Guggenheim Museum) del 1916. Come si vede l’incubazione del tema è lunga. Le prime immagini icastiche, autonome del tema devono infatti collocarsi tra l’aprile e il giugno 1919, durante il soggiorno romano dell’artista: il che ne dimostra in effetti l’astrazione, il valore visionario e simbolico, poiché i casamenti e le periferie sono certamente ispirati a quelli di Milano, ma elaborati a distanza, attraverso il filtro delle immagini di Carrà (L’ovale delle apparizioni) e gli spazi di de Chirico1. Sono «stati d’animo» che non nascono dalle contingenze, da un’osservazione del vero, ma da una pura visione futurista.
Fig. 1. M. Sironi, Il camion, 1914-1915, olio su cartone telato. Milano, Pinacoteca di Brera.
Non sono molti i quadri di Paesaggio urbano da collocarsi in questo periodo (aprile-giugno 1919): in realtà solo un paio. Si tratta essenzialmente del Paesaggio urbano e camion di cui è oggetto la nostra scheda e del Camion giallo (fig. 2, collezione privata, in deposito al Museo Maga di Gallarate), identico per tecnica, colori, soluzioni stilistiche: in quest’ultimo la dichiarata, anzi entusiastica appartenenza futurista dell’immagine è sottolineata dai ritagli del Zang Tumb Tumb di Marinetti incorporati nel camion (ma per traslato si attaglia nitidamente anche allo strettamente analogo dipinto Cerruti). Il veicolo rappresentato nel Camion giallo è La 15 ter Fiat, un camion leggero usato largamente dall’esercito durante la Grande Guerra (e il ritaglio marinettiano sottolinea il tema bellico del soggetto) che corrisponde esattamente al titolo di un dipinto esposto alla mostra personale da Bragaglia del luglio 1919, con la quale l’opera di Gallarate va certamente identificata, poiché il pur simile camion della tela Cerruti ne è una più generica rappresentazione (si veda nota 2).
Dall’analisi filologica e materiale dei dipinti di quest’epoca (sostanzialmente tutti esposti alla mostra personale di Sironi alla Galleria Bragaglia tra il 3 e il 30 luglio 1919) si possono trarre molte interessanti e definitive conclusioni: in particolare dai frequenti collage che caratterizzano questo periodo, e che costituiscono un ciclo compatto, più compatto di quanto si sia finora supposto. I giornali di cui sono composti i collage riportano infatti date ricostruibili che sono di grande importanza per la datazione delle opere stesse.
Fig. 2. M. Sironi, Camion giallo, 1919, olio, tempera e collage di giornale su carta applicata su tela. Collezione privata, in deposito al Museo Maga di Gallarate.
Il nostro Paesaggio urbano e camion ha avuto in bibliografia una collocazione cronologica incerta. Datato sovente al 1917 a causa di un appunto leggibile sul verso (fig. 3)2, l’opera è invece certamente relativa al 1919. La conferma ce la forniscono, oltre ad altri dati impliciti, i frammenti di giornale che sono la base del collage. Un ritaglio, che menziona un seminario di commemorazione all’Università di Roma di tre matematici insigni caduti in guerra, fatta da altri tre illustri matematici, riporta un fatto avvenuto il 22 giugno 19183. D’altra parte, un ritaglio ulteriore riconduce decisamente alla cronaca romana: una serie di annunci di matrimonio, smarrimento ecc., riportano indirizzi relativi a strade della capitale. Se la data giugno 1918 costituisce un ovvio termine ante quem non per l’esecuzione, esso non ci indica evidentemente una data certa: Sironi può aver utilizzato un vecchio giornale anche molto tempo dopo. È ciò che infatti accadde, e che gli annunci di cronaca romana ci attestano da parte loro con sicurezza: Sironi aveva ovviamente a disposizione nella casa dei suoi parenti, dove abitava, vecchi giornali romani accumulati; ma successivamente al giugno 1918 egli può averne usufruito solamente nel periodo tra metà marzo e agosto 1919: prima si trovava militare, e fece al massimo un paio di brevi licenze a Milano; sembra altresì assurdo che Sironi si portasse a Milano successivamente, nel settembre 1919, giornali romani vecchi d’un anno, essendo partito con un bagaglio minimo: soggiornò per i primi tempi in una stanza d’albergo e poi in una minuscola stanza mobiliata4.
La datazione certa al secondo quarto del 1919 di questo straordinario dipinto di periferia urbana fa slittare tutto il corpus di Paesaggi urbani in una nuova riflessione cronologica. L’opera appartiene al momento di avvicinamento e riflessione sulla Metafisica (esperita a Roma tra il marzo e il settembre), in cui si intersecano esperienze disparate di Sironi in una sintesi sperimentale del nuovo soggetto. Il collage riporta intimamente al linguaggio futurista, così come il soggetto urbano con camion deriva letteralmente dalla prima versione di questo tema (il Camion di Brera del 1914-1915): la posizione diagonale del camion è identica, identica la collocazione del paesaggio urbano sullo sfondo; l’impostazione ferma, in cui gli oggetti e i casamenti sono ridotti a solidi geometrici, ricorda invece la spazialità assoluta della Metafisica, così come la prospettiva precipite del piano stradale. Dall’inizio della guerra Milano era diventata il baricentro degli impegni (almeno illustrativi) di Sironi, che si era vieppiù andato legando all’ambito culturale, oltre che di Marinetti, di Margherita Sarfatti. La decisione definitiva di trasferirvisi nel settembre 1919 nacque in conseguenza dell’ostilità tra «Valori Plastici» (Broglio aveva aspramente criticato la sua mostra da Bragaglia) e l’ambiente milanese pilotato, appunto, da Margherita Sarfatti e da Marinetti. La scelta di Sironi diviene dunque anche una scelta di campo, oltre che di pur contrastata affinità con l’ambiente «moderno», industriale e dinamico di Milano: un contrasto che evidenzia il sentimento grave e spaesante dei Paesaggi urbani, non pure immagini di una città moderna, ma di una città sovrastante, aliena e straniante, gravida di sensi contraddittori5.
Il 20 marzo 1920 si inaugura la Galleria Arte (degli Ipogei) di Milano, con una collettiva organizzata da Margherita Sarfatti e dal critico futurista Buggelli (già compagno di Sironi nel Battaglione Ciclisti); gli artisti sono quasi tutti, in quel momento, più o meno decisamente vicini al Futurismo; ma sono presenti anche de Chirico e, curiosamente, il «milanese-romano» Carrà. Curiosamente perché Sironi avrebbe sottoscritto, proprio nel periodo della mostra (aprile, anche se datato gennaio), il manifesto futurista Contro tutti i ritorni in pittura, che attacca esplicitamente proprio Carrà. Agli Ipogei Sironi espose per la prima volta tre Paesaggi urbani a olio: da questo momento il soggetto, inizialmente sperimentato con il nostro quadro (e con quello di Gallarate), diviene uno dei classici dell’iconografia sironiana e dello stesso xx secolo italiano. L’opera, proveniente dalla collezione milanese di Cesare Tosi, si trovava già nella raccolta di Francesco Federico Cerruti nel 1993, come attestato dall’inventario manoscritto dei beni della villa di Rivoli, redatto nel giugno di quell’anno.
Fabio Benzi
1 I riferimenti molteplici a Carrà e a de Chirico sono riferiti in F. Benzi, Mario Sironi: il percorso della pittura, in Roma 1993-1994, pp. 13-37, e nelle schede delle opere, in ibid., pp. 87-367. Un’analisi minuziosa della cronologia e dell’intero nucleo dei Paesaggi urbani (a cui rimandiamo) è stata da me elaborata in Pordenone 2018, p. 105.
2 L’opera è eseguita su un cartoncino intelato sul cui verso, leggibile attraverso la trama larga della tela di supporto, è un appunto apparentemente autografo («Montebelluna Montello 1917») e lo studio accademico di un capitello (forse un disegno giovanile accademico, o più probabilmente un foglio erratico). Ciò indica che forse l’opera fu eseguita su un precedente studio del 1917, quando Sironi si trovava in zona di guerra, o altrimenti che la scritta si riferisse a un episodio precedente e si trattasse di un bozzetto per «Il Montello» del 1918.
3 I matematici Roberto Marcolongo, Guido Castelnuovo e Salvatore Pincherle (citati nell’articolo, non privo di piccoli refusi nei nomi) commemorano i colleghi caduti (rispettivamente Orlando, Torelli e Levi) il 22 giugno 1918: si veda Seminario Matematico della Facolta di Scienze della R. Universita di Roma: seduta del 22 giugno 1918: onoranze a Luciano Orlando, Ruggiero Torelli, Eugenio Elia Levi, Adolfo Viterbi... caduti in guerra, Roma 1918. Elena Pontiggia, in Roma 2014-2015, p. 120, ha individuato un ulteriore ritaglio risalente al 1918 riguardante l’«avv. Oppezzi della difesa Durst», che si riferisce a un processo iniziato nel giugno di quell’anno; in seguito a questo dato la studiosa conferma la datazione 1919 che avevo suggerito nel 1993 e identifica l’opera come quella esposta alla mostra di Bragaglia col titolo La 15 ter. Tuttavia il veicolo Fiat bellico con quella sigla ha un radiatore esagonale (esattamente come Il camion di Brera), e non è perfettamente identificabile con quello dell’opera, che invece si riconosce con maggior precisione iconografica nel Camion giallo del Museo di Gallarate.
4 Pontiggia 2015, p. 100.
5 Questa lettura è confermata da una lettera a Luciano Folgore dell’aprile 1920, esattamente il periodo in cui stava realizzando il maggior numero di Paesaggi urbani: «Dunque verrete a Milano? Vedrai una gran brutta “mangiatoia” come dice Costantini brutta e danarosa [...]. Eccellente per lavorare col muso nella fatica nella realtà più brutta, ma solida e i ricordi i ricordi passi di un mucchio di illusioni» (in Salaris 1997, p. 307). Anche in una lettera alla moglie del settembre 1919 l’impressione milanese è cupa e contraddittoria: «Che cosa può darmi la città commerciante se non il ribrezzo e il bisogno di difesa contro la sua stessa potenza?» (in Sironi 1971, p. 270).
Fig. 3. Il verso del dipinto.



