Il quadro è stato acquistato a Firenze presso Sotheby’s il 14 aprile 1986 con un’attribuzione a Sébastien Bourdon, suggerita alla casa d’aste da Giuliano Briganti con una lettera autografa. Il riferimento al maestro francese può essere ancora sostanzialmente condiviso, anche se le condizioni conservative non ottimali dell’opera e le ridipinture aggiunte nel corso di vecchi restauri pregiudicano in parte la lettura della qualità del dipinto e suggeriscono oggi di serbare una maggior cautela sulla sua autografia. 

Per il tema della composizione la tela può essere inserita tra i lavori che Bourdon compì «dans le goût du Benedette», ovvero di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, che il maestro francese realizzò probabilmente a seguito del suo soggiorno a Roma avvenuto tra il 1636 e il 1637¹. Questa tipologia di opere è stata infatti modellata sulle invenzioni che il pittore genovese elaborò all’inizio degli anni trenta del Seicento, traendo ispirazione dagli episodi dell’Antico Testamento che descrivono i viaggi compiuti da Giacobbe e da altri patriarchi biblici. Il primo esemplare noto può essere individuato in un Viaggio di Giacobbe, in collezione privata a New York, firmato e datato 1633². Tali spunti narrativi hanno consentito al Grechetto e ai suoi seguaci di soffermarsi, come nel caso del dipinto Cerruti, sulla suggestiva descrizione di ampi brani di paesaggio, animati da gruppi di personaggi in abiti all’antica e di armenti, che hanno presto ottenuto una vasta fortuna collezionistica. 

Nel dipinto in esame l’esatta identificazione del soggetto è resa problematica dall’estrema genericità dei dettagli iconografici. Il tema può essere probabilmente interpretato come il primo incontro tra Isacco, di ritorno dal pozzo di Lacai-Roi, e Rebecca, condotta a conoscere il suo sposo dal servo di Abramo (Genesi 24, 61-67). 

Simone Mattiello 

¹ Montpellier-Strasburgo 2000-2001, p. 149. 

² T. Standring, cat. 1, in Genova 1990, pp. 59-60.