Oggetti (Nello studio)

Renato Guttuso

1958
Olio e collage su tela
73 x 69 cm
Anno di acquisizione 1977 c.


Inv. 0827
N. Catalogo B13


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

«Confluiscono, in questi ritratti, in questi studi di ambiente, in queste nature morte (o piuttosto oggetti che determinano un luogo ed un’ora), gli arricchimenti espressivi di tutta la carriera di Guttuso, instancabile cercatore di forme sempre nuove, pur nella fedeltà ad un indirizzo figurativo.»

 

Emerso sulla scena artistica non ancora trentenne con la Fuga dall’Etna al II Premio Bergamo nel 1940, Renato Guttuso consolidò la propria posizione durante il conflitto diventando una personalità dominante nei tempi immediatamente successivi. L’adesione al Partito comunista italiano, l’estro polemico e l’attenzione riservata ai soggetti popolari gli garantirono il ruolo di capofila del Realismo sino ai tardi anni cinquanta, quando la sua pittura iniziò a dare segni di rinnovamento. Nel 1958 aranceti, paesaggi di Velate, fumatori, passanti, interni domestici presero il posto degli ambiziosi teleri di denuncia che ne avevano garantito la fama internazionale. Spesso realizzati alternando stesure a olio ad ampi brani di collage, tali esiti vennero presentati nel febbraio-marzo 1959 alla Galleria del Milione. «Confluiscono, in questi ritratti, in questi studi di ambiente, in queste nature morte (o piuttosto oggetti che determinano un luogo ed un’ora), gli arricchimenti espressivi di tutta la carriera di Guttuso, instancabile cercatore di forme sempre nuove, pur nella fedeltà ad un indirizzo figurativo»1: già nell’introduzione Franco Russoli sembrava decretare il successo della personale milanese. Recensioni insolitamente unanimi vi individuavano infatti l’occasione per ridiscutere i termini del Realismo avviando, dopo ben dieci anni di polemica, un colloquio disteso con la tendenza informale. 

Tra i ventotto dipinti in mostra figurava anche Oggetti (Nello studio). Latte di trementina, bicchieri, un mattarello, una ciottola, un drappo giallo sono affastellati sul tavolo di lavoro di Velate. La visione scorciata dall’alto nega la distanza spaziale con finestra e parete di fondo colte frontalmente. Anche il ricorso a materiali diversi rende articolata la percezione dell’insieme. Un tappo in feltro chiude la tanica centrale dipinta a olio su carta intelata al pari degli altri strumenti quotidianamente usati dall’artista. Sebbene in parte celate dal colore, pagine strappate da riviste e cataloghi suggeriscono invece le ragioni che spinsero Guttuso ad affrontare l’opera, come la sua datazione. Nell’angolo in basso a destra, un trafiletto in tedesco annuncia la recente scomparsa del pittore Franz M. Jansen («its am 21 Mai gestorben») restringendo l’esecuzione tra fine maggio 1958 e la vernice al Milione del 19 febbraio. Un ritaglio con nudi femminili e altri frammenti dello stesso periodico alludono al movimento espressionista; si menzionano Oskar Kokoschka e Henri Cadiou, del quale proprio nel 1958 uscì una monografia a firma di Maximilien Gauthier. Per il colore chiaro della carta, da quel disordinato piano di lavoro spiccano i brani tratti da una ristampa del Mattia Preti (Critica figurativa pura) di Roberto Longhi, forse incoraggiata dalla «Mostra del Seicento Europeo» tenuta al Palazzo delle Esposizioni nel 1956. Tutto intorno troviamo porzioni del Figliol prodigo conservato al Palazzo Reale di Napoli e incluso nella rassegna romana. Nel saggio originariamente pubblicato su «La Voce» del 9 ottobre 1913, Longhi esaltava in poche righe la «materia granita e atomica» del drappo sorretto dalla bambina in primo piano, quanto torsioni e rigonfiamenti che lo avvicinavano a «uno dei più nobili panneggi di Cézanne»2. A proposito, dunque, Guttuso sembra dipingere il tessuto giallo reclinato alla maniera del maestro di Aix-en-Provence. Egli inoltre isolò l’incipit del Mattia Preti: insieme al titolo si legge il passo in cui l’autore sentenziava la disfatta del Rinascimento toscano e del disegno come ars artium. Espunto il nome di Caravaggio, un’altra inserzione ancora decantava chi aveva «ripudiato l’astrattezza [e l’] intellettualismo». Grazie alle parole di Longhi, Guttuso riprendeva le fila di un discorso avviato oltre un anno prima proprio sulla sua rivista «Paragone». Nel gennaio 1957 Del realismo del presente e dell’altro invitava infatti a un nuovo corso figurativo, svincolato da temi sociali e aperto alle sperimentazioni linguistiche del presente. Come confessò introducendo i disegni di Guttuso alla Galleria del Fiore nel marzo 1959, Longhi non vide la personale al Milione. Eppure Oggetti sembra un quadro a lui dedicato. In una sala che già presentava omaggi ai modelli del passato, Gustave Courbet e Théodore Géricault, quel collage appariva un ennesimo tributo al «solo storico dell’arte che ci permettesse di vedere gli antichi con occhio contemporaneo»3, a Cézanne e alle comuni predilezioni stilistiche. Cinque anni dopo l’esposizione al Milione, Oggetti riapparve alla personale guttusiana presso la Galleria Gissi di Torino. A inizio settanta apparteneva alla Galleria La Bussola, come rivelano numero civico e telefono indicati sulla relativa etichetta retrostante. Il ragioniere Cerruti dovette acquistarlo a fine decennio, dopo l’esposizione alla Italiana arte di Busto Arsizio nell’inverno 1977. 

Chiara Perin 

 

1 F. Russoli, Renato Guttuso, in Milano 1959, p.n.n. 

2 Longhi 1913, p. 1171. 

3 Guttuso 1962, p. 22.