Novembre

Vittore Grubicy de Dragon

1896 c.
Olio su tela
11,4 x 33,3 cm
Anno di acquisizione post 1983


Inv. 0215
N. Catalogo A205


Provenienza

Bibliografia

Novembre appartiene a una delle fasi qualitativamente più alte della sua carriera di artista e mostra la particolare predilezione verso il dato paesaggistico, indagato con assiduità lungo tutto il suo percorso pittorico. 

 

Considerato come una «specie di autoritratto gioioso»1 dallo stesso Vittore Grubicy, Novembre è realizzato a Miazzina, località montana del Verbano che si affaccia sul lago Maggiore, intensamente frequentata dall’artista tra il 1892 e il 1898. Mercante, critico d’arte, e quindi pittore, Grubicy forma il suo gusto attraverso una serie di importanti esperienze europee, maturate durante i suoi viaggi in Inghilterra, Francia, Belgio, Germania e soprattutto Olanda (dove entra in stretto contatto con gli artisti della Scuola dell’Aja, e in particolare con il pittore Anton Mauve), divenendo il maggiore difensore in Italia della tecnica divisionista e della pittura ideista, sostenuta attraverso la sua intensa attività di pubblicista sulle testate e riviste nazionali. 

Novembre appartiene a una delle fasi qualitativamente più alte della sua carriera di artista e mostra la particolare predilezione verso il dato paesaggistico, indagato con assiduità lungo tutto il suo percorso pittorico. Nel restituire l’elemento naturale, Grubicy compie una profonda riflessione sul soggetto alpestre, influenzato non soltanto dalla più consolidata tradizione occidentale ma dalla stessa produzione artistica giapponese, conosciuta già a partire dalla metà degli anni settanta2. Nelle opere del periodo, la visione del paesaggio è restituita secondo un principio intuitivo che rifiuta qualsiasi tipo di trascrizione oggettiva del motivo naturale. Un approccio emozionale che si conferma nelle stesse indicazioni che l’artista affronta nelle sue pagine di critica: proprio nel 1896, Grubicy afferma l’importanza della «suggestione» nell’arte, un fenomeno in grado di coinvolgere tanto l’artista quanto l’osservatore finale, attraverso un processo sinestetico tra immagini ed emozioni3

L’opera, come riportato sull’etichetta autografa posta sul verso del dipinto, è stata regalata da Grubicy allo scultore Leonardo Bistolfi (definito nella circostanza «amico caro, fratello in Arte ammiratissimo»), conosciuto e frequentato già dalla seconda metà degli anni ottanta. I due artisti, proprio in quella stagione, condividono la necessità di un rinnovamento delle arti nel Paese, nutrendo la comune passione per la pittura di paesaggio di Antonio Fontanesi, del quale si faranno entrambi promotori per una sua postuma riscoperta4

Una prova a matita (fig. 1), datata 1896, mostra una fase preparatoria alla realizzazione di Novembre: riporta in calce l’indicazione di appartenenza del dipinto a olio, riferita proprio allo scultore casalese5

Intorno al 1912 Grubicy richiederà a Bistolfi la restituzione momentanea del dipinto, per poterlo ritoccare, secondo una pratica di ripensamento della propria pittura comune in quegli anni6

Dopo la morte dello scultore, Novembre entrerà a far parte dell’importante raccolta di Sebastiano Sandri, consacrata alla pittura dell’Ottocento. Nel lungo articolo dedicato alla collezione torinese, pubblicato sulle pagine della rivista milanese «L’Esame» nel 1941, il direttore Enrico Somaré non mancherà di menzionare il dipinto Novembre, fornendone una descrizione in chiave intimista, in linea con le riletture nel frattempo condotte sull’intero panorama dell’Ottocento italiano: «Una stradina che costeggia un campo grigio, degli alberetti spogli che trattengono sui rami l’ultime foglie, altre foglie cadute sul terreno intristito, un cielo assente e forse, in qualche lontananza, un fioco rintocco di campana»7

Alessandro Botta 

 

1 Il commento è fornito a margine di una riproduzione in tricromia del dipinto, dedicata al drammaturgo Domenico Tumiati; si veda Rebora 1995, p. 377.

2 Per i legami con il Giappone si veda Turina 2011-2012.

3 Si tratta in particolare degli articoli Non c’è arte vera senza suggestione e La suggestione nelle arti figurative apparsi nel 1896 sulla rivista «La Triennale» (nn. 8, 11), ora ripubblicati in Grubicy de Dragon 2009, pp. 155-167.

4 Relativamente a questo aspetto si veda A. Botta, Fontanesi e gli artisti: discussioni e polemiche alle soglie della modernità (1892-1911), in Reggio Emilia 2019, pp. 30-45.

5 «Quadretto dato a Leonardo / Bistolfi 1896 V. Grubicy», si veda Rebora 1995, p. 377, n. 639.

6 Come si apprende dal carteggio tra i due artisti, Bistolfi riceverà l’opera soltanto nel marzo del 1913. Il 21 febbraio scriveva a Grubicy: «Quando Walter mi riporterà il mio prezioso tuo ricordo consegnerò a lui qualche mio altro tentativo pittorico meno indegno di te. Ma come vorrei che tu stesso venissi a prendertelo!...» (biglietto di L. Bistolfi a V. Grubicy, 21 febbraio 1913; Mart, Archivio del ’900, Fondo Vittore Grubicy, Gru.I.1.1.115). A distanza di dieci giorni, l’arrivo del dipinto veniva subito comunicato all’amico pittore: «Non ho ancora rivisto il quadretto che mi hai rimandato. Ma mia moglie mi telefonava oggi che è arrivato sano e aggiungeva: “Se tu vedessi come è bello!” - Andrò a goderlo un poco lunedì -» (cartolina di L. Bistolfi a V. Grubicy, 1o marzo 1913; Mart, Archivio del ’900, Fondo Vittore Grubicy, Gru.I.1.1.115).

7 Somaré 1941, p. 51.

Fig. 1. V. Grubicy de Dragon, Novembre, matita su carta. Collezione privata.