Natura morta (Natura morta con anguria)
Felice Carena
1930
Olio su tavola
50 x 70 cm
Anno di acquisizione 2000
Inv. 0087
N. Catalogo A79
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
«[...] Opera frammentaria, incerta ancora, ma necessaria per ritrovare le qualità più vere e più essenziali del mio animo».
Felice Carena invia 8 «nature morte» tra le 33 opere scelte per la sua sala personale alla Prima Quadriennale di Roma del 1931. Il cinquantenne pittore piemontese aveva ormai dagli anni venti una posizione stabile tra i maestri della pittura italiana: nominato professore all’Accademia di Firenze nel 1924, due anni dopo allestisce la seconda mostra personale alla Biennale di Venezia, che faceva seguito a quella d’esordio del 1912. Nel 1929 il suo grande dipinto La scuola ottiene il primo premio del Carnegie Institute di Pittsburgh, già assegnato a Henri Matisse e a André Derain. Alla stessa Quadriennale Carena figura nella giuria eletta dal Comitato organizzatore presieduto da Cipriano Oppo, oltre a essere invitato con artisti di primo piano, quali Carlo Carrà, Mario Sironi, Ardengo Soffici o Felice Casorati, a occupare con le sue opere una sala personale.
Nel 1931 la critica avverte con stupore lo scarto stilistico leggibile nelle opere, tutte recenti, che presentavano un pittore in piena ricerca espressiva. Carena, che aveva lavorato ancora convalescente per il delicato intervento a un ascesso polmonare nel 1929, confessa in catalogo di voler dare «all’osservatore il senso di come io disperatamente lotti per liberarmi da schemi usati e cercare più la diretta ispirazione del vivo. Opera frammentaria, incerta ancora, ma necessaria per ritrovare le qualità più vere e più essenziali del mio animo»1. Il classicismo neoseicentesco, al più courbetiano, con cui modulava le grandi composizioni degli anni venti si disfa in una nuova materia cromatica, che nei ritratti rivela la riflessione sulle opere di Amedeo Modigliani tornate recentemente all’attenzione dei pittori italiani. Un giovanissimo Rodolfo Pallucchini indica il venetismo di questa svolta: «Felice Carena sente la realtà “sub forma coloris”, attraverso un senso amoroso della sua ispirazione lirica. [...] Una sintesi veneta, intesa impressionisticamente come coloreluce, ed attuata con una pennellata grassa e sensuosa, è oggi il suo “ubi consistam” pittorico, non immune talvolta da cifre stilistiche»2. La Natura morta con anguria mostra come il colorismo alla Delacroix potesse essere filtrato dall’esempio tutto contemporaneo di Filippo de Pisis, sorprendente in un pittore più anziano di una generazione come Carena, ma evidente nella formula che accosta natura morta e marina.
«[...] conchiglie azzurrine e rosee, e grandi cocomeri dal fresco verde e dallo stupendo scarlatto, squillante come un grido di gioia estivo, sulla linea di sfondo turchino del mare»3: la descrizione, che si riferisce senza dubbio all’opera in Collezione Cerruti, è di Margherita Sarfatti, che compra il dipinto direttamente dall’artista proprio nel 1931. Fino a quella data la giornalista e critica d’arte, amante di Benito Mussolini e voce ufficiale del regime, aveva invitato il pittore piemontese alle mostre milanesi del gruppo di Novecento senza però apprezzarlo particolarmente. L’acquisto aggiunge il nome di Carena a una collezione importante, che comprende opere di Derain, Umberto Boccioni, Carrà e molti degli artisti sostenuti da lei in prima persona. Le Quadriennali di Oppo e lo spostamento dell’asse artistico nazionale da Milano a Roma, oltre che l’esaurimento del favore del duce, corrispondono alla progressiva venuta meno dell’influenza nel sistema artistico nazionale della Sarfatti. Cerruti acquista l’opera a un’asta torinese del 2000, forse dopo aver approfondito la conoscenza di Carena nella prima mostra monografica sul pittore alla Galleria Civica d’Arte Moderna del 1996, dove tornava esposto per la prima volta questo dipinto.
Filippo Bosco
1 Torino 1996b, p. 261.
2 Pallucchini 1931, p. 199.
3 Sarfatti 1931b, p. 497.
