Natura morta

Tommaso Salini (attribuito)

1620-1625 c.
Olio su tela
47 x 61,3 cm
Anno di acquisizione post 1983


Inv. 0046
N. Catalogo A38


Provenienza

Bibliografia

Il tema naturale viene ribadito dalla discreta presenza di una chiocciola, che dona all’insieme una possibile ulteriore lettura come vanitas

 

Questa Natura morta descrive con grande attenzione per il dato reale una studiata composizione di ortaggi adagiata su un tavolo. L’artista ha selezionato varietà vegetali che caratterizzano la dieta del periodo invernale, come il cavolo, la rapa, il cardo, il porro, l’aglio e le cipolle, cui si aggiungono sulla destra un delicato calice di vetro lavorato e una fiasca di vino. Il tema naturale viene ribadito dalla discreta presenza di una chiocciola, che dona all’insieme una possibile ulteriore lettura come vanitas. L’autore di questa tela magistrale è stato identificato, su suggerimento di Federico Zeri, con Tommaso «Mao» Salini, il pittore nato a Roma nel 1577, che l’amico Giovanni Baglione definisce autore specializzato, tra l’altro, nel «far de’ fiori e de’ frutti, e d’altre cose dal naturale ben espresse»1. La ricostruzione del catalogo di Salini come naturamortista è da anni al centro di un serrato dibattito critico, che tenta di recuperare le sue molte opere, in particolare di soggetto floreale, citate negli inventari di collezioni prestigiose, quali quelle del cardinale Ludovico Ludovisi, di Cosimo II de’ Medici, del cardinale Scipione Borghese e di Cassiano Dal Pozzo2

La lettura dell’inventario del 12 settembre 1625 stilato alla morte dell’artista3 ha portato studiosi come Mina Gregori e Franco Moro a valutare un’identificazione di Salini con il «Maestro del vaso a grottesche»4. A questo filone tematico Federico Zeri5 ha aggiunto un corpus di opere riferite alla sua produzione tarda, tra il 1620 e il 1625, incentrate su composizioni di ortaggi, che ruotano intorno a un dipinto già in collezione privata a Zurigo poi a Torino, firmato e datato «T. Salini F. 1621», una firma ora ritenuta moderna ma comunque attendibile, perché verosimilmente ricalcata da una segnatura originale6

Di questo gruppo Zeri sottolinea come «la scelta dei frutti e dei vegetali sia quella, tipicamente arcaica, dei più antichi rappresentati del genere specifico [...] tutti frutti invernali, che conferiscono al dipinto un significato di allegoria stagionale»7; il critico sottolinea inoltre che in queste opere compare forse per la prima volta la «rappresentazione di vita animale nascosta e silenziosa»8, con notevole anticipo su autori come Marseus o Porpora. Il primo piccolo gruppo già identificato da Gregori e Zeri9, si è arricchito nel tempo di altri quadri grazie agli approfondimenti di Luigi Salerno10 e soprattutto di Alberto Cottino11. Cottino ha inoltre precisato come parte di quelle tele siano da attribuire a un anonimo maestro «SBP», che ha siglato e datato alcune opere come le due Nature morte del 1652 e del 1655, che hanno tramandato la fortuna delle invenzioni di Salini oltre la metà del Seicento12

Simone Mattiello

 

1 Papi 2017, ad vocem.

2 F. Paliaga, Sui dipinti di genere con animali vivi attribuiti a Tommaso Salini, in Carofano 2009, p. 118, note 4, 5.

3 Pegazzano 1998, pp. 131-146.

4 Gregori 1998, pp. 58-63; Moro 2011, pp. 107-144.

5 Zeri 1976, pp. 104-108.

6 A. Cottino, cat. 1, in Monte Santa Maria Tiberina 2017, pp. 16-19.

7 Zeri 1976, p. 106.

8 Ibid.

9 Gregori 1973, pp. 35-56; Zeri 1976, pp. 104-108.

10 Salerno 1984, pp. 76-79.

11 A. Cottino, Tommaso Salini, in Porzio 1989, vol. II, p. 703; A. Cottino, Ancora sulla natura morta romana di primo Seicento: un nuovo Tommaso Salini, in Barbieri, Frascarelli 2010, pp. 64-67.

12 A. Cottino, cat. 1, in Monte Santa Maria Tiberina 2017, pp. 16-19.