Natura morta
Giorgio Morandi
1945
Olio su tela
30 x 47 cm
Anno di acquisizione 1983 ante
Inv. 0151
N. Catalogo A144
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
[...] nell’atmosfera crepuscolare e nella precarietà che questi quadri evidenziano è possibile leggere il riverbero che i tragici eventi della guerra provocarono nel pittore, ponendolo in uno stato che fu insieme di angoscia e di raccoglimento interiore.
«Chi ha detto che Morandi si ripete? Che i suoi quadri sono tutti uguali? Ciechi, lavatevi gli occhi! C’è più avventura di fantasia in queste bottiglie e in questi paesaggi che in tutto il resto, forse, della pittura italiana contemporanea»1. La reazione di Renato Guttuso di fronte ai quadri della collezione di Carlo Cardazzo esposti a Roma nella primavera del 1941 può degnamente introdurre le cinque tele di Giorgio Morandi della Collezione Cerruti. Un artista che fu spesso accusato di monotonia, tematica ma anche stilistica, sperimenta nel ventennio in cui si scalano queste opere una varietà di linguaggi pittorici quasi sconcertante: sul piano dell’esecuzione Morandi oscilla dalla stesura sensibilmente chiaroscurata, ricca di modulazioni tonali, della Natura morta del 1945 fino alle superfici opache di quella del 1951 ottenute con pennellate dense e sovrapposte; sul piano della regia visiva (e per ciò che riguarda, in particolare, il rapporto tra la posizione delle cose nello spazio e l’arabesco delle loro forme che affiora sulla superficie) la violenta, sintetica tarsia del Paesaggio del 1939 sembra l’esatto opposto della morbida modulazione luminosa, di memoria pierfrancescana, della Natura morta del 1958. Chi oggi guardi insieme questi cinque quadri deve ammettere che non esiste uno «stile Morandi»: a creare un legame tra di loro è la tensione che costantemente si crea nel rapporto tra l’architettura della visione e il colore, costantemente chiamato a contraddire questa architettura. Gli osservatori più preparati riconobbero in questa tensione il cuore della ricerca pittorica di Morandi e la sua grandezza: nel 1939 Cesare Brandi intuì che nella «fusione a caldo» tra «costruzione spaziale prospettica e costruzione cromatica» era quest’ultima a imporsi, e il colore portava sempre un «improvviso attacco dissolvente all’oggetto»2.
La Natura morta del 1945 con le due tazzine azzurre impilate, la ceramica bianca frammentata, la pallina bicolore di celluloide, il pentolino di rame e la bianca tazzina scanalata fa parte di una serie iniziata nel 1942 dove Morandi ha rappresentato oggetti umili, di piccola dimensione, dai materiali fragili, investiti da una drammatica luce laterale che allunga le ombre sulla ribalta: nell’atmosfera crepuscolare e nella precarietà che questi quadri evidenziano è possibile leggere il riverbero che i tragici eventi della guerra provocarono nel pittore, ponendolo in uno stato che fu insieme di angoscia e di raccoglimento interiore. Il quadro appartenne alla collezione dei coniugi Antonio Boschi e Marieda Di Stefano che, fin dagli anni trenta, furono accorti acquirenti del Morandi meno canonico e più espressionista e lo fecero dialogare con le istanze anticlassiche dell’arte italiana dal primo Novecento agli anni sessanta. È probabile che la natura morta fosse nella loro collezione ancora nel 1960, quando venne autenticata da Morandi per il previsto catalogo generale (come è testimoniato dall’etichetta della Galleria del Milione sul retro). Dopo il passaggio a una non altrimenti nota Collezione Candiani, il quadro entrò, prima del giugno 1993, nella Collezione Cerruti3.
Flavio Fergonzi
1Guttuso 1941, poi in Guttuso 2013, p. 181.
2Brandi 1939, p. 250.
3L’opera è presente nell’Inventario del 30 giugno 1993, elencata tra i beni presenti nell’ingresso della villa (Archivio Collezione Cerruti).
