Membra stanche (Famiglia di Emigranti) (Emigranti)
Giuseppe Pellizza da Volpedo
1907
olio su tela
127 x 164 cm (senza cornice); h 145 x 184 x 8 cm ( con cornice)
1
Anno di acquisizione 1983 ante
N. Catalogo A151
Inv. 0158
Provenienza
Questa forza espressiva sostanzia anche le figure dominanti nel primo piano, isolate nei loro sentimenti e nei loro atteggiamenti; la loro forma stereometrica acquista valore assoluto, in una sintesi formale che non lascia spazio a dettagli descrittivi: in questa armonia assoluta che lega uomo e natura si riassorbono gli episodi minuti di vita quotidiana che si svolgono sul greto del Curone.
Nato a Volpedo nel 1868, Pellizza frequenta l’Accademia di Brera a Milano, l’Accademia di Firenze, e conclude la sua formazione alla Carrara a Bergamo con Cesare Tallone, raggiungendo ottimi risultati sia nel ritratto che nel paesaggio. Nel 1892, all’esposizione italocolombiana di Genova, ottiene con Mammine la medaglia d’oro e inizia la sperimentazione divisionista, poi pienamente espressa in Speranze deluse e Sul Fienile esposte a Milano nel 1894, e in Processione presentata alla prima Biennale veneziana, orientando poi le sue ricerche anche su tematiche simboliste (Lo specchio della vita, 1895- 1898). Con grande impegno affronta problematiche sociali culminanti in Quarto Stato (1898-1901). Nei primi anni del Novecento perfeziona il divisionismo in opere e cicli dedicati ai temi dell’amore, della vita, del lavoro e della morte (L’amore nella vita, Il Ponte, Membra stanche). Muore nel 1907.
Fig. 1. G. Pellizza da Volpedo, Famiglia di emigranti, 1894, matita su carta bianca. Collezione privata.
Le prime idee per il quadro Membra stanche risalgono al 1894. Pellizza eseguì un disegno (fig. 1)1 e un bozzetto, di cui riferiva all’amico Domenico Tumiati: «Stanche membra è il soggetto di un altro quadro di cui feci solo il bozzetto. Una via illuminata dal solleone d’estate in un giorno afoso sulla quale stan riposandosi una madre con un bimbo in collo e due bambine più grandicelle»2. Il bozzetto, finora non rintracciato, era documentato anche nell’inventario delle opere del pittore steso nel 1907, col titolo «Membra Stanche o Mondarisi olio su legno 34 1⁄2 x 231⁄2 cm datato Luglio 1894», una data che apparenta il soggetto alle contemporanee ricerche di Morbelli. Nello stesso anno, su una tavoletta di noce preparata a gesso (14,3 x 23,7 cm, Volpedo, Studio Pellizza), Pellizza aveva schizzato il corso sinuoso del torrente Curone che passava nel territorio di Volpedo, e aveva eseguito un piccolo disegno con un gruppo di famiglia in riposo su un prato nel disegno La Triade (Volpedo, Studio Pellizza). Nell’ottobre 1896 il pittore eseguì un nuovo bozzetto (a olio su tavola, 23,4 x 40 cm, fig. 2): il gruppo è ora composto da una madre col bimbo in braccio, un padre e due figlie grandicelle che diventano il nucleo portante della composizione, a cui il pittore deve trovare un adeguato spazio di collocazione. Il bozzetto presenta anche tracce di quadrettatura e, sul retro, accanto alla prima data ne troviamo una seconda a pastello «15-XI-98», accompagnata anche da calcoli proporzionali3, che sottolineano il rinnovato impegno del pittore sul tema, mentre le date d’autunno e inverno precisano il riferimento non al momento dell’arrivo in pianura della manodopera stagionale che scendeva dall’Appennino in cerca di lavoro, ma quello del ritorno: le figure sono distribuite a intervalli e spaziature regolari con articolate stesure cromatiche che ne definiscono globalmente la massa, e con contorni più chiari e vibranti per evidenziare il controluce del tramonto. L’idea compositiva non fu più cambiata: le forme immobili e le pause spaziali fra le figure danno loro maggiore solennità, equilibrando con verticali le orizzontali dominanti nel paesaggio e compensando anche l’andamento diagonale del corpo dell’uomo con l’andamento ondulato diagonale del Curone. La studiata articolazione di figure e natura richiama lo studio attento della composizione che Pellizza aveva adottato in quadri come Speranze deluse e Sul Fienile, ma le tonalità meno terse, la tensione fra la stasi del gruppo e il movimento del corso del torrente prefigurano un legame nuovo fra spazio e tempo, mentre i colori meno limpidi, orchestrati su gamme verdastre, rossastre e violacee accentuano la suggestione emotiva, richiamando quanto Pellizza aveva fatto con i colori sulfurei e rossastri in Fiumana.
Fig. 2. G. Pellizza da Volpedo, Membra stanche, 1896, olio su tavola.
Nel 1901, mentre Quarto Stato aveva raggiunto la sua forma definitiva, Pellizza ripensò a quei suoi bozzetti (scriveva infatti a Vittorio Pica, il 20 gennaio, d’aver ripensato «a due bozzetti uno dei quali stava nel mio studio da molti anni», in probabile riferimento a Emigranti) e, nel 1903, dopo nuovi studi proporzionali partendo dalle dimensioni del bozzetto, preparò un telaio di 111 x 179 cm4 che coincide con buona approssimazione con le misure del grande disegno preparatorio a carboncino con rialzi in gesso bianco su carta marroncina ora incollato su tela (fig. 3)5 che esalta l’assoluta immobilità degli stanchi migranti di contro al piano solcato dal Curone, mentre sullo sfondo si profila una barriera arborea e, accennata in lontananza, la catena delle Alpi, come si vede a volte anche da Volpedo e che Pellizza, dopo un viaggio in Engadina del 1904, aveva incominciato a scegliere come sfondo grandioso e assoluto di prati e campagne della sua terra (come documenta anche la grande tela Il Ponte, oggi nelle collezioni della Cassa di Risparmio di Tortona). Il quadro fu impostato contestualmente al disegno su una tela di dimensioni maggiori rispetto alle misure definitive; le parti di tela ripiegate sul retro perché eccedenti conservano testimonianza della prima stesura di base, con colori terrosi e verdastri per la parte di terreno e azzurrati per il cielo: su questo strato preparatorio il pittore intervenne stratificando e intersecando pennellate dal ductus e dallo spessore molto vario, a filamenti, puntini, tacchette, con colori saturi dalle dominanti tonalità verdastre, rossastre in ampia gamma di variazioni e con numerose filettature e tacche di blu, giallo e viola: le figure, costruite in forme sintetiche senza entrare in dettagli descrittivi mostrano chiaramente, soprattutto nel bambino in braccio alla mamma e nell’uomo disteso, la traccia delle complesse prime stesure. Dopo aver riconsiderato l’intensità espressiva delle catene alpine già nel 1904, il soggiorno in Engadina nel 1906 rivelò a Pellizza la forza dei massicci alpini e il fascino dei profili aguzzi delle alte vette stagliantisi sul cielo. Ridefinì il fondo del quadro, diede nuovo vigore al cielo, su cui nubi in arabescate ondulazioni bianche su fondo azzurrato sembravano rispondere con più libertà al sinuoso percorso del Curone, mentre le tonalità delle Alpi, fortemente azzurrate e bluastre, sia pure punteggiate da rossi e viola, esaltano i granata e i rossi intensi, filettati di arancio, di viola e di verde, i verdi e i bruni del paesaggio. Questa forza espressiva sostanzia anche le figure dominanti nel primo piano, isolate nei loro sentimenti e nei loro atteggiamenti; la loro forma stereometrica acquista valore assoluto, in una sintesi formale che non lascia spazio a dettagli descrittivi: in questa armonia assoluta che lega uomo e natura si riassorbono gli episodi minuti di vita quotidiana che si svolgono sul greto del Curone. La pennellata presenta come altre opere del 1905-1906 un’intelaiatura fitta e libera di segni e di virgole, mentre le macchie d’alberi all’orizzonte hanno la sintesi e la vibrazione dei corrispondenti disegni del 1906. Con quest’opera Pellizza portava un forte contributo alla poetica simbolista riconoscendo che la vera funzione sociale dell’arte stava nel risvegliare corrispondenze tra l’uomo e la natura, riportandolo a uno stato di serenità e di quiete, ma non privo, come mostra la ragazzina che guarda lontano, di un orizzonte di fiducia e speranza.
[Aurora Scotti]
Fig. 3. G. Pellizza da Volpedo, Membra stanche o La famiglia di emigranti, 1903, matita, carboncino e gesso su carta marroncina incollata su tela. Collezione privata (ripr. b/n).
1 Scotti 1986, p. 838, n. 327.
2 Carechino, Scotti, Vinardi2012, p. 66.
3 Scotti 1986, p. 368, n. 963. I due bozzetti erano presenti nell’inventario delle opere pellizziane steso alla sua morte, rispettivamente ai nn. 222 e 223.
4 id. 1974, f. 1903, 2 maggio.
5 id. 1986, p. 421, n. 1118; anche il disegno e la tela di Emigranti erano nello studio di Pellizza alla sua morte, rispettivamente ai nn. 350 e 311. Sui viaggi in Engadina di Pellizza si veda S. Picenni, I due viaggi di Pellizza in Engadina, in Carteggio Pellizza 2018, pp. 87-109.