Mattino o Colazione
Felice Casorati
1919-20
tempera su tela
170 x 146 cm (senza cornice);
181 x 157 x 5,5 cm (con cornice)
Anno di acquisizione 1989-1990
N. Catalogo A82
Inv. 0090
Cinque donne sedute intorno a un tavolo appaiono assorte, ciascuna immersa nei propri pensieri e chiusa nella propria postura. Gli sguardi non si incrociano. La dinamica del loro legame è tutta giocata sulla ribalta ovale della tovaglia, un quadrante bianco scandito di cose, di mani e di ombre. Sul fondo, tra due pareti, un corridoio apre a un’infilata di stanze, dirigendo lo sguardo lungo la fuga del pavimento in mattonelle rosse e all’interno della casa.
Mattino appartiene al ciclo delle grandi tempere realizzate da Felice Casorati nei suoi primi anni a Torino, la città dove era giunto da Verona nel 1918, dopo la Grande Guerra e la morte del padre. Il soggetto e l’intonazione, così come la tecnica e il formato, avvicinano l’opera a Bambina (fig. 1), Un uomo (L’uomo delle botti), Una donna (L’attesa) e al Ritratto di Maria Anna De Lisi1. In questi dipinti con figure, ambientati in interno nelle stanze della casa-studio, l’artista avvia uno dei capitoli più significativi del suo itinerario di ricerca. Abbandonate le suggestioni fiabesche e visionarie d’ispirazione secessionista, tipiche della stagione veronese, Casorati giunge a una figurazione depurata, asciutta e disadorna, a una sospensione che lo avvicina alle atmosfere della pittura metafisica. La condizione di solitudine, chiave dell’intero gruppo di tempere del 1918-1920, è ricomposta nella famiglia di sole donne di Mattino, risaltata dalle pose intagliate delle figure, profilate dalle linee scure tracciate sulle campiture marezzate della tempera. La cifra emotiva che domina la scena è riverberata dai recipienti cavi apparecchiati sul desco, dalle numerate scodelle bianche, filettate d’azzurro e vuote di latte. «Se io non fossi stato bersagliato in quell’epoca da tanti dolori», ricorderà Casorati nel 1943, «non sarebbero nate quelle figure angolose allucinate e impaurite immerse in una luce spettrale in cui invano si cercherebbe il sospiro di una cordiale nota di colore, di una dolcezza di accenti»2.
Fig. 1. F. Casorati, Bambina (Interno), 1919 c. Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea.
L’esordio espositivo di Mattino avviene a Venezia nell’estate 1920, in occasione dell’«Esposizione degli artisti dissidenti di Ca’ Pesaro» alla Galleria Geri- Boralevi dove, in contrappunto al Bozzetto per il quadro «La sera»3, fa parte di un insieme di sedici opere recenti, tra dipinti, disegni e xilografie (fig. 2). Nel giugno dell’anno seguente, la tempera è riproposta a Torino per la «Mostra d’Arte» allestita nelle sale della Mole Antonelliana, commentata dal critico e giornalista Emilio Zanzi che la interpreta alla luce del contesto del dopoguerra, associandola «all’infelicità di certe famiglie senza pane e senza pace»4. La riflessione sul ruolo politico della cultura e dell’arte che in questi anni Felice Casorati condivide con Piero Gobetti, il giovane intellettuale fondatore della rivista «Energie Nove», incide sulla sensibilità del pittore, sull’attenzione verso le inquietudini sociali che percorrono la Torino dell’epoca, industriale e operaia. In un articolo del 1920, è Gobetti a scorgere in Mattino il punto d’arrivo di un’«organica linea di sviluppo», generata da Maria Anna De Lisi attraverso la «mediazione» di Bambina, in una sequenza legata da una «mirabile unità sentimentale», costruita sul «senso di mistero come vuoto»5. In Felice Casorati Pittore, la monografia del 1923 di cui è autore ed editore, Gobetti sposta l’attenzione sugli effetti artificiali e sorvegliati dell’«impostazione luminosa» del quadro ma anche sul suo tenore di «incubo letterario»6. È in questi anni che Mattino entra nella collezione di Alfredo Casella, il pianista e compositore che l’artista frequenta nella cerchia di Riccardo e Cesarina Gualino. L’incontro, tramandato al 1922, avvenne con ogni probabilità in occasione degli spettacoli promossi nel teatro privato della coppia, interno alla loro abitazione torinese, progettato da Casorati stesso con l’architetto Alberto Sartoris. È qui che il 29 aprile 1925 il musicista dirige il Concerto dedicato a Igor Stravinsky, qui che nasce l’ammirazione reciproca, suggellata dalla committenza di un ritratto7. L’«affinità di intenti» che lega i due, la comune «volontà di costruire» secondo i principi del Neoclassicismo, è il motivo al quale Casorati riconduce la scelta di Casella di acquistare Mattino per la propria collezione e di destinarlo alla parete sopra il suo pianoforte8. Nella testimonianza, pubblicata nel 1958, il pittore cita una lettera del musicista, felice di possedere il dipinto che però è troppo grande per entrare nel suo studio a Roma, e dunque, scrive, «Per ora è depositato presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Valle Giulia»9. Proprio nel 1958, Luigi Carluccio include il dipinto tra le tavole del catalogo della personale di Casorati al Centro Culturale Olivetti di Ivrea, nonostante il rifiuto di prestito. In quel dipinto esemplare della stagione degli anni venti avverte la «nitida intelligenza di come le cose incidono nello spazio», la «squadratura dei volumi», la «corteccia» che avvolge le figure.
Presente nelle grandi antologiche degli anni ottanta e novanta, l’opera entra nella Collezione Cerruti nel passaggio tra i due decenni, con la mediazione di Mitzi Sotis, già organizzatrice nel 1983, negli spazi della sua galleria romana, della mostra «Casorati. Opere 1914/1959», curata da Maurizio Fagiolo dell’Arco.
[Giorgina Bertolino]
Fig. 2. F. Casorati, Sera, illustrazione in Gobetti 1923.
1 Bertolino, Poli1995, rispettivamente pp. 225-226 n. 152, ill., 227 n. 154, ill., 218-219 n. 135, ill., 215- 216 n. 131, ill. Per la datazione del Ritratto di Maria Anna De Lisial 1919 si veda G. Bertolino, Come deve essere una sala da esposizione? La funzionedi Ca’ Pesaro nella carriera di Felice Casorati, in Portinari 2018, p. 119.
2 F. Casorati, Felice Casorati parla della sua vita, conferenza tenuta nell’Aula Magna dell’Università di Pisa, 26 maggio 1943, in Torino 1985a, pp. 20-21. Il corsivo è stato utilizzato nella trascrizione del 1985 per evidenziare «la stesura definitiva a matita su una o più varianti cancellate», Torino1985a, p. 14.
3 Il Bozzetto, citato nell’elenco delle opere (Venezia 1920, p. 20, n. 117) è identificabile con Sera o Sorelle, in Bertolino, Poli 1995, p. 227, n. 156, ill.
4 Zanzi 1921.
5 Gobetti 1920, pp. 233-235.
6 Gobetti 1923, p. 97.
7 Bertolino, Poli1995, pp. 280-282, n. 272, ill.
8 Casorati 1958, p. 67.
9 Ibid.