Mattino d'autunno

Vittorio Avondo

1884 c.
Olio su tela
47 x 66 cm
Anno di acquisizione 1984 c.


Inv. 0230
N. Catalogo A220


Provenienza

Esposizioni

Una stesura sapiente sfalda, quasi dissolvendola, la precisione dei contorni: il paesaggio appare avvolto nell’atmosfera vibrante del primo autunno che l’artista rende avvalendosi di tocchi di colore vivaci e lievi striature. 

 

Definito da Roberto Longhi artista «sottile e coltissimo», Avondo fu viaggiatore curioso, cultore di antichità appassionato e competente, oltre che interprete della vena più lirica e intima del paesaggismo piemontese. Di famiglia abbiente, compì gli studi a Vercelli rivelando un precoce interesse per la pittura. La sua formazione artistica prese avvio a Ginevra, dove ebbe modo di riconoscere l’alta qualità del paesaggismo di Antonio Fontanesi. Perfezionò i suoi studi a Roma dal 1857 al 1860-1861 e lì ebbe modo di incontrare Alfredo d’Andrade, Mariano Fortuny e Nino Costa. Proprio con d’Andrade, egli affrontò il restauro del castello di Issogne che aveva acquistato nel 1872 e che donerà allo Stato italiano nel 1907. In anni successivi, Avondo si distinguerà per altre impegnative operazioni di recupero e restauro di edifici storici, come Palazzo Silva a Domodossola (dal 1883) e Casa Cavassa a Saluzzo nel 1884. 

Mattino d’autunno sembra appartenere a questa fase matura della sua vita e ne testimonia la coerenza nella ricerca di un paesaggismo soffuso di poesia, dove una luminosità pacata è posta in risalto da un primo piano in ombra, secondo la lezione appresa da Fontanesi. Il motivo è incentrato sui tronchi sottili e sinuosi di due alberi le cui fronde disegnano una sorta di arabesco nell’azzurro del cielo. Sotto i loro rami, in controluce, si stagliano una figura femminile e, poco più in basso, quella di un uomo, entrambi immersi nell’incanto della natura: in piena luce è una barca che sta lasciando la riva. Sullo sfondo spicca la mole di un campanile, cui si collega un lungo edificio con il tetto di coppi rossi, e a poca distanza sono alcune costruzioni imbiancate a calce. 

Una stesura sapiente sfalda, quasi dissolvendola, la precisione dei contorni: il paesaggio appare avvolto nell’atmosfera vibrante del primo autunno che l’artista rende avvalendosi di tocchi di colore vivaci e lievi striature. Ed è anche questo gusto a suggerire una datazione avanzata, pur nella difficoltà determinata dalle pochissime opere datate. 

Un aiuto potrebbe provenire dal riuscire a individuare il luogo dove l’opera è stata realizzata. L’ipotesi che qui si suggerisce è che possa trattarsi di un motivo legato alla frequentazione dei dintorni di Saluzzo per i lavori di restauro di Casa Cavassa intorno al 1884. Su queste basi, l’imponente campanile potrebbe essere identificato con quello dell’abbazia di Staffarda, mentre il lungo fabbricato con il tetto in coppi rossi è parte ancora oggi del complesso abbaziale. Il corso d’acqua che si intravede è il Po, che passa vicinissimo a est, scorrendo tra l’abbazia e quella che oggi è la statale che porta a Pinerolo. 

Un ricordo personale di Annalisa Ferrari offre un’informazione utile per ricostruire la provenienza del dipinto. Ella ne rammenta l’acquisto direttamente a casa di Gustavo Rol, dove il ragionier Cerruti l’aveva visto e ne era rimasto affascinato; su queste basi l’acquisto dovrebbe essere avvenuto dopo il 1983-1984. 

Virginia Bertone