Marie-Thérèse triste

Mario Tozzi

1924
Olio su tela
27 x 22 cm
Anno di acquisizione post 1996


Inv. 0183
N. Catalogo A177


Provenienza

Bibliografia

In risposta alle avanguardie della capitale francese, Tozzi dichiara i modelli della sua pittura nel Rinascimento toscano, evidenti nella veste antica del ritratto «triste» della moglie, nella posa raffaellesca e nell’abbassamento dello psicologismo a una melanconia sospesa. 

 

La famiglia di Mario Tozzi, primo di cinque fratelli, si stabilisce poco dopo la sua nascita nel piccolo paese di Suna, sulle rive piemontesi del Lago Maggiore. Al termine della formazione artistica presso l’Accademia di Bologna, svolta dal 1913 al 1916 insieme a Giorgio Morandi e Osvaldo Licini, la guerra impegna duramente il pittore al fronte. Appena smobilitato, nel 1919 Tozzi sposa Marie-Thérèse Lemaire, una giovane parigina laureata in Lingua italiana, che aveva conosciuto a Suna fin dal 1907, e si stabilisce presso la famiglia della moglie nella capitale francese, in un’abitazione che si affaccia su Saint Germaindes- Prés. Mentre espone nei Salon parigini, Tozzi non perde i contatti con l’Italia, partecipa alle mostre italiane ed europee del gruppo di Novecento e dal 1927 scrive per la rivista «Le Arti Plastiche». Nel 1928 raduna con René Paresce gli «Italiens de Paris», un gruppo di pittori italiani residenti a Parigi che avrà composizione variabile in numerose esposizioni fino al 1932, e comprenderà fra gli altri Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Filippo de Pisis, Massimo Campigli e Gino Severini, con il sostegno di critici come Waldemar George. Dopo il ritorno a Roma nel 1935, l’intensa attività espositiva e istituzionale di Tozzi sarà interrotta solo negli anni cinquanta per un lungo periodo di malattia. 

Gran parte della prima produzione parigina di Tozzi è raccolta intorno al tema della semplice vita domestica, variato nei generi del ritratto, del paesaggio e della natura morta. Gli studi di rue Balanty a Parigi e della casa di campagna dei Lemaire a Lignorelles, in Borgogna, si animano della presenza intima e famigliare della moglie, della sorella Ninette e dal 1923 della figlia Francesca. A partire dalla fisionomia dolce di Marie-Thérèse, cui sono dedicati numerosi ritratti, Tozzi fissa in questi anni una tipologia femminile che rimarrà poi stabile nella sua produzione. Un Ritratto di Marie- Thérèse databile al 1920 (fig. 1) presenta dimensioni, posa e punto di vista analoghi all’opera che oggi appartiene alla Collezione Cerruti, datata invece al 1924. Il ritorno sullo stesso motivo e la lenta verifica delle soluzioni formali, che in questo caso porta all’abbandono del fondo paesistico, sono coerenti con una pittura ormai anti-impressionistica: «Sono molto lungo, ora, a lavorare e a certi quadri consacro centinaia di sedute [...]. Ora però ho preso la buona abitudine di fare parecchi disegni del motivo prima di attaccare la tela e mi sono accorto che tentenno meno [...]. Dunque studio, finisco, ricerco la forma, ma non copio superficialmente quello che vedo»1. In risposta alle avanguardie della capitale francese, Tozzi dichiara i modelli della sua pittura nel Rinascimento toscano, evidenti nella veste antica del ritratto «triste» della moglie, nella posa raffaellesca e nell’abbassamento dello psicologismo a una melanconia sospesa. Il classicismo di Tozzi non è d’altronde isolato o inattuale, come dimostra l’attenzione alle opere recenti di André Derain e soprattutto la riflessione sul linguaggio cézanniano che era fra i dettami del «ritorno all’ordine» europeo. Proprio nel 1924 sarà questo profilo, plastico e monumentale, a determinare il rientro di Tozzi sulla scena italiana nazionale, preparato dai contatti con artisti quali Gian Emilio Malerba e Campigli, con i quali Tozzi sarebbe poi stato inserito nel gruppo di Novecento. 

Rimasta presso la famiglia del pittore, l’opera passa al fratello più piccolo Arnaldo, che nel 1996 dona alcune opere importanti del fratello al Museo del Paesaggio di Verbania, molte delle quali risalenti ai primi anni venti: probabilmente nello stesso periodo l’opera passa sul mercato privato verbanese (Studio d’Arte Lanza) e milanese (Galleria Pace), per poi essere acquistata da Cerruti. 

Filippo Bosco

 

1 Lettera di M. Tozzi a A. Massara, 19 giugno 1921, in Pasquali 1988, vol. I, pp. 78, 79.

Fig. 1. M. Tozzi, Ritratto di Marie-Thérèse, 1920, olio su tela. Collezione privata.