Maddalena penitente

Benedetto da Maiano

1490 c.
Terracotta dipinta
143 x 35 x 30 cm
Anno di acquisizione 1981-1983


Inv. 0628
N. Catalogo A552


Provenienza

Bibliografia

«affatto nuda e coperta solo dai lunghi e folti capelli, che, stretti alla vita da una corda, le scendono fino al di sotto delle ginocchia»

 

Questa intensa immagine della Maddalena penitente, modellata in terracotta e dipinta, non versa in buono stato di conservazione. La figura è costellata da graffi e sfaldature della materia. Particolarmente evidenti sono le fratture negli avambracci e nel piano d’appoggio della base, ricomposte nel corso di vecchi restauri. L’odierna superficie pittorica è disomogenea, ricoperta di abrasioni e diffuse mancanze. Nella parte inferiore del prospetto sinistro, in prossimità del piede, è incollato un tondo di carta col numero «28» scritto a penna. 

L’opera proviene dalla chiesa di Santa Elisabetta delle Convertite a Firenze, edificata nel Trecento all’angolo tra via de’ Serragli e via del Campuccio, insieme all’annesso cenobio, adibito a ricovero per ex prostitute pentite1. In virtù di questa funzione, il plesso guadagnò il titolo di Santa Elisabetta e Santa Maria Maddalena «delle Convertite»2. Soppressa nel 1808, la struttura di via de’ Serragli fu adibita a scuola al tempo della restaurazione lorenese, per essere poi destinata ad altri usi professionali dopo il 18373

È documentabile che la Maddalena fittile, già malridotta, si trovava nella chiesa delle Convertite prima del 19124, quando fu deciso di restaurare l’edificio, destinato alle funzioni religiose dell’Istituto Pio X Artigianelli, inaugurato nel 19025

Le prime descrizioni dell’opera risalgono alle schede ministeriali del Catalogo generale dei monumenti e degli oggetti d’arte del regno, redatte tra il 1894 e il 1915, e rivedute nel 1939. In esse si fa esplicito riferimento a una «statua di terracotta colorita e verniciata» raffigurante «la figura di tutto rilievo e della grandezza del vero della Maddalena»6. La santa, descritta come «affatto nuda e coperta solo dai lunghi e folti capelli, che, stretti alla vita da una corda, le scendono fino al di sotto delle ginocchia», era ritenuta all’epoca una «riproduzione» antica (databile forse al xvi secolo) della famosa Maddalena in legno nella cappella Spini in Santa Trìnita, ricordata da Giorgio Vasari per essere stata lasciata incompiuta da Desiderio da Settignano7

Sconosciuta alla letteratura fiorentina, la Maddalena delle Convertite è registrata, alternativamente, dentro una «nicchia» o un «ripostiglio» entrando a destra nella chiesa, in luogo di una tela di Bernardino Poccetti raffigurante la Deposizione dalla croce8. Il compilatore della scheda ministeriale affermava di non conoscere la provenienza della scultura, ipotizzando, pertanto, un suo trasferimento in chiesa dall’adiacente cenobio9

Da una nota aggiunta a una descrizione dattiloscritta di Guido Carocci si ricava che la sacra immagine fu restaurata dalla Soprintendenza di Firenze in un anno ignoto all’estensore, e che i suoi avambracci, all’epoca «spezzati», «furono [...] evidentemente rifatti», essendo stati riparati con del «gesso»10. La mancata conoscenza di questi dati ha impedito sinora un’adeguata ricostruzione delle vicende della scultura oggi in Collezione Cerruti. Come generica opera «di cultura maianesca» la Maddalena è stata richiamata da Giancarlo Gentilini in un saggio sulle tecniche e le tipologie della scultura fiorentina in terracotta del Rinascimento11. Segue l’attribuzione a Francesco da Sangallo proposta da Francesco Ortenzi, con una datazione precedente o contigua al gruppo della Madonna col Bambino e sant’Anna scolpito per la chiesa di Orsanmichele a Firenze (1522-1526). Nel suo contributo Ortenzi fa riferimento a una ricevuta di pagamento, redatta su carta intestata della parrocchia di San Felice in Piazza, che attesterebbe l’avvenuta vendita della Maddalena nell’aprile del 1944. Lo studioso ha ipotizzato, pertanto, una provenienza della scultura dalla stessa chiesa12

Tuttavia, l’analisi dello stile pone la Maddalena delle Converite in sostanziale antitesi rispetto alla produzione di Francesco da Sangallo, arretrando la datazione tra la fine del nono e l’ultimo decennio del Quattrocento, in parallelo con il clima di austerità e fervore devozionale che a Firenze segna l’ascesa e il conseguente declino di fra’ Girolamo Savonarola13. Del resto, già Federico Zeri aveva classificato la terracotta tra gli anonimi fiorentini del XV secolo. Lo studioso, che registrò il passaggio dell’opera dal mercato antiquario di Milano nel 1981, collegò la figura con la più antica e perduta «Madalena di rilievo grande chome naturale chon una basa da pie’» presa in consegna da Neri di Bicci, il 30 ottobre 1455, per una coloritura richiesta dall’abate di San Felice in Piazza14

Prima che le recenti ricerche dimostrassero la presenza della Maddalena nella chiesa delle Convertite, a far data almeno dal 189415, l’appartenenza della scultura a San Felice in Piazza risultava quantomeno plausibile. 

Purtroppo, dall’Archivio della Collezione Cerruti non sono emerse notizie sulle vicende dell’opera dopo la vendita del 1944. L’unico riferimento si ricava da un inventario datato 30 giugno 1993, un utile terminus ante quem per l’ingresso dell’opera nella raccolta d’arte piemontese. L’elenco registra la Maddalena «su una piccola cassapanca gotica» nel salone rettangolare al primo piano della villa di Federico Cerruti a Rivoli, rubricandola come «statua lignea donatelliana»16

La scultura oggi a Rivoli si inserisce nell’illustre tradizione iconografica delle Maddalene fiorentine del Quattrocento, che, dal perduto prototipo in legno scolpito da Brunelleschi per Santo Spirito (distrutto da un incendio nel 1471) alla Maddalena di Donatello, passando per l’esemplare di Santa Trìnita (fig. 1), giunge alla versione dipinta da Antonio del Pollaiolo nella pala di Staggia Senese (1460 c.), e alla misteriosa «Maddalena in penitenza di terra, alta braccia tre e mezzo», ricordata da Vasari in Santa Felicita, nella Vita di Antonio Filarete, e da lui attribuita a Simone scultore, il fantomatico fratello di Donatello17

Fig. 1. Desiderio da Settignano, e poi Nanni Grosso (Giovanni d’Andrea di Domenico), Santa Maria Maddalena, 1458-1459 e 1490 c. Firenze, Santa Trinita, Cappella Spini.

Sul piano stilistico, la Maddalena Cerruti svela una concezione figurativa ancora pienamente tardoquattrocentesca: una conclusione sollecitata tanto dai nessi ancora stretti con gli esempi richiamati, quanto da una profonda e concreta incompatibilità con lo stile di Francesco da Sangallo18. La scultura rivela una modellazione e una propensione naturalistica coerenti con la produzione di Benedetto da Maiano. Rivedendo il problema sotto questa luce, se ne colgono le corrispondenze con le testimonianze realizzate dal maestro verso l’ultimo quarto del Quattrocento. In particolare, i connotati fortemente realistici del volto della santa, esasperati dalla natura devozionale del soggetto, richiamano alla mente le teste realizzate dall’artista nei suoi ritratti intorno al 1475, o in alcune sue figure databili tra il nono e l’ultimo decennio del Quattrocento, come il San Giovanni evangelista dell’altare Correale nella chiesa di Monteoliveto a Napoli (fig. 2), e il suo modello in terracotta oggi nel Saint Louis Art Museum, in Missouri, o ancora il più tardo Dio Padre benedicente in marmo nella pieve di San Severo a Legri, vicino Calenzano (Firenze), databile negli ultimi anni di vita di Benedetto. 

Fig. 2. Benedetto da Maiano, San Giovanni evangelista, 1489-1491. Napoli, Santa Maria di Monteoliveto, Cappella Correale di Terranova.

Coerente con lo stile del maestro è, poi, la modellazione dei lunghi capelli della santa, il cui andamento lineare, a ciocche ondulate, palesa corrispondenze con i moduli adottati dall’artista nelle chiome del ritratto in profilo di Mattia Corvino a Budapest (Szépművészeti Múzeum, esposto nella Nemzeti Galéria), nelle fiamme del rilievo con la prova di san Francesco d’Assisi davanti al sultano, scolpito per il pergamo Mellini in Santa Croce (1481-1487), nella barba e nei capelli del citato Evangelista Correale, e nelle capigliature dei tardi Crocifissi lignei di Santa Maria Nuova ad Ancarano (Norcia) e di Santa Maria del Fiore a Firenze. I confronti si estendono, inoltre, all’impianto generale della figura, e in particolare delle gambe, caratterizzate sotto ai ginocchi da una struttura analoga a quella riscontrabile nel San Giovanni Battista Correale (1489- 1491, fig. 3), e nei menzionati Crocifissi della maturità19

Ammettendo la provenienza della Maddalena dal complesso di Santa Elisabetta, dovremo ipotizzare che l’opera sia stata commissionata in coincidenza dei lavori di rinnovamento che interessarono la struttura a partire, anzitutto, dal 149020, con la realizzazione, fra le altre cose, dell’omonima pala botticelliana «delle Convertite», divisa oggi tra il Courtauld Institute di Londra e il Philadelphia Museum of Art in America. 

Gianluca Amato

 

1 Si trattò perlopiù di ex prostitute evangelizzate dal beato Simone Fidati da Cascia, sacerdote dell’Ordine degli eremitani di Sant’Agostino, morto a Firenze nel 1348. Si veda Richa 1754-1762, vol. IX, 1761, pp. 89-96.

2 Paatz 1940-1954, vol. II, pp. 30-40, in part. pp. 30, 32-33, 35; Amato c.d.s.

3 Ibid.

4 Ibid.

5 Per dei ragguagli sui restauri si veda D. Mignani, Il complesso architettonico di Santa Elisabetta, in La chiesa di Santa Elisabetta 1996, p. 6.

6 Per le relative referenze d’archivio si veda Amato c.d.s.

7 Ibid. Vasari errò nel riferire il compimento della scultura di Santa Trìnita a Benedetto da Maiano. Come hanno dimostrato i documenti, l’intaglio, concepito da Desiderio nel 1458-1459, venne ultimato verso il 1490 da Giovanni d’Andrea di Domenico, «gharzone» di Verrocchio, ora identificato plausibilmente con Nanni Grosso (F. Caglioti, Verrocchio scultore: la formazione, i generi figurativi, gli allievi, i seguaci, in Caglioti, De Marchi 2019, pp. 45, 46).

8 Amato c.d.s.

9 Ibid.

10 Ibid.

11 G. Gentilini, La scultura fiorentina in terracotta del Rinascimento: tecniche e tipologie, in Vaccari 1996, p. 95. All’epoca la scultura si trovava già a Torino in Collezione Cerruti (si veda nota 16).

12 Ortenzi 2006-2007, pp. 50-53, fig. 51. Nell’archivio parrocchiale di San Felice in Piazza non sopravvive traccia di tale vendita, avvenuta a un anno dalla fine della Seconda guerra mondiale, dopo l’emanazione della legge Bottai del 1939: la prima a disciplinare la tutela delle «cose di interesse artistico e storico».

13 Amato 2012, p. 109 nota 42, p. 122 fig. 110.

14 Ibid. Si veda Fototeca Zeri, Scultura italiana 025, fasc. 3, scheda n. 74329, inv. 145057. Sulla perduta Maddalena «di rilievo», pagata nel 1455, si vedano le Ricordanze di Neri di Bicci (Neri di Bicci 1976, pp. 39, 40, 467).

15 Amato c.d.s.

16 Archivio Collezione Cerruti, Inventario dei mobili, dipinti, sculture, argenti tappeti, maioliche, porcellane e oggetti d’arte che si trovano nella villa di Rivoli alla data 30.06.1993.

17 Vasari 1966-1997, vol. III, p. 246; Amato c.d.s.

18 Amato 2012, p. 109 nota 42.

19 Per i richiami alle opere di confronto si veda Amato

c.d.s. (con bibliografia).

20 Circa la datazione di tali interventi, conclusi nel 1494, si vedano Paatz 1940-1954, vol. II, p. 30; D. Mignani, Il complesso architettonico di Santa Elisabetta, in La chiesa di Santa Elisabetta 1996, p. 5; A. C. Blume, Botticelli’s Commission for Sant’Elisabetta delle Convertite and the Courtauld Trinity, in Jones, Matthew 2001, p. 27.

Fig. 3. Benedetto da Maiano, San Giovanni Battista, 1489-1491. Napoli, Santa Maria di Monteoliveto, Cappella Correale di Terranova.