Lot e le figlie

Simone Cantarini

1637 c.
Olio su tela
108,2 x 148 cm
135,5 x 175,5 x 5,5 cm
Anno di acquisizione 2000


N. Catalogo A34
Inv. 0042


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

La tela con Lot e le figlie della Collezione Cerruti è una delle opere più significative del catalogo di Simone Cantarini e illustra in modo esemplare i termini della sua adesione allo stile maturo di Guido Reni alla metà del quarto decennio del Seicento.

 

Simone Cantarini nasce a Pesaro nel 1612 e si forma alla bottega di Claudio Ridolfi. L’artista approfondisce la sua cultura artistica guardando con attenzione anche alle opere di altri autori, come Federico Barocci, Orazio Gentileschi e Giovan Francesco Guerrieri da Fossombrone, di cui assimila gli aspetti stilistici più significativi reinterpretandoli con personalità.

La vera svolta della sua carriera si compie tuttavia soltanto in seguito, grazie all’incontro con Guido Reni, che avviene prima attraverso le opere del bolognese giunte nelle Marche, come la pala con la Madonna con il Bambino e i santi Tommaso e Girolamo della Cattedrale di Pesaro (Roma, Pinacoteca Vaticana), poi grazie al suo ingresso nella bottega dell’artista emiliano all’inizio degli anni trenta del Seicento. Il praticantato di Cantarini si dimostra fruttuoso per il suo intelligente avvicinamento al linguaggio tardo di Reni, ma viene bruscamente interrotto a causa del carattere ostile del pesarese, descritto da Malvasia come «altiero molto, e satirico non meno che per proprio istinto, e natura, per motivo e istigazione degli adulatori, quali per proprio interesse, eccedendo nel lodarlo, e solo studiando di compiacerlo, fomentavano questo suo genio, e lo lasciavano senza riparo traboccar tal volta negli eccessi della presunzione, e della maldicenza»1.

I forti dissapori lo costringono ad allontanarsi da Bologna, per rientrarvi solo dopo la morte di Reni, nel 1642, quando avvierà una bottega in cui si formeranno artisti come Lorenzo Pasinelli e Donato Creti. La tela con Lot e le figlie della Collezione Cerruti è una delle opere più significative del catalogo di Simone Cantarini e illustra in modo esemplare i termini della sua adesione allo stile maturo di Guido Reni alla metà del quarto decennio del Seicento. Come ha già sottolineato Raffaella Morselli2, il pittore riesce infatti a reinterpretare il tema «svolgendolo secondo un’impronta personalissima che coniuga la materia filante della postrema maniera del Reni con le meditazioni sulle stesure a campi larghi del Barocci, il tutto costruito secondo una geometria di diagonali che fanno dell’opera un capolavoro di assoluta sorpresa».

L’estrema vicinanza al maestro emiliano e la qualità dell’opera hanno indotto in un primo momento gli studiosi ad attribuire la tela direttamente a Reni. Si ricordano a questo proposito i pareri di Luciano Cuppini3 e la presenza del dipinto alla mostra dedicata all’emiliano del 19544. I segni della personalità di Cantarini sono stati colti da Roberto Longhi, Hermann Voss5, Hugh Hounour6 e Daniele Benati7, che ha evidenziato «il sottile dissidio» tra l’inclinazione «sostanzialmente naturalistica» di Cantarini e «l’ideale dettato reniano». Come ricordano anche le fonti antiche il pesarese ha affrontato questa storia veterotestamentaria a più riprese in disegni e dipinti, in un’inquieta e continua ricerca del perfezionamento formale8.

[Simone Mattiello]

 
 

1 M. Cellini, La biografia di Simone Cantarini nei documenti e nelle fonti, in Bologna 1997-1998, p. 397.

2 R. Morselli, cat. I.23, in Bologna 1997-1998, pp. 114-115.

3 Cuppini 1952, p. 267, tav. 14.

4 Bologna 1954, cat. 66, p. 123.

5 M. Ferretti, Da Guido Reni a Guercino: Le mostre bolognesi dal 1954 al 1968, in Di Macco, Dardanello 2019, pp. 186, 187.

6 Hounour 1954, pp. 268, 269.

7 D. Benati, Cantarini Simone, in Gregori, Schleier 1989, vol. II, p. 665.

8 A. Mazza, cat. 133, in Bologna-Washington-New York 1986-1987, pp. 402-403.