Les tendresses cruelles

Le tenerezze crudeli

Giorgio de Chirico

1926
Pastello su tela
100 x 80 cm
Anno di acquisizione 1983 ante


Inv. 0102
N. Catalogo A94


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Il tema è quello metafisico per eccellenza, i manichini, riproposti ora in chiave «romantica» all’interno di stanze in cui gli assembramenti di oggetti, spesso sostituiti da edifici antichi, sgorgano dalle viscere stesse delle figure.

 

Deluso dall’ostilità della critica italiana verso la pittura metafisica, alla fine del 1925 Giorgio de Chirico si trasferisce da Roma a Parigi, dove resterà sei anni. Vi arriva con la compagna, Raissa Gurevič, un’attrice e ballerina ucraina conosciuta nell’ambito del lavoro teatrale per l’opera-balletto La morte di Niobe, musicata dal fratello Alberto Savinio. Il ritorno a Parigi inaugura un periodo di grandi e nuove ispirazioni, paragonato dalla critica al primo periodo metafisico (1911-1919). 

Questa nuova fase creativa fu stimolata dal clima favorevole, seppur minato da profonde incomprensioni, che aveva convinto il pittore a tornare nella capitale francese, dove, dalla fine della guerra, la sua pittura riscuoteva un enorme successo intellettuale e commerciale grazie all’interessamento dei futuri surrealisti, eredi spirituali di Apollinaire. L’alleanza iniziale tra de Chirico e il gruppo capeggiato da André Breton è testimoniata dalle celebri foto di Man Ray in cui il pittore italiano presiede alle attività del neonato movimento nel quartier generale di rue de Grenelle1. Il rinnovato entusiasmo di de Chirico per Parigi è evidente dai suoi scritti del periodo: «Come Atene ai tempi di Pericle, Parigi è oggi la città per eccellenza dell’arte e dell’intelletto. È lì che ogni uomo degno del nome d’artista deve pretendere il riconoscimento del suo valore»2

Proprio nel 1925, però, i surrealisti iniziarono a criticare l’artista per il suo ritorno alla tradizione italiana, che essi considerarono come un voltafaccia reazionario all’Avanguardia. Nel 1926, l’anno in cui Les Tendresses cruelles fu dipinto, la rottura con il surrealismo ortodosso di Breton, da tempo annunciata, divenne inevitabile e inesorabile con la riproduzione «sfregiata» di un recente quadro di de Chirico nella rivista del gruppo La Révolution surréaliste3

A partire dal 1922 de Chirico, svincolatosi dai rapporti che dal 1919 lo legavano a Mario Broglio, fondatore della rivista «Valori plastici» e dell’omonima collezione, rinnova i propri rapporti commerciali con Paul Guillaume, che quell’anno gli offrì la tanto agognata personale, nel cui catalogo Breton decretò il ruolo fondamentale del pittore e del fratello nella creazione di «una vera mitologia moderna»4. Poco prima del trasferimento a Parigi, de Chirico si legò anche a Léonce Rosenberg, il gallerista del Cubismo tra le due guerre, che nel maggio 1925 presentò le opere recenti del pittore. De Chirico divise la sua nuova produzione tra i due galleristi. Nel gennaio 1926, firmò un contratto con Guillaume con cui s’impegnava a fornirgli metà dei nuovi quadri, riservandogli «per un anno a partire da questo giorno la prima visione dei dipinti che farò in questo lasso di tempo»5. Les Tendresses cruelles è uno di essi. Compare, per la prima volta, nella personale organizzata da Guillaume nel giugno 1926, per la quale il dottore e collezionista di Filadelfia Albert Barnes (1872-1951, già proprietario della Composizione metafisica del 1916 in collezione) scrisse la prefazione al catalogo, difendendo la recente produzione classicista di de Chirico6. Quello stesso anno Barnes sarà ritratto dall’artista seduto con alle spalle un quadro a soggetto simile (fig. 1). Il tema è quello metafisico per eccellenza, i manichini, riproposti ora in chiave «romantica» all’interno di stanze in cui gli assembramenti di oggetti, spesso sostituiti da edifici antichi, sgorgano dalle viscere stesse delle figure. Le coppie di manichini, per lo più asessuati e in posa simile a quelle della pietà cristiana, rivelano la ricerca di legami intimi e di certezze famigliari in quello che de Chirico chiama il «grande abbraccio di pietra» di una Parigi «materna»7

Il titolo del quadro fu scritto a mano, probabilmente da Guillaume, sul retro della cornice originale, che è stata riportata alla luce, insieme al telaio, durante un intervento recente8. Lettere spazientite di de Chirico al mercante c’informano che stava continuando la prassi, inaugurata da Apollinaire prima della guerra e sicuramente ispirata dagli scritti di de Chirico stesso, di attribuire ai suoi quadri titoli poetici e letterari. Negli anni venti, de Chirico, a cui anche i surrealisti attribuivano ormai titoli arbitrari, rivendica fermamente il diritto di battezzare le proprie opere con titoli più descrittivi e, come scrive, meno «abracabranti»9

Les Tendresses cruelles fece parte della collezione dello scrittore André Pieyre de Mandiargues, vicino al Surrealismo e marito di Bona Tibertelli, nipote del pittore ferrarese Filippo de Pisis (Luigi Filippo Tibertelli), che de Chirico frequentò assiduamente a Ferrara durante la guerra e con cui alla fine degli anni venti, a Parigi, rinnovò, approfondendola, l’amicizia. 

L’opera entra a far parte della Collezione Cerruti prima del 1983. 

Silvia Loreti

 

1Riprodotte sulla copertina del primo numero de «La Révolution surréaliste», 1 dicembre 1924.

2G. de Chirico, Vale Lutetia (febbraio 1925), in De Chirico 1985, p. 271.

3Breton 1926, p. 32.

4Nonostante il progetto evidenziato dalla corrispondenza con Guillaume del 1915-1916, de Chirico deve attendere il 1922 perché il mercante gli offra una mostra personale nella sua galleria (21 marzo - 1 aprile).

5Fagiolo dell’Arco, Baldacci 1982, p. 206.

6Parigi 1926.

7G. de Chirico, Salve Lutetia (1927), in De Chirico 1985, p. 276.

8Ringrazio la restauratrice Luisa Mensi per aver generosamente condiviso i risultati del suo lavoro.

9Lettera a Jean Cocteau (1 aprile 1931), in Fagiolo dell’Arco, Baldacci 1982, p. 581.

Fig. 1. G. de Chirico, Dr. Albert C. Barnes, 1926, olio su tela. Filadelfia, Barnes Foundation.