L'Arte e lo spazio. Quattro illustrazioni per uno scritto di Martin Heidegger (3)
Giulio Paolini
1983
Libro rilegato, fotolitografia, frammenti di gesso
25,5 x 36 cm
Anno di acquisizione 2000-2005
Inv. 0157
N. Catalogo A150
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
«Come se il procedere della scrittura (e della lettura) producesse, pagina dopo pagina, il deposito materiale dei frammenti di gesso (è sulla scultura che il testo indaga e riflette, come luogo o eventualità stessa della forma): fino a confondere, a dissolvere, i due elementi, fino insomma a trasformare il testo in scultura».
Le opere di Giulio Paolini sono come specchi attraverso i quali l’arte riflette su se stessa, sulle proprie strutture materiali e teoriche. Dagli esordi, Paolini riconosce l’opera come parte di una serie infinita, che include quelle che la precedono e prefigura quelle che seguiranno, definendo l’artista quale contemplatore privilegiato. La sua prima opera documentata è Disegno geometrico, 1960. Definito da Paolini come «un quadro che annuncia ma non si compie»1, consiste in una tela di iuta grezza, dipinta con bianco di zinco mescolato a vinavil sulla quale egli agisce con inchiostro di china nero e rosso. Come riferito a Germano Celant nel 1972, il lavoro consiste nella «scelta di copiare su una tela, nella giusta proporzione, il disegno preliminare di qualsiasi disegno, cioè la squadratura geometrica della superficie»2. «La ricerca - aggiunge ancora l’artista nel 1973 - è tesa verso immagini assolute, inerenti alla natura stessa della tela e all’impiego di una tecnica elementare: colori a tempera, inchiostri ecc. (la squadratura geometrica della superficie pittorica, la campitura monocroma, il ricalco di una carta quadrettata, il disegno di una lettera, una scala cromatica)»3. L’attenzione alle basi materiali del fare artistico si estende agli spazi ad esso peculiari, come l’atelier e il luogo espositivo, museo o galleria, quali condizioni attraverso le quali l’arte si realizza e si mette in scena. Logicamente, nel lavoro di Paolini ricorrono citazioni: alimentando un ciclo inesauribile, così come riposiziona le proprie opere in nuovi contesti, l’artista utilizza frammenti estratti dal grande catalogo della storia dell’arte, identificando il tempo quale situazione sospesa che si compie in un rinnovato presente. Le tematiche indagate da Paolini lo pongono tra gli anticipatori delle ricerche promosse in ambito concettuale a livello internazionale, e la sua radicalità lo distingue tra i pionieri del gruppo dell’Arte povera. Nella Collezione Cerruti sono presenti due opere dell’artista: Ebla (1976-1977) e L’arte e lo spazio. Quattro illustrazioni per uno scritto di Martin Heidegger (3) (1983).
L’arte e lo spazio. Quattro illustrazioni per uno scritto di Martin Heidegger (3) è un libro composto da pagine bianche rilegate, tenute aperte da cocci in gesso. L’opera è la terza di quattro originali realizzati da Paolini nel medesimo anno per produrre altrettante illustrazioni a corredo di una versione italiana di L’arte e lo spazio (1969) di Martin Heidegger, testo incentrato sulla scultura e sull’enigmatica relazione tra un corpo scolpito e lo spazio che esso occupa e contiene4. Le varianti dell’opera di Paolini si distinguono per il numero dei cocci che tengono aperte le pagine e la loro diversa posizione, succedendosi fino a un quarto del libro, a metà, a tre quarti (cosa che avviene nel caso dell’opera in collezione) per aprirne poi tutte la pagine nella quarta versione, come a suggerire lo svolgimento nel tempo di una lettura. I gessi si avvicendano sempre in modo da culminare in una doppia pagina che ospita una riproduzione fotografica in bianco e nero del libro bianco, aperto in posizione similare alla variante stessa. Nella fotografia che connota l’opera in collezione è presente sulla destra una mano in gesso, ritratta nell’atto di tenere il libro aperto sino ai suoi tre quarti (fig. 2). Tautologicamente, l’indagine sulla scultura condotta dal testo del filosofo tedesco diventa nell’opera di Paolini una palpabile sequenza di frammenti scultorei di spazio che vanno a inserirsi negli interstizi delle pagine, quasi che lo svolgersi del testo scritto si materializzi nell’atto della lettura. Spiega l’artista: «Come se il procedere della scrittura (e della lettura) producesse, pagina dopo pagina, il deposito materiale dei frammenti di gesso (è sulla scultura che il testo indaga e riflette, come luogo o eventualità stessa della forma): fino a confondere, a dissolvere, i due elementi, fino insomma a trasformare il testo in scultura»5. L’opera è stata prevalentemente custodita da Cerruti negli uffici della sua legatoria, in via Ludovico Bellardi a Torino.
La presenza di Ebla e L’arte e lo spazio, tra le opere più recenti in collezione, documenta l’estensione degli interessi del collezionista fino al periodo contemporaneo. Anche se acquisite da Cerruti senza che Giulio Paolini ne fosse al corrente, queste opere forniscono uno spunto per accennare al cerchio di conoscenze allargato relativo ad alcuni membri delle due famiglie. Agente di commercio per alcune cartiere, il padre dell’artista, Angelo Paolini, era in contatto lavorativo con gli uffici della Lit e si recò più volte personalmente da Cerruti. In breve «la genovesità», come ricorda Paolini riferendosi alle comuni origini liguri, trasformò il rapporto lavorativo in una conoscenza più stretta, a sua volta stimolando un’amichevole frequentazione tra la madre del ragioniere e quella dell’artista, senza però arrivare a coinvolgere direttamente artista e collezionista6.
Marcella Beccaria
1 G. Paolini, (scritto inedito), 2003, in Milano 2003a, p. 261.
2 Celant 1972, p. 15. Su Disegno geometrico si veda anche Belloni 2019. L’autore riconduce l’opera a una tavola grafica del manuale tecnico di Cesare Torricelli Disegno Geometrico e Geometria Grafica (pp. 27 e sgg., Torino 1943) presente nella biblioteca dell’artista ed ereditato dal fratello Cesare.
3 G. Paolini, Note di lavoro, in Milano 2003a, p. 38.
4 Heidegger 1983. Edita in 250 esemplari, la pubblicazione è corredata da quattro tavole illustrate di Giulio Paolini e una nota introduttiva di Gianni Vattimo. Le quattro tavole originali sono anche state pubblicate in una edizione speciale di 50 esemplari, Giulio Paolini. Quattro tavole originali per L’arte e lo spazio di Martin Heidegger, Torino 1983.
5 La nota, non datata e conservata nello studio dell’artista, risale presumibilmente a una richiesta del collezionista.
6 Conversazione con l’artista, Torino, 3 settembre 2020. Paolini ricorda di essersi recato all’inizio degli anni duemila a Villa Cerruti per visitare la collezione in compagnia di Ida Gianelli. Si ringraziano Bettina Della Casa, Studio Giulio Paolini, e Maddalena Disch, Fondazione Giulio e Anna Paolini, per le preziose informazioni fornite.
Fig. 1. M. Heidegger, L’arte e lo spazio, tav. 3, Torino 1983, courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino.

