La Signora Cagnoli (La cognata di Tranquillo Cremona) (Ritratto di Elisa Cagnoli) (La Signorina Cagnoli)

Daniele Ranzoni

1880
Olio su tavola
51x 24 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0226
N. Catalogo A216


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

La giovane donna è rappresentata a figura intera contro uno sfondo neutro e completamente privo di riferimenti spaziali, invaso da una luminosità avvolgente e vaporosa che esalta l’incarnato roseo e fa splendere la stoffa azzurrina dell’abito. 

 

Nel novembre 1868, dopo un’iniziale formazione tra le aule dell’Accademia di Brera e quelle dell’Albertina a Torino, seguita da una parentesi di intensa attività pittorica nella natia Intra, Daniele Ranzoni si stabilisce a Milano, dove riprende subito i contatti con il pittore Tranquillo Cremona, cui è legato da una sincera amicizia, e con gli ambienti della «bohème» scapigliata. Nel contempo prende a frequentare assiduamente il Lago Maggiore, ospite delle facoltose e colte famiglie dell’aristocrazia internazionale che gli offrono lavoro come ritrattista e insegnante. I rapporti che più contano, anche sul piano umano, sono quelli con i principi Troubetzkoy, che gli mettono a disposizione uno studio nella loro villa di Ghiffa e nel 1873 lo assumono come maestro dei figli. È proprio in questo ambiente che l’artista scopre quella vocazione di «society painter» che per due anni, fra il 1877 e il 1879, lo porta a vivere nella campagna inglese del Somerset e ad affermarsi come ritrattista presso la gentry e la nuova borghesia, senza però ottenere gli sperati riconoscimenti ufficiali1. Nel settembre 1879, provato dalla mancanza degli affetti e amareggiato dopo essersi visto rifiutare i dipinti presentati alla mostra d’estate della Royal Academy, egli fa così ritorno in patria, dove riprende a lavorare tra Intra e Milano per la raffinata classe di illuminati collezionisti lombardi che non lo abbandona malgrado l’aggravarsi della malattia mentale che lo affligge. Risale a quest’ultimo periodo della sua attività l’esecuzione di questo piccolo ma intenso ritratto femminile su tavola, databile al 1880, anno di grande creatività per Ranzoni, che partecipa all’esposizione di Brera con ben tredici opere, tutte eseguite su commissione. Il dipinto, con ogni probabilità tra quelli esposti alla postuma milanese del 1890, come lascia supporre la presenza a tergo di un contrassegno in ceralacca e di un timbro della Società Permanente delle Belle Arti riconducibili a tale mostra2, fu riscoperto in occasione della mostra del centenario3, stando a quanto scrive Anne Paule Quinsac4. Controversa è la storia collezionistica: attribuito in passato a Cremona, potrebbe essere stato confuso, come ipotizza Quinsac, con un secondo quadro di medesimo soggetto ma di maggiori dimensioni, del quale però non è certa l’esistenza, menzionato nella monografia su Ranzoni edita nel 1911 da Alfieri e Lacroix come «Ritratto di una cognata del Cremona. Grande olio. Propr. on. G. Gallina Milano»5, dove però è la nostra tavoletta a essere riprodotta. Sicura è invece l’identificazione della ritrattata: Elisa Cagnoli, cognata del pittore Cremona e modella negli anni settanta di molti suoi quadri e acquerelli, da Costume di Sarzana a High Life, al celeberrimo L’Edera (1878) della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. La bella Elisa, che insieme alla sorella Carlotta s’era spostata da Sarzana a Milano per studiare il bel canto (lo scrittore pavese Carlo Dossi la ricorderà nelle Note azzurre come uno dei suoi casti amori di gioventù) è anche il soggetto di un acquerello, sempre di Cremona, che la raffigura all’interno di uno studio fotografico6 (fig. 1), nella stessa posa compassata con cui la ritrae anche Ranzoni, servendosi probabilmente di una fotografia. 

La giovane donna è rappresentata a figura intera contro uno sfondo neutro e completamente privo di riferimenti spaziali, invaso da una luminosità avvolgente e vaporosa che esalta l’incarnato roseo e fa splendere la stoffa azzurrina dell’abito. Come in altri ritratti femminili del medesimo periodo, la pennellata che definisce gli elementi del vestiario e dell’acconciatura è libera e sciolta, mentre il viso è costruito da una fitta tessitura di piccole tacche di colore, quella che al critico Luigi Chirtani, tra i primi a sottolineare l’originalità e la qualità del linguaggio pittorico di Ranzoni, appare una sorta di «stoffa di pittura preziosa, dove non c’è un tocco volgare o grossolano»7. Già nella raccolta dell’avvocato e onorevole Giacinto Gallina (1863- 1928), il dipinto non andò disperso con questa, venduta all’asta nel novembre 1931 presso la Galleria Scopinich di Milano, ma rimase in possesso della figlia Anna Maria Turri che poi lo cedette, prima del 1941, al torinese Sebastiano Sandri, appassionato raccoglitore di arte dell’Ottocento. Insieme ad altre opere di questa collezione è infine confluito, in data imprecisata ma certamente dopo il 1974 (si vedano sch. pp. 552, 556, 578, 600, 606, 630), tra i beni custoditi da Francesco Federico Cerruti nella sua villa a Rivoli. 

Monica Tomiato 

 

1 Quinsac 1997, p. 23. 

2 Ringrazio Elisabetta Staudacher per l’informazione. 

3 Milano 1989c, fuori catalogo. 

4 Quinsac 1997, p. 182, n. 261. 

5 Daniele Ranzoni 1911, p. 43, n. 23. 

6 Bossaglia 1994, p. 178, n. 193. 

7 L. Chirtani 1880, in Milano 2017, p. 86.  

Fig. 1. D. Zani, stampa fotografica alla gelatina bromuro d’argento, 1929, riproduzione dell’acquerello Dal fotografo di Tranquillo Cremona, già in Collezione Anna Maria Turri Gallina. Milano, Raccolte grafiche e fotografiche del Civico Castello Sforzesco.