La nature à l'aurore

La natura all’alba

Max Ernst

1936
Olio su cartone
24 x 33 cm
Anno di acquisizione 1995-1999


Inv. 0112
N. Catalogo A104


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

«Una foresta tranquilla e al medesimo tempo inquietante. Nella foresta, l’eremita. Le foglie del faggio dipinte, a una a una, con una pignoleria meticolosa (quasi) demoniaca [...]. Sprofondato in un libro: il monaco. Talmente sprofondato che quasi, per così dire, scompare dalla scena. Resta soltanto il libro, ciò che contiene, un segreto, un nulla. Il piccolo Max ne è sconvolto». 

 

Accade spesso, nella biografia di Max Ernst, che il dato reale si mescoli a un racconto di carattere iniziatico: così l’infanzia, descritta attraverso pochi ma sintomatici episodi, contiene in sé i tratti essenziali della futura carriera di pittore. 

Uno tra i passaggi più citati delle Note per una biografia è quello della folgorazione provata dall’artista, all’epoca bambino, di fronte a un acquerello del padre Philippe raffigurante il monaco Cesario di Heisterbach in eremitaggio nel bosco: 

«Una foresta tranquilla e al medesimo tempo inquietante. Nella foresta, l’eremita. Le foglie del faggio dipinte, a una a una, con una pignoleria meticolosa (quasi) demoniaca [...]. Sprofondato in un libro: il monaco. Talmente sprofondato che quasi, per così dire, scompare dalla scena. Resta soltanto il libro, ciò che contiene, un segreto, un nulla. Il piccolo Max ne è sconvolto»1

Alla visione dell’acquerello fece seguito il desiderio di definire la foresta, in quanto ambiente psico-sociale, e le sue contraddizioni. In sintonia con il concetto romantico di sublime, la natura, da semplice fondale, si trasforma in categoria estetica2: «Il meraviglioso piacere di respirare a proprio agio in un vasto spazio e, d’altro lato, la sensazione angosciosa di essere rinchiuso nella prigione formata dagli alberi attorno. Fuori e dentro, al medesimo tempo. Libero e prigioniero»3

Alla metà degli anni trenta, dopo aver pubblicato sulla rivista «Minotaure» un breve saggio dal titolo Les Mystères de la forêt4, Ernst ritornò con insistenza sul tema, riscoprendo l’entusiasmo giovanile per la pittura di Henri Rousseau, ammirata per la prima volta nel 1912 alla mostra dei Sonderbund a Colonia. In dialogo con i dipinti del Doganiere, si pongono i colori intensi, le forme lussureggianti della vegetazione, gli orizzonti alti e la generale sensazione di claustrofobia. Gli animali si nascondono nell’intrico di tronchi e fogliame, mentre l’uomo, quasi del tutto assente, è privato della sua supremazia5. L’erotizzazione dell’immagine, sconosciuta alla pittura naïve del francese, appare, invece, con insistenza nei dipinti di Ernst: feroci figure ibride, dalle sembianze di mantidi religiose, popolano il sottobosco, a ricordo dell’interesse che gli insetti suscitavano, soprattutto nell’ambiente surrealista, per le analogie riscontrabili tra i loro comportamenti e quelli dell’uomo. 

Sul numero di «Minotaure» del maggio 1934, lo stesso in cui Ernst dava alle stampe il breve scritto sulla foresta, il sociologo, antropologo e critico letterario Roger Caillois pubblicava un saggio, divenuto poi celebre, sulla mantide religiosa e sull’eccezionalità del suo atto riproduttivo6. Seguiva, nel giugno 1935, sulle pagine della stessa rivista, l’eccentrico contributo, sempre a firma Caillois, Mimétisme et psychasthénie légendaire, in cui la natura del mimetismo era commentata in funzione dell’esperienza visiva dell’insetto, evitando così una lettura antropocentrica di questo ambito di organizzazione naturale7. Nell’interpretazione di Caillois, così come nella visione ernstiana della foresta, è proprio la scomparsa dei confini tra interno ed esterno ad assumere rilevanza. La perdita del possesso di sé e la minaccia della fusione con l’ambiente circostante sono evidenti nell’immagine di una natura che sembra fagocitare tutto ciò che la abita. 

La nature à l’aurore della Collezione Cerruti condivide, con altri due dipinti del 1936, il titolo e le dimensioni8. Il piccolo cartone mostra, di fronte a un cielo dai colori lisergici, il blow up di un sottobosco, una giungla impenetrabile, animata da una strana creatura, metà insetto metà lucertola, e dalla personificazione di Loplop, l’uccello antropomorfo alter ego di Ernst9. In alto a destra, sullo sfondo, una figura di spalle col capo malinconicamente reclinato, probabilmente un idolo scolpito, parrebbe citare L’enigma dell’ora di Giorgio de Chirico (1911, collezione privata) e, in conseguenza, Die Toteninsel di Arnold Böcklin (L’isola dei morti, prima versione 1880, Kunstmuseum, Basilea). 

Proprio nel 1936, la biografia di Ernst era segnata dalla consacrazione a maestro del movimento surrealista: alla rassegna «Fantastic Art, Dada, Surrealism», organizzata da Alfred H. Barr Jr al Museum of Modern Art di New York, l’artista era rappresentato con 48 opere, in numero assai maggiore rispetto a Salvador Dalí, René Magritte, André Masson e Joan Miró. Transitato nell’ambiente parigino e poi in quello svizzero-tedesco, il piccolo dipinto La nature à l’aurore entrò a far parte della Collezione Cerruti non prima della metà degli anni novanta. Non compare, infatti, nell’inventario manoscritto datato 30 giugno 1993 che registra i beni mobili conservati nella villa di Rivoli. 

Infine, tra i volumi conservati nell’Archivio Cerruti, si segnala il catalogo d’asta Finarte del 22 giugno 2000. Al lotto 403 è registrato l’arazzo in lana Nature à l’aurore (1975-1978) tratto dal dipinto in Collezione Cerruti e tessuto nell’atelier di Yvette Cauquil Prince, secondo una pratica non insolita nella produzione ernstiana degli anni settanta10

Fabio Cafagna 

 

1 M. Ernst, Note per una biografia, in Rivoli 1996b, p. 204.

2 Sull’argomento si veda K. von Maur, Max Ernst and Romanticism: Between the Lyrical Celebration of Nature and the Aesthetics of Horror, in Londra-Stoccarda-Düsseldorf 1991, pp. 341-350.

3 M. Ernst, Note per una biografia, in Rivoli 1996b, p. 204.

4 Ernst 1934, pp. 221-223; si vedano anche Nantes 1987; Sabri 2001, pp. 245-259.

5 Turpin 1993, p. 94.

6 Caillois 1934, pp. 23-26.

7 Caillois 1935, pp. 4-10; si veda anche Krauss 1996, pp. 182-191.

8 Si tratta dei nn. 2268-2270 in Spies, Metken, Leppien 1975-2007, vol. IV, pp. 370-371.

9 Bischoff 1992, pp. 47-54.

10 Finarte, Arte moderna e contemporanea. Dipinti Disegni Grafica, 22 giugno 2000 (lot. 403, p. 156). Sugli arazzi che Cauquil Prince realizza a partire da opere di Ernst, si veda Milwaukee 1978.