La Femme Faune

La donna fauno

Pablo Picasso

31 agosto 1946
Pittura a smalto (Ripolin) e inchiostro di china su velina di Arches
66 x 50,5 cm
Anno di acquisizione 1993


Inv. 0162
N. Catalogo A155


Provenienza

Bibliografia

«[...] Questo gioco formale di linee e colori dimostra che il fauno non è che il pretesto per un esercizio stilistico in cui realtà e leggibilità tendono a scomparire».

 

Nel momento in cui esegue quest’opera il sessantacinquenne Pablo Picasso è un pittore ormai celebre, con varie retrospettive all’attivo, e noto in tutto il mondo soprattutto per l’eccezionale Guernica (1937, Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía), incarnazione della dimensione politica e al tempo stesso universale della sua arte. All’indomani della Seconda guerra mondiale, dopo aver trascorso tutto il periodo dell’occupazione nello studio sul quai des Grands Augustins a Parigi, Picasso si trasferisce nel sud della Francia dove ritrova il contatto con le sue radici mediterranee. Trascorre l’estate del 1945 ad Antibes, l’antica Antipolis, in cui viene sedotto dal fascino della classicità. L’anno seguente, con la sua nuova amante, la giovane pittrice Françoise Gilot, si trasferisce sulla Costa Azzura, dove esegue una serie di opere più luminose e intraprende nuove strade nell’arte della ceramica e nella scultura. Strumento e simbolo di questa ritrovata libertà, l’opera dell’artista diventa più pura e decorativa, con ritagli grafici in cui le forme geometriche sovrapposte giocano con la trasparenza dei colori che formano superfici uniformi e vibranti. La Femme Faune è pienamente rappresentativa di questo nuovo linguaggio, che deve indubbiamente molto alla vicinanza geografica dell’amico e rivale di sempre Henri Matisse, il quale a Nizza produceva grandi ritagli utilizzando gouache su carta. 

Questo foglio di notevoli dimensioni fa parte di un gruppo di opere su carta velina di Arches eseguite tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 1946, di cui almeno quattro si trovano oggi al Musée Picasso di Antibes (Tête de faune chevelu, 31 agosto; Tête de faune vert, 2 settembre; Tête de faune sur fond gris argent, 3 settembre; Tête de faune gris, 8 settembre). Oltre alla tecnica, che combina pittura a smalto o acquerello con inchiostro di china, grafite o carboncino, La Femme Faune condivide con gli altri «fauni» le stesse caratteristiche generali di base: 

«La testa è composta da forme geometriche, un esagono per il viso, due mezzelune per le corna, due losanghe per le orecchie e un rettangolo o triangolo per il collo. Inoltre, Picasso utilizza colori piatti per turbare la marcata linearità della costruzione, ammorbidire la geometria e conferire ritmo e vita alla figura ieratica. Questo gioco formale di linee e colori dimostra che il fauno non è che il pretesto per un esercizio stilistico in cui realtà e leggibilità tendono a scomparire»1

Parte integrante della cultura mediterranea del pittore, per Picasso la mitologia è sempre stata un universo familiare e una fonte a cui attingere soggetti e motivi utili a sperimentare nuovi approcci, talvolta appropriandosi delle grandi narrazioni dell’antichità per scopi autobiografici. Negli anni trenta, dopo le illustrazioni commissionategli da Albert Skira, Le metamorfosi di Ovidio costituiscono un punto di riferimento per numerose opere legate tra loro. E già alla fine degli anni venti Picasso riconosce il suo alter ego nel Minotauro, tragica e favolosa creatura, metà uomo e metà toro. L’interesse per la figura del fauno che emerge nel dopoguerra è coerente con il gusto per la tradizione artistica occidentale e con la pratica di riutilizzare un’iconografia classica che si è cristallizzata dopo il suo trasferimento al sud: «È strano che a Parigi io non abbia mai disegnato fauni, centauri o eroi mitologici: è come se potessero vivere solo qui»2. Questa volta, tuttavia, predomina una mitologia gioiosa: il fauno diventa una figura arcadica, solare e sovrana, continuamente moltiplicata e liberamente trasformata dall’artista in dipinti e disegni, stampe e ceramiche. 

Ne è una prova questa Femme Faune: metamorfosi della divinità rurale, erede del satiro greco, figura umana e animale al tempo stesso, con zoccoli e corna di capra, in una versione che, se non esplicitamente femminile (il petto villoso è tipico di un torso maschile), è almeno duplice, con la sovrapposizione di un misterioso profilo femminile. La prova di un travestimento quasi dionisiaco è data dalla presenza di tratti sotto il mento che potrebbero indicare una barba.

Emilia Philippot

Il dipinto fu acquistato da Francesco Federico Cerruti a un’asta londinese di Sotheby’s nel novembre del 1993 [N.d.R.].

 

1Venezia 2006-2007, pp. 46, 47.

2J. Leymarie, in Gaudichon, Matamoros 2013, p. 19.