Interno metafisico (con dolci ferraresi)

Giorgio de Chirico

1917
Olio su tela
63,5 x 47,5 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0818
N. Catalogo B4


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Riformulando l’antichità biblica attraverso una lettura archeologica e positivistica della preistoria, Savinio ribadisce la spiritualità dell’immanente metafisica moderna: «colui che morde in quei dolci fatalissimi, assapora l’eternità».

 

Nato in Grecia da genitori italiani di origini levantine, Giorgio de Chirico ricevette un’educazione classicista sin dall’infanzia, che trascorse ad Atene insieme al fratello Andrea, musicista, scrittore e pittore conosciuto dal 1914 con lo pseudonimo di Alberto Savinio. In seguito alla morte del padre (1905) i fratelli si trasferirono con la madre a Monaco di Baviera (1906-1909) e poi in Italia (1909), dapprima a Milano e poi a Firenze (1910-1911). L’originale immaginario di de Chirico prese vita durante questo periodo di formazione, che incluse visite a Roma e Torino. In esso, ricordi personali trasfigurati attraverso una rilettura della mitologia antica sotto stimoli letterari moderni, in particolare la filosofia di Friedrich Nietzsche, si sovrappongono all’iconografia palinsestica della lunga tradizione classica e alla varietà stilistica del patrimonio italiano e dello storicismo ottocentesco. 

A Parigi tra il 1911 e il 1915 de Chirico entra in contatto con l’avanguardia internazionale grazie al poeta Guillaume Apollinaire, il primo a descrivere la sua pittura come «metafisica». Inizia a teorizzare la propria estetica e, insieme al fratello e ad Apollinaire, elabora il personaggio del manichino, che avrà grande fortuna nel repertorio avanguardistico tra le due guerre (si vedano sch. pp. 734, 740). Arruolatisi nell’esercito italiano nel giugno del 1915, de Chirico e Savinio sono stanziati a Ferrara. Mentre mantengono i legami con Parigi attraverso Apollinaire e Paul Guillaume, primo mercante di de Chirico, intessono nuovi e sempre più stretti rapporti con figure di punta del panorama artistico italiano, facendo di Ferrara il centro di sviluppo dell’arte metafisica, che si allarga in movimento. De Chirico, giudicato inadatto alla guerra per motivi di salute, si dedica alla pittura sotto lo stimolo di quella che chiama la città «fatale»: 

«L’aspetto di Ferrara, una delle città più belle d’Italia, mi aveva colpito; ma quello che mi colpì soprattutto e m’ispirò nel lato metafisico nel quale lavoravo allora, erano certi aspetti d’interni ferraresi, certe vetrine, certe botteghe, certe abitazioni, certi quartieri, come l’antico ghetto, ove si trovavano dei dolci e dei biscotti dalle forme oltremodo metafisiche e strane.»1 

L’influenza dell’architettura e dell’atmosfera della città, ma anche della pittura calda e densa della scuola ferrarese, sono visibili già nelle prime tele che de Chirico dipinge nel capoluogo emiliano. 

In Interno metafisico (con dolci ferraresi) (1917), datato da Paolo Baldacci ai primi mesi del 1917, l’astrazione della stanza inquadra dolci dipinti in maniera iperrealista. Nel dipinto echeggia uno scritto di Savinio dell’autunno 1916, dove il pan pepato, o pan massì, è descritto come un immangiabile reperto geologico nelle vetrine dei pasticcieri, specchio della «semplicità e [del]l’aridezza passionale del carattere semitico». Riformulando l’antichità biblica attraverso una lettura archeologica e positivistica della preistoria, Savinio ribadisce la spiritualità dell’immanente metafisica moderna: «colui che morde in quei dolci fatalissimi, assapora l’eternità»2. Keala Jewell e Ara Merjian hanno notato che l’interesse dei fratelli de Chirico per una vaga cultura ebraica è il risultato del loro sentimento di apolidi, per il quale il sincretismo sefardita offriva un antico modello mediterraneo3

La provenienza dei tre Interni Cerruti riflette l’evoluzione dei rapporti di de Chirico con il mercato in seguito alla Grande Guerra e alla decisione di stabilirsi in Italia. Nella corrispondenza ferrarese con Apollinaire dell’estate 1916 il pittore dice di lavorare molto e che invierà a Guillaume 11 nuovi dipinti da Ferrara4. Guillaume presenterà precisamente 11 quadri nella mostra estemporanea che dedicherà a de Chirico nel novembre del 19185. Dal discorso che il mercante scrisse per quell’occasione si deduce che tutti i quadri appartenessero al periodo ferrarese6

Interno metafisico (con dolci ferraresi) appartenne al collezionista, artista e curatore britannico sir Roland Penrose, che ebbe un ruolo determinante nell’interpretazione dell’opera di de Chirico in chiave surrealista nel Regno Unito. Documenti pubblicati da Victoria Noel-Johnson c’informano che Penrose acquistò il quadro durante la Seconda guerra mondiale, dopo che venne rinvenuto fortuitamente da un mercante a Londra durante il Blitz (1940-1941)7. La nostra ricerca ha permesso d’identificare il mercante in questione come J. L. Dixon di Long Grove, Seer Green, Beaconsfield, nel Buckinghamshire8. Il dipinto figura nella pubblicazione di James T. Soby del 1955 come proprietà del gallerista Sidney Janis, con misure che però non gli appartengono9. Grazie a Noel- Johnson sappiamo ora che all’epoca il quadro era ancora nella collezione di Penrose, che lo vendette al pittore e collezionista americano William N. Copley nel 196110. Secondo la testimonianza di Annalisa Ferrari questa tela fu acquistata dal gallerista Alain Tarica successivamente al 1983. Interno metafisico (con faro) corrisponde per dimensioni a un Interno metafisico nell’elenco dei quadri lasciati da de Chirico in deposito a Mario Broglio nel novembre del 1921 («38 x 50»; si veda la scheda a p. 738)11. Secondo gli accordi iniziali tra il pittore e Broglio, che stabilivano a un anno la durata del deposito per i quadri invenduti, l’opera fu probabilmente restituita all’artista alla fine del 192212. Due etichette sul retro, una recante la scritta «Metaphysics II, 1914», ne attestano la presenza nella galleria newyorkese di Julien Levy, dove de Chirico tenne un’importante mostra nel 1936, in occasione della quale fece un lungo soggiorno negli Stati Uniti13. Uno dei libri contabili della galleria (1938-1978) ci ha permesso di stabilire che l’opera, recante sul retro, a matita, il numero d’inventario di de Chirico («86»), fu lasciata in deposito a Levy al momento della partenza dell’artista da New York nel 1938 e fu resa a de Chirico solo nel 194914. L’Archivio Pierre Matisse (sul retro è presente l’etichetta dell’omonima galleria) c’informa che il dipinto fu proprietà del dott. Allan Roos di San Francisco prima di essere acquistato, nel luglio del 1964, da Matisse che lo vendette alla collezionista newyorkese Helen Acheson15. Mrs. Acheson lo prestò alle mostre di de Chirico di Milano e Hannover del 197016. Nel 1980 è pubblicato come proprietà di un privato torinese17, indicazione che, con probabilità, lo attesterebbe come già presente in quella data nella Collezione Cerruti. 

Silvia Loreti

 

De Chirico 1962, p. 87.

A. Savinio, «Frara» città del Worbas (1916), in Savinio 1976, p. 51.

Jewell 2004, pp. 163-190; A. H. Merjian, «L’ora ebrea» di Giorgio de Chirico. Pittura metafisica e primitivismo semitico, in Ferrara 2015-2016, pp. 55-76; Merjian 2018, pp. 933-935.

De Chirico 2008, p. 616.

Robinson K. 2008, pp. 371-382.

Ibid., p. 377.

Noel-Johnson 2017, p. 435.

Ringrazio gli archivisti dell’Università di Victoria, Canada.

Soby 1955, p. 235.

10 Noel-Johnson 2017, pp. 598, 603, 604.

11 Fagiolo dell’Arco 1980a, p. 67.

12 Contratto del 23 ottobre 1919 tra Mario Broglio e Giorgio de Chirico - I parte, nn. 1-2, in Fagiolo dell’Arco 1980a, p. 83.

13 Ringrazio Giorgia Chierici, Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma, per aver permesso d’identificare una delle due etichette.

14 Ledger 1938-1978, JPL B038, Julien Levy Gallery records, 1857-1982, Philadelphia Museum of Art Archives. Ringrazio Miriam Cady, Reference Archivist, The Barnes Foundation, Philadelphia Museum of Art. Si veda anche Robinson K. 2010, 392.

15 Pierre Matisse Gallery Archives. MA 5020: Folder 85.42. Department of Literary and Historical Manuscripts, The Morgan Library & Museum. New York, N.Y. Ringrazio María Isabel Molestina-Kurlat, Head of Reader Services, Sherman Fairchild Reading Room, The Morgan Library, New York.

16 Pierre Matisse Gallery Archives. MA 5020: Folder 7.15. Department of Literary and Historical Manuscripts, The Morgan Library & Museum. New York, N.Y.

17 Fagiolo dell’Arco 1980b, p. 32.