Il porto di Genova (Ritratto dal vero del porto di Genova)

Enrico Reycend

1886
Olio su tela
81 x 132,5 cm
Anno di acquisizione 1990


Inv. 0851
N. Catalogo C17


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

[...] Reycend non è solo un pittore di minute tavolette e dimostra, anzi, di saper «controllare con sicurezza anche vasti dipinti».

 

Priva di data ma presumibilmente realizzata nel 1886, la grande veduta de Il porto di Genova della Collezione Cerruti riflette in modo esemplare l’evoluzione in direzione «impressionista» della ricerca di Reycend, che proprio nel corso degli anni ottanta si svincola sempre più da esigenze di tipo descrittivo per sperimentare una fresca e poetica pittura di tocco, tesa a restituire l’aspetto di una natura colta nel suo continuo mutare, in differenti momenti di luce. È soprattutto grazie ai ripetuti soggiorni a Genova e nel Ponente ligure, successivi al primo viaggio a Parigi del 1878 che gli consente di conoscere dal vero le opere di Corot, che il suo repertorio, da sempre attento ai temi della vita contemporanea, si arricchisce di nuovi soggetti, ispirati a una «quieta, quasi sommessa, dimensione quotidiana»1: scorci del litorale con figure e imbarcazioni (già nel 1882 ritrae la spiaggia di Vado con le ciminiere fumanti della ferriera sullo sfondo), vaste distese marine e porti, come appunto quello di Genova, raffigurato da più punti di vista in una serie numerosa di quadri, studi a olio e appunti grafici. 

Nell’arco del decennio Reycend presenta ripetutamente opere con questo soggetto in varie sedi espositive: a Torino (alla Promotrice e al Circolo degli Artisti, dal 1885), Genova (già nel 1884), Firenze, Venezia, Bologna e Parigi. In un noto articolo pubblicato nel 1952 su «Paragone», Roberto Longhi osservava come il motivo fosse stato tra i più importanti per la definizione del personale e originalissimo linguaggio pittorico dell’artista, portando a esempio due vedute dello scalo eseguite tra il 1885 e il 1886: la prima, da lui vista anni addietro nello studio del pittore e che invano aveva provato a rintracciare, «con l’acqua abbacinata dal sole fra le vernici scure dei vascelli», e un secondo dipinto, pure questo smarrito, di cui conservava solo una «fotografia impallidita», ma che tuttavia gli appariva «senza precedenti (e ahimé senza conseguenti) nel nostro Ottocento; operato com’è, da un capo all’altro, da una tessitura fitta e levitante, da un brulichio di tocchi e cediglie, a scorze, a striscioline di toni, tutto secondo distanze poetiche d’aria e di lume. Simile, ma non così forte, c’è da ricordare a confronto, nell’84, soltanto il Porto di Trouville di quel Boudin di cui già Baudelaire aveva vantato le “bellezze meteorologiche”...»2

Esattamente come il dipinto cui si riferisce Longhi, ora in collezione privata (fig. 1), anche la tela qui in esame, assai più grande per dimensioni - Reycend non è solo un pittore di minute tavolette e dimostra, anzi, di saper «controllare con sicurezza anche vasti dipinti»3 - testimonia in modo eccellente la padronanza di una tecnica abbreviata e libera, fatta di stesure vibranti e intensamente luminose, giocate in questo caso su gradazioni di terre e di azzurri, pennellate nere e rossicce e qualche tocco appena di colore per le bandiere sui pennoni e i vestiti delle rare figure che popolano la banchina, immersa in una pacata luce solare. Considerata uno dei capolavori della produzione reycendiana, l’ariosa veduta è incentrata, a differenza dell’altra, sullo specchio d’acqua della darsena, con la Lanterna sul fondo, a destra, i velieri ormeggiati alle calate del molo, le navi a vapore che riempiono l’aria di sbuffi di fumo e in primo piano la banchina con i magazzini per le merci e i cinque carretti in fila. 

Fig. 1. E. Reycend, Il porto di Genova, 1886 c., olio su tavola. Torino, collezione privata. 

Un’etichetta sul retro della tela indica che il dipinto, fornito in origine di una cornice centinata (fig. 2) fu esposto alla mostra della Società Promotrice di Torino del 1886 (sala V, n. 435). Piergiorgio Dragone ritiene però che la tela presentata da Reycend in tale occasione fosse un’altra, poi estratta tra i soci e toccata in sorte all’avvocato Ettore Vescovo: in effetti, la versione che aveva attirato l’attenzione di Longhi reca ancor oggi il talloncino della mostra con il n. 4354, mentre la nostra è contrassegnata al verso dal numero 592. Dai documenti d’archivio non si evince nulla che aiuti a chiarire la storia de Il porto di Genova, se non una provenienza da privato (è nota del resto la straordinaria discrezione con cui Francesco Federico Cerruti costituì la sua collezione), ma il quadro vanta il passaggio in almeno un’altra importante raccolta: quella di Gustavo Adolfo Rol, che nel 1962 lo concesse in prestito per la 120a esposizione regionale della Società Promotrice di Torino (sala I, n. 7). 

Monica Tomiato 

 

1 G. L. Marini, Il personale impressionismo di Enrico Reycend, in Torino 2018-2019a, p. 19. 

2 Longhi 1952b, ed. 1973, p. 1043. 

3 R. Maggio Serra, La pittura in Piemonte nella seconda metà dell’Ottocento, in Castelnuovo 1991, p. 75. 

4 Dragone P. 2000, p. 258.  

Fig. 2. Fotografia dell’etichetta al verso con riferimento all’esposizione del 1886 e schizzo della cornice.