Il cavallino bianco (Paesaggio campestre con cavallino bianco) (Paysage au cheval blanc)
Giovanni Boldini
1899 c.
Olio su tavola
17 x 26 cm
Anno di acquisizione 1979
Inv. 0222
N. Catalogo A212
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
Negli anni giovanili trascorsi in Toscana, dal 1864 al 1871, Boldini fa parte a tutti gli effetti del gruppo dei macchiaioli: sebbene alla bohème preferisca la compagnia del ricco Cristiano Banti e non partecipi a nessuna campagna risorgimentale, frequenta i luoghi di ritrovo del gruppo, il Caffè Michelangiolo e la Villa dell’Ombrellino di Marcellin Desboutin. È fra i primi a unirsi ai soggiorni presso Diego Martelli a Castiglioncello; la sua pittura si misura precocemente sui temi del paesaggio e della luce, come quella di Abbati, Fattori o Signorini. Una vaga traccia della pittura en plein air toscana, aggiornata su quella impressionista, si trova in questo studio di campagna, databile alla fine degli anni novanta: l’esecuzione dal vero è, infatti, agevolata dal supporto portatile, simile alle tavolette macchiaiole che evocavano le predelle quattrocentesche; tuttavia la pittura rapida e di tocco è ormai agli antipodi del levigato tonalismo degli italiani.
Difficile presumere la datazione dell’opera, che Bianca Doria propone di retrocedere di un decennio circa rispetto alla proposta di Piero Dini qui accolta; curioso invece notare che l’opera ha una «gemella», realizzata forse nello stesso giorno, come lasciano intendere il punto di vista, la stesura e i colori della Contadina che raccoglie l’erba1. In ogni caso queste tavolette sono utilizzate da Boldini in più occasioni, tra l’altro anche per il Rio anch’esso in Collezione Cerruti (sul verso di entrambe le opere è timbrato il numero 3, forse indicante la tipologia di fabbrica, sch. p. 588). Le dimensioni sono comprese tra gli standard industriali della tela da paesaggio (27 x 19 cm) e quella più allungata da marina (27 x 16 cm), ma inediti sono il punto di vista rialzato e il brusco taglio che recide il busto dell’amazzone in primissimo piano. Pochi tocchi rendono il movimento del puledro, e in molti punti del paesaggio Boldini sfrutta il tono bruno del legno lasciandolo a vista.
Dopo la morte dell’artista e le vendite dell’atelier, l’opera rimane almeno fino agli anni sessanta nella collezione della vedova Emilia Cardona Boldini. La donna aveva conosciuto il pittore per un’intervista nel 1926, quando era giornalista della torinese «Gazzetta del Popolo», e lo aveva sposato quasi ottantenne nel 1929. La vasta collezione che rimane di sua proprietà è custodita alla Falconiera, la villa nei pressi di Pistoia che la vedova aveva acquistato nel 1938, dopo avervi rinvenuto gli affreschi con soggetti di vita contadina che il pittore aveva realizzato per Isabella Falconer settant’anni prima. Nel 1963 si avvia il recupero storiografico di Boldini, con la retrospettiva nella prestigiosa sede del Musée Jacquemart-André, poi transitata nella nativa Ferrara presso Casa Romei, che ha come nucleo fondamentale proprio le opere della Collezione Cardona. «Boldini revient à Paris»: il direttore Jean- Gabriel Domergue, che era stato allievo di Boldini e che era morto l’anno precedente, annunciava in quell’occasione la riscoperta nella capitale francese di uno dei suoi protagonisti dimenticati. In una foto di sala dell’esposizione francese è riconoscibile la tavoletta, collocata secondo la divisione delle sale per generi tra i paysages (fig. 1). Nel 1979, due anni dopo la morte di Emilia, l’opera è autenticata da Vito Doria, il collaboratore della vedova divenuto direttore del Centro Studi Boldiniani. Tra la fine del 2000 e l’inizio del 2001 Bianca Doria, autrice del catalogo generale di Boldini, si presentò da Cerruti con una copia del volume e alcuni dipinti. Tra questi il collezionista scelse di acquistare Il cavallino bianco.
Filippo Bosco
1 Doria 2000, n. 226.
Fig. 1. Fotografia di sala della mostra «Boldini» al Musée Jacquemart-André, marzo-maggio 1963: il Cavallino bianco è il terzo dipinto da sinistra, esposto accanto al grande Place Clichy del 1874.

