Gentiluomo di campagna (Ritratto d’uomo)

Lorenzo Delleani

1882 c.
Olio su tavola
36,5 x 25 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0231
N. Catalogo A221


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Raffigurato a mezzo busto, di tre quarti, il personaggio emerge dal vibrante fondo scuro grazie a un uso sapiente del colore, steso con tocchi rapidi e sicuri e modulato nella sua densità per dar risalto al volto e allo sguardo [...].

 

«Un Delleani ritrattista? Ebbene sì, basti ricordare Il ritratto della sorella Irene a 21 anni, con tutti i busti e mezzi busti che potrebbero datarsi tra il 1887 e l’88 [...] per non dire degli altri modi di accostarsi alla figura umana offerti da due straordinarie pagine di pittura: Il calderaio dell’88 e Nel giardino del convento, del ’91 [...]». Così Angelo Dragone, nel catalogo dell’antologica aostana del 2000-2001, tornando su un tema a lui caro e già affrontato nella fondamentale monografia Delleani, la vita, l’opera, il suo tempo (1974), giustamente richiamava l’attenzione sulle non indifferenti qualità di ritrattista del pittore pollonese, autore di vivide immagini dei propri amici e familiari come della gente incontrata tra le campagne e i monti del suo Biellese: i fedeli che escono dalla messa, ragazzi e sacerdoti (La lettura del breviario), vecchie e giovani contadine vestite dei colorati costumi locali (come in Vecchietta in costume dell’alto Biellese; La calza; Le comari), raffigurati con sensibilità e schiettezza, tanto da poter essere considerati ritratti a tutti gli effetti. Tale è la bella effige di un ignoto Gentiluomo di campagna, che Dragone data intorno al 1881-1882 e indica quale esempio della caratteristica pittura delleaniana, materica e «dai tocchi talvolta smaltati, ricchi di luce che quasi si rapprende nella pennellata [...] un viso intelligente e bonario che risalta sul colletto bianco che ricorda i larghi, carnosi petali d’una magnolia: stupefacente il lavoro a maglia del farsetto che accosta in trasparenza il fondo della tavoletta inteso come colore tutto operato nel rilievo dei bottoni, in contrapposizione con il gioco delle maniche scure ravvivate da quei grossi riporti color glicine, frutto di una liberissima invenzione pittorica»1. Raffigurato a mezzo busto, di tre quarti, il personaggio emerge dal vibrante fondo scuro grazie a un uso sapiente del colore, steso con tocchi rapidi e sicuri e modulato nella sua densità per dar risalto al volto e allo sguardo; è una qualità d’esecuzione davvero superba, che non va però a discapito della profondità di penetrazione psicologica del personaggio, «vivo» e realistico malgrado vesta panni di un’altra epoca. Proprio la scelta del ritratto in costume rimanda a quel filone di pittura storica e di genere cui Delleani, prima di diventare un paesista acclamato, s’era dedicato assiduamente per due decenni, fin da quando nel 1860, ancora allievo di Carlo Arienti all’Accademia Albertina, aveva esposto alla Promotrice di Torino un Episodio dell’assedio di Ancona, per poi imporsi all’attenzione di pubblico e critica grazie a tele di grandi dimensioni con soggetti ispirati a figure e vicende della storia veneziana, assai accurate nell’ambientazione e nella caratterizzazione dei personaggi. Già in collezione privata milanese (1966)2, e forse transitata nella raccolta Mastrangelo (come lascia supporre una scritta sul verso della cornice), l’opera entrò in possesso di Cerruti in una data che non è stato possibile precisare con l’ausilio dei documenti conservati nell’archivio della collezione, ma comunque prima del dicembre 2000, quando assieme ad Acqua cheta (sch. p. 604), figura alla mostra «Lorenzo Delleani» allestita presso il Museo Archeologico Regionale di Aosta. 

Monica Tomiato 

 

1 A. Dragone, in Aosta 2000-2001, p. 20. 

2 Si veda Dragone A. 1973-1974, vol. II, p. 129.