Urweltformen schwebend II (Urform Rot auf Grün)
Forme fluttuanti del mondo primordiale II (Forma primordiale rossa su verde)
Willi Baumeister
1950
Olio su masonite
54 x 65 cm
Anno di acquisizione 2000-2005
Inv. 0074
N. Catalogo A66
Provenienza
«La sfera naturale-inconscia ha uno svolgimento automatico, come la scrittura. Contiene una materia essenziale, la spontaneità».
Il dipinto di Collezione Cerruti risale all’ultima stagione della carriera artistica del pittore tedesco Willi Baumeister, che come molti degli artisti attivi già fra le due guerre si trova ad aggiornare il proprio repertorio visivo in una chiave più vicina alle ricerche astratte e informali del dopoguerra. Fra gli anni venti e trenta, infatti, Baumeister era passato dall’esperienza dell’Ésprit Nouveau di Le Corbusier, perseguendo una pittura astratta di pure forme geometriche incastrate fra loro in una commistione meccanica di motivi aniconici e figure umane stilizzate, mirando alla purezza delle tinte piatte e dei contorni nitidi e semplificati. All’interno di questo schema, però, non mancavano portati di natura surrealista, effetto di un disegno fluido e dal dettato spontaneo che sfugge a una costruzione razionale e ortogonale della composizione. A queste immagini di allusione organica, memori forse delle sperimentazioni di Jean Arp e di Yves Tanguy, si accostavano poi zigrinature e altri motivi tissulari che animavano gli sfondi dei suoi dipinti. È con queste caratteristiche, infatti, che il suo lavoro si presentava alla galleria de Il Milione di Milano nell’aprile 1935, nel solco di una serie di esposizioni sull’Astrazione razionalista che comprendeva anche Osvaldo Licini e Lucio Fontana. Baumeister faceva infatti parte del programma di mostre di artisti internazionali organizzate da Gino e Peppino Ghiringhelli che aveva incluso Max Ernst e Fernand Léger nel 1932, Kurt Seligman e Vasilij Kandinskij nel 19341.
Nel corso degli anni cinquanta tutto questo fu tradotto in un mondo di forme dai contorni irregolari date da un atteggiamento più empirico nei confronti della composizione. Il titolo stesso del dipinto in collezione rimanda a una morfologia d’invenzioni galleggianti, specificando tautologicamente il ruolo protagonista della sagoma simile a una di falce rossa posta al centro su fondo verde. Baumeister stava consapevolmente lavorando sullo scarto fra memoria della natura e immaginazione astratta, a cui dedicò un testo esplicito nell’autunno 1952 sul primo numero della rivista «Wissen und Leben». Qui, in particolare, dichiarava che «la sfera naturale-inconscia ha uno svolgimento automatico, come la scrittura. Contiene una materia essenziale, la spontaneità»2. L’artista ha quindi lasciato campo libero a uno svolgimento spontaneo del quadro, costruendo la composizione per via di rimandi e di equilibri tra sagome che riempiono lo stesso spazio sul piano, talvolta confrontandosi e talvolta intersecandosi, e percorse da sottili filamenti neri che, come nella coeva pittura di Joan Miró, fanno da raccordo, strutture trasparenti sovrapposte alle figure organiche. L’artista, inoltre, metteva in guardia da un’accezione troppo rigida del termine «astrazione», considerando che nessun quadro può essere ritenuto propriamente «astratto», ovvero privo di qualche rimando mnemonico a forme che fanno parte di un’esperienza del mondo naturale. In tal senso, egli aveva tradotto profili nati attraverso procedimenti di automatismo gestuale in sagome morfologicamente di memoria organica, come visione inventata di un mondo microcellulare che si rifà a una grammatica elementare della pittura e della rappresentazione.
Luca Pietro Nicoletti
1 E. Pontiggia, Baumeister e il Milione, in Rovereto 2012, pp. 111-119.
2 W. Baumeister, La natura nell’arte astratta [1952], ripubblicato in Rovereto 2012, pp. 105-106.
