La fabrique au dimanche

Fabbrica alla domenica

Ubaldo Oppi

1919
Olio su cartone pressato
102 x 74 cm
Anno di acquisizione 2000


Inv. 0155
N. Catalogo A148


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

I riferimenti al primo Quattrocento italiano, da Piero della Francesca a Mantegna, mostrano come Oppi affermi in Francia la propria nazionalità, intesa come un ritorno ideale alle origini popolari. 

 

Il lungo soggiorno parigino di Ubaldo Oppi, cui appartiene anche La fabrique au dimanche acquistata da Cerruti nel 2000, è a oggi poco noto. Trasferitosi nella capitale francese nel 1911, il pittore vicentino continua a esporre in Italia nell’ambito di Ca’ Pesaro a Venezia, dove aveva esordito con opere di stampo secessionista. A Parigi, tra vita bohémienne e difficoltà economiche, la carriera espositiva culmina in una personale presso Paul Guillaume nel 1913. Oppi si colloca in modo del tutto originale nel contesto francese: più attratto dalle figure allungate di Amedeo Modigliani che dalle formule cubiste, egli recupera curiosamente il periodo blu e rosa di Picasso, conosciuto tramite le incisioni dei Saltimbaques edite da Vollard nel 1913, derivandone un disegno affilato e l’azzeramento delle cromie squillanti della produzione precedente. La Grande Guerra segna una svolta nella carriera di Oppi, che è impegnato al fronte nel corpo degli Alpini ed è fatto prigioniero per tre mesi a Mauthausen. Durante le licenze a Milano viene introdotto nel cenacolo di Margherita Sarfatti, conosce i quadri metafisici di Carlo Carrà e riallaccia i contatti con gli artisti Tullio Garbari e Gigiotti Zanini. 

La strategia espositiva di Oppi nel dopoguerra segue i due fronti italiano e parigino, da un lato con l’introduzione nel vivace ambiente milanese, e dall’altro con una decisa affermazione a Parigi1. Importante in questo senso è la partecipazione al 31o Salon des Indépendants, dal 19 marzo al 18 maggio del 1920, dove è attestata per la prima volta La Fabrique au dimanche. Insieme al dipinto Oppi invia altri cinque quadri del 1919: La pauvreté sereine (Povertà serena, 1919, fig. 1), Portrait de mon ordonnance (Ritratto del mio attendente, oggi noto col titolo Il soldato, 1919), Roses au matin (Rose al mattino, 1919) e due Paysages d’Italie. Un nuovo primitivismo mostra in queste opere l’interesse per Derain e Rousseau e l’adozione di campiture levigate come quelle del Carrà metafisico. I riferimenti al primo Quattrocento italiano, da Piero della Francesca a Mantegna, mostrano come Oppi affermi in Francia la propria nazionalità, intesa come un ritorno ideale alle origini popolari. All’interno di questa poetica il significato politico della fabbrica al centro del dipinto di Collezione Cerruti, pur nel pieno dell’infuocato biennio rosso italiano e delle occupazioni operaie, è astratto in una «domenica» senza tempo, in cui anche la modernità architettonica di un viadotto o dei cavi del telegrafo si concilia con il paesaggio arcaico mantegnesco. 

Fig. 1. U. Oppi, Povertà serena, olio su cartone. Courtesy Amedeo Porro Fine Arts, Lugano/Londra.

Il successo mercantile di questo profilo da «italien de Paris» è dimostrato dall’acquisto dell’opera da parte di Alfred Tumin. Forse identificabile con l’omonimo presidente del consiglio di amministrazione della Fédération française des artists, Tumin acquista nei primi anni venti numerose opere del pittore italiano. Una più tarda allusione di Ojetti non sembra riferirsi a lui, ma alle condizioni precarie dell’anteguerra: «[Oppi a Parigi, NdR.] aveva trovato un mercante che gli comprava, alla peggio, quel ch’egli alla meglio dipingeva»2. Anche sul fronte italiano Fabbrica alla domenica si rivela un’opera importante: dopo pochi mesi compare infatti riprodotta a tutta pagina sulla rivista milanese «Il Primato Artistico Italiano». Oppi partecipa ad alcune mostre presso Bottega di Poesia tra cui spicca una personale nel maggio del 1922, insieme a Zanini e Garbari, a pochi mesi ormai dal suo ingresso nel gruppo dei Sette Pittori del Novecento, sotto l’egida della Sarfatti. Oltre a 40 tra disegni e dipinti, il catalogo riporta anche le riproduzioni di Paese italiano (fig. 2), Povertà serena e Fabbrica alla domenica, indicandone la proprietà Tumin e informando sulla tiratura di 200 esemplari numerati di queste opere per un’edizione dell’antiquario parigino Hector Brahme. Sembra confermata pertanto l’ipotesi che le tre opere, già esposte insieme al Salon e di dimensioni e formato analoghi, potessero costituire una sorta di trittico ideale3

Filippo Bosco

 

1 Oppi tiene un’importante personale presso la Galleria Devambez dal 5 al 13 novembre 1919, mentre rimangono difficili da ricostruire numerose partecipazioni: nel 1920 alle collettive presso la stessa Devambez, la Galerie Cheron, la Galerie Bolâtre; notevole l’invio di alcuni disegni presso la Exposition de peinture moderne da Guillaume, insieme alla prima retrospettiva postuma di Modigliani e alle opere di de Chirico, Derain, Coubine, Picasso e Matisse. L’artista vicentino partecipa inoltre al Salon des Indépendants nel 1920 e nel 1921, e al Salon d’Automne nel 1922.

2 Ojetti 1924, p. 778.

3 Si veda la segnalazione di Elena Pontiggia che i «bozzetti dei tre lavori [...], oggi in collezione privata, furono composti dall’artista in un unico trittico» (Milano-Verona 2002-2003, p. 40).

Fig. 2. U. Oppi, Paese italiano, 1919, olio su masonite. Collezione privata.