Due bravi
Cesare Dandini
1645-1650 c.
Olio su tela
78 x 64 cm
Anno di acquisizione 1992-1993
Inv. 0833
N. Catalogo C7
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
«Di queste invenzioni alludenti a cose morali, ne fece egli moltissime»
Il dipinto, acquisito sul mercato antiquario fiorentino negli anni novanta del secolo scorso, presenta uno stato di conservazione soddisfacente, particolarmente apprezzabile nella smagliante cromia della pellicola pittorica, orchestrata sull’accostamento di toni intensi di blu, rosso e bianco. Fu presentato come opera inedita di Cesare Dandini alla mostra del «Seicento fiorentino» del 1986-19871 e nuovamente esposto a Firenze cinque anni dopo in occasione della rassegna dedicata alla raccolta di Gianfranco Luzzetti. Accolta senza riserve l’attribuzione a Dandini, la letteratura sul dipinto si è concentrata sull’iconografia dell’opera, che raffigura due giovani sontuosamente abbigliati, caratterizzati dalla presenza di attributi legati al mestiere delle armi: una pistola, impreziosita da inserti in argento, per il personaggio in primo piano; una borgognotta da parata di gusto tardomanierista per il compagno, colto nell’atto di reggere una medaglia e di sollevare l’indice della mano destra, forse intimando il silenzio. L’esecuzione di mezze figure con significati allegorici è un tratto tipico e ben conosciuto della produzione di Dandini, come già ebbe a osservare il suo primo biografo Filippo Baldinucci: «Di queste invenzioni alludenti a cose morali, ne fece egli moltissime»2. Il messaggio simbolico affidato ai due giovani armigeri della tela in Collezione Cerruti stenta ancora a essere decifrato compiutamente: Contini3 vi ha ravvisato la contrapposizione tra quanto può essere ottenuto con la forza delle armi e con quella del denaro, mentre Mario Scalini4, riconoscendo nella medaglia e nell’elmo due manufatti di Gasparo Mola, rispettivamente una delle medaglie coniate per Carlo Emanuele I di Savoia nel 1605-1606 e la borgognotta con drago alato realizzata qualche anno dopo per il granduca Cosimo II de’ Medici (ora conservata nel Museo del Bargello di Firenze), ha proposto di riconoscere nei due giovani i figli del granduca, Giancarlo (1611-1663) e Mattias (1613-1667), e di ricollegare l’esecuzione del dipinto alla committenza del Mola tra il 1625 e il 1630. Tuttavia, come giustamente ha osservato Sandro Bellesi, non sono pochi gli ostacoli che rendono difficilmente percorribile l’ipotesi di Scalini: il copricapo osservabile nella tela di Dandini corrisponde solo molto genericamente all’elmo da parata eseguito da Mola per Cosimo II, mentre la fisionomia dei due protagonisti appare piuttosto stereotipata e non efficacemente sovrapponibile ai ritratti dei due rampolli di casa Medici. Non da ultimo vanno considerate le prerogative di stile del dipinto, che si rivelano tali da non consentirne una collocazione così precoce nel catalogo del pittore, come anche ha ribadito Contini5. Effettivamente la raffinatezza cromatica, la facilità di esecuzione e la scioltezza compositiva tutta barocca mostrate dalla tela, nota con il titolo convenzionale di Due bravi, rimandano alla fase più matura della produzione di Dandini, nel momento della pala con la Conversione di San Paolo di Vallombrosa, databile al 16476, e rivelano la complessa stratificazione del suo linguaggio figurativo, capace di coniugare echi del Barocco romano alla fascinazione per il Classicismo reniano e per le iconografie naturalistiche di Salvator Rosa, lungamente attivo a Firenze nel corso del quinto decennio del Seicento7.
Per la testa del giovane con la pistola è stato identificato un raffinato studio preparatorio a olio su tela in collezione privata inglese8.
Paolo Vanoli
1 Contini, in Firenze 1986-1987, pp. 72, 309, n. 1.156.
2 Baldinucci 1681-1728, ed. 1974-1975, vol. IV, p. 557.
3 Contini, in Firenze 1986-1987.
4 Scalini, in Firenze 1991.
5 Contini, in Firenze 1991.
6 Bellesi 1996, pp. 153-154, n. 98.
7 Contini, in Firenze 1991.
8 Bellesi 1996, p. 142, n. 86.
