Femme et oiseau II/X

Donna e uccello II/X

Joan Miró

1960
Olio su iuta
65 x 61 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0148
N. Catalogo A141


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

In un gioco dialettico degli opposti, donna e uccello costituiscono il precario equilibrio tra cielo e terra, tra dimensione finita e infinita, che caratterizza «l’immaginazione cosmica di Miró».

 

Dopo un periodo caratterizzato dalla sperimentazione di media diversi, come la ceramica, la litografia e l’incisione (1954-1959), il surrealista Joan Miró nel 1959 torna alla pittura con una rinnovata energia e propensione sperimentale. 

Il 1959 coincide con un nuovo soggiorno dell’artista negli Stati Uniti, a seguito della sua seconda retrospettiva al Museum of Modern Art di New York, evento che segna il culmine di una serie di riconoscimenti internazionali, a partire dal Gran Premio per l’incisione conferitogli alla Biennale di Venezia nel 1954. La nuova stagione di lavoro prende avvio nel nuovo studio che Miró si era fatto costruire dall’architetto e amico sodale Josep Lluís Sert adiacente alla sua abitazione a Calamajor, vicino a Palma di Maiorca, dove si era trasferito stabilmente nel 1956 lasciando Barcellona. Nel nuovo grande atelier Miró fa confluire una serie di dipinti del periodo parigino, compiendo una vera e propria revisione critica della propria ricerca surrealista, che lo porterà altresì alla distruzione di diverse opere. Come scrive Roland Penrose, gli ampi spazi del nuovo studio «schiusero a Miró impensate possibilità di espansione, e non solo in senso fisico [...], fornirono un ulteriore obiettivo a quel senso di sviluppo ordinato e di continuità così fondamentale nell’opera di Miró, allo stesso modo come la terra su cui camminava costituiva il trampolino di lancio per i suoi voli nel mondo dell’immaginazione»1

Tra i cicli di opere realizzate tra il 1959 e il 1960 si individua un nucleo di 10 dipinti cui appartiene Femme et oiseau II/X

Femme et oiseau è un tema ricorrente ed emblematico del repertorio fantastico di Miró. In un gioco dialettico degli opposti, donna e uccello costituiscono il precario equilibrio tra cielo e terra, tra dimensione finita e infinita, che caratterizza «l’immaginazione cosmica di Miró»2

In questo ciclo di Femme et oiseau Miró utilizza come supporto la iuta proveniente da sacchi, sulla quale appone segni neri che riprendono forme e simboli del suo universo sintattico e che si fanno sempre più essenziali e calligrafici. Il supporto è mostrato nella sua nuda e organica materialità, percorso da alcune tracce di colore e da lettere stampigliate con timbri commerciali («M M» sul lato destro del dipinto), ad accentuare la dimensione residuale e fenomenologica di un’opera strettamente connessa con l’esistente. Possiamo leggere questo ciclo in dialogo con il coevo scenario di rinnovamento pittorico internazionale, dal segno informale alla ricerca materica di Alberto Burri, alle cifre e lettere di Jasper Johns. 

Relativamente alla «spoglia nudità» di questa serie, Jacques Dupin riscontra un’affinità con il ciclo di Varengeville, realizzato da Miró nel 1939, e la considera potenzialmente infinita. Di essa infatti «ad ogni slancio di energia potrebbe scaturire un’altra coppia Donna e uccello, identica eppure nuova». Ancora osserva Dupin: «Queste nozze sospese, attesa, prova e consumazione insieme, si compiono nello spazio privilegiato di questa notte carnale, in questa intimità della natura che Miró non ha mai abbandonato e dove il reale si scopre quasi per una lacerazione, una illuminazione improvvisa nel liscio scorrere delle ore»3

Il dipinto ha fatto parte della collezione di sir Roland Penrose, pittore e poeta britannico surrealista, nonché attivo gallerista e collezionista. L’amicizia di Penrose con Miró risale al 1922, quando anch’egli si trasferì a Parigi, entrando in contatto con i circoli intellettuali surrealisti. Organizzatore nel 1936 dell’«International Surrealist Exhibition» alle Burlington Galleries di Londra, Penrose, nel 1938 acquistò la London Gallery e iniziò a collezionare opere surrealiste. La presenza del dipinto nella Collezione Cerruti, in cui è entrato attraverso ulteriori passaggi collezionistici, è documentata già nell’inventario manoscritto redatto nel giugno 1993. 

Lara Conte

 

1 Penrose 1989, pp. 125, 126.

2 Dupin 1963, p. 471.

3 Ibid.