Crocifissione con la Vergine e san Giovanni Battista
Giuliano di Simone
1385 c.
oro, tempera e vernice su tavola
36,5 x 31,5 x 5 cm (con cornice); 23,6 x 18,4 cm (senza cornice)
Anno di acquisizione 1987
N. Catalogo A10
Inv. 0010
Provenienza
Su un piano roccioso sinteticamente tratteggiato, il Crocifisso, la Madre e san Giovanni si stagliano per quasi tutta la loro altezza contro un fondo d’oro lucente. Le condizioni della superficie sono soddisfacenti, sebbene una diffusa craquelure specie nella parte superiore, alcuni graffi e una più profonda fenditura verticale a destra di Cristo ne alterino l’omogeneità. Paiono genuini il mantello e la veste verde del san Giovanni, ottenuta con una delicata vernice translucida, mentre il manto di Maria appare appesantito da ridipinture di epoca successiva. Le decorazioni dei nimbi sono ottenute con piccoli punzoni a rosetta e una leggera granitura tutto intorno, che sembrerebbe non finita in alcuni punti.
In origine la tavoletta aveva una terminazione archiacuta: sono ancora evidenti le integrazioni dei pennacchi per ridurla alla forma quadrata una volta resecata dalla parte inferiore (infra). Listelli di legno sono stati aggiunti su tutti i lati per rafforzare l’insieme dopo il rimaneggiamento, ben prima dell’inserimento nell’attuale cornice antiquariale.
La più antica ubicazione nota dell’opera è la collezione pisana di Carlo Lasinio, conservatore dei monumenti della piazza dei Miracoli dal 1802 alla morte nel 1838. Lo attesta l’elegante sigillo in ceralacca presente sul retro, accompagnato a un cartellino con una scritta a penna «Cav. Carlo Lasinio Conservatore del Camposanto, e Direttore dell’I. Accademia delle Belle Arti di Pisa», su cui una mano successiva ha aggiunto in alto: «comprato [...] Conte N. Esterhaziy [sic] dalla raccolta del», e in basso «[pittore] fiorentino - 1300 dip.». La tavoletta rimase in Collezione Esterhazy fino al 1970, quando fu venduta come di autore della scuola fiorentina del 1360 circa1. Segnalata presso Leegenhoek a Parigi l’anno successivo2, nel 1980 circa si trovava nella collezione milanese di Marino Dall’Oglio3, prima di un nuovo passaggio sul mercato londinese4, e quindi dell’ingresso nella Collezione Cerruti.
Fu Miklós Boskovits a riconoscere per primo la mano di Giuliano di Simone nel piccolo frammento torinese, come riportato da Gonzales Palacios5, che da parte sua lo identificò come il coronamento della Madonna col Bambino tra angeli e santi ed Eva con il serpente del Louvre (inv. M.I.407, fig. 1), appartenuta anch’essa a Lasinio (è presente lo stesso sigillo sul retro)6 e da questi passata nella collezione del marchese Campana7.
La pertinenza delle due tavole è stata messa in dubbio da Linda Pisani8, che vedeva una discrepanza nel momento stilistico di Giuliano, più intensamente spinelliano nella Crocifissione. Tuttavia la comune appartenenza alla Collezione Lasinio9 e il confronto con l’identica tavola ancora integra con la Madonna col Bambino tra angeli e santi ed Eva col serpente e la Crocifissione conservata nella Galleria Nazionale di Parma (inv. 443), non lasciano spazio a ipotesi alternative. Del resto anche la Madonna e i santi parigini dipendono strettamente dall’attività lucchese di Spinello Aretino (1380- 1385 c.), per le ombre dense sui volti, i sottosquadri profondi delle vesti, nonché la ricerca di un’espressività patente ma controllata, cioè gli stessi tratti distintivi dell’intensa Crocifissione Cerruti, da collocare quindi nel momento più felice dell’attività di questo petit maître lucchese, verso il 138510. L’iperdecorativismo che caratterizza la tavola gemella di Parma, da assegnare a un periodo un po’ precedente, cede qui il passo a una sensibilità più sobria e monumentale, nonostante il piccolo formato. Anche l’orchestrazione spaziale si fa più complessa, specie nella parte inferiore, dove gli angeli musicanti si nascondono in parte dietro il drappo d’onore del trono, i cui gradini, chiaramente delineati, generano lo spazio abitato dai santi che fanno da corona a Maria. Nella Crocifissione si nota un pentimento in basso a sinistra, laddove le rocce sono dipinte sull’oro, forse per alzare la linea dell’orizzonte e collocare Maria in una dimensione più concreta, mentre l’incisione guida alla base della Croce mostra che in origine il soppedaneo dovesse essere più largo, cioè con uno scorcio più forte. Sia la tavola di Parma sia quella Louvre-Cerruti hanno come modello l’anconetta con la Madonna col Bambino e santi, oggi conservata al Lindenau-Museum di Altenburg, di Angelo Puccinelli11, a cui si deve probabilmente l’introduzione a Lucca dell’iconografia dell’Eva col serpente, ampiamente diffusa nel senese a partire dall’affresco di Ambrogio Lorenzetti a Montesiepi (Angelo è documentato a Siena fino al 1382)12. La fortuna del tema a Lucca è testimoniata anche da una tavola di collezione privata fiorentina del Maestro di San Davino, ormai del primo decennio del Quattrocento13.
[Giovanni Giura]
Fig. 1. Giuliano di Simone, Madonna col Bambino tra angeli e santi ed Eva con il serpente. Parigi, Musée du Louvre.
1 Christie’s, Londra, Fine Pictures by Old Masters, 27 novembre 1970 (lot. 42, p. 30).
2 Gonzales Palacios 1971.
3 Firenze, Archivio del Corpus della pittura fiorentina, Fondo Boskovits, Giuliano di Simone.
4 Christie’s, Londra, Important Old Master Pictures, 10 luglio 1987 (lot. 92, pp. 130, 131).
5 Gonzales Palacios 1971, p. 51, nota 9.
6 Laclotte-Mognetti 1976, p.n.n., nota 3.
7 Cataloghi del Museo Campana 1859, classe VIII, cat. 136, p. 16, come «Simone Memmi». Per un riepilogo bibliografico sulla tavola del Louvre si veda D. Thiébaut, in Foucart-Walter 2007, p. 32.
8 L. Pisani, in Lucca 1998, p. 183.
9 Sulle opere appartenute a Lasinio e sulla sua disinvoltura nello smembrare polittici e tavole dipinte per metterle sul mercato, si veda Levi 1993, dove però si registra il «Calvary» che sormontava la tavola del Louvre come un pezzo diverso da quello della Collezione Cerruti (p. 147, app. III.1, n. 7); si veda anche É. Mognetti, in Parigi 2018-2019, p. 358.
10 Per una panoramica sull’arte di Giuliano di Simone si veda Labriola 2001.
11 A. De Marchi, in Lucca 1998, p. 151; L. Pisani, in Lucca 1998, p. 183; S. Weppelmann, in Siena
2008, cat. 44, p. 229.
12 Per una lista delle attestazioni del tema Dunlop 2002, p. 131, nota 2.
13 A. Labriola, in Lucca 1998, pp. 240, 241.