Cristo in Pietà sostenuto da angeli
Giacomo Del Maino
1490-1495 c.
Legno intagliato, dipinto e dorato
90 x 52 x 22 cm
Anno di acquisizione 1997
Inv. 0678
N. Catalogo A594
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
È una scena di grande drammaticità quella che si presenta agli occhi dell’osservatore del bel rilievo Cerruti, che ha come protagonista un Cristo in Pietà, accasciato sul suo sepolcro e sorretto da tre disperatissimi angeli. La lettura dell’opera è senz’altro facilitata dalle sue attuali, buone condizioni. Sono documentati almeno due restauri moderni: uno risalente al 1981, condotto da Sonia Bozzini, e un secondo eseguito al momento del suo ingresso nella raccolta Cerruti, a opera di Paolo d’Antonio1. Al momento del primo intervento la scultura era stata già da tempo privata di alcuni elementi ancora visibili in due antiche fotografie rese note da Raffaele Casciaro2: gli angeli apparivano dotati di ali e sul fronte del sarcofago correva un’iscrizione frammentaria, quasi certamente originale, alludente alla Passione: «Pro vita [p]o[puli] / Respi[ce] qu[anta t]uli».
L’intaglio è stato acquistato da Francesco Federico Cerruti nel 1997 presso una raccolta privata milanese. Nel tentativo di ripercorrerne le vicissitudini, tuttavia, pare difficile risalire a monte del 1988, quando fu esposto alla «Mostra dell’Antiquariato Internazionale» di Milano dal mercante Giuseppe Mainieri. In quell’occasione la scultura catturò l’attenzione di Paolo Venturoli, che, rilevandone i caratteri schiettamente lombardi, propose di ricollegarla alla prolifica bottega degli intagliatori Giovan Pietro e Giovanni Ambrogio De Donati3. A dirottarne l’interpretazione verso un più puntuale riferimento alla fase tarda dell’attività del milanese Giacomo Del Maino è stato poi Raffaele Casciaro4. Quest’ultima lettura ha quindi ragionevolmente trovato buona accoglienza negli studi seguenti, ricevendo un’ulteriore conferma nel 2015, quando il rilievo è stato presentato a Milano, alla grande rassegna dedicata all’arte lombarda di età viscontea e sforzesca5.
A supporto dell’attribuzione al capostipite di quello che fu uno dei principali atelier di maestri del legno attivi nella Lombardia sforzesca, Casciaro metteva in risalto le tangenze tra la figura del Cristo e quella del San Giovanni della maestosa croce di Castel San Giovanni, eseguita nel 1496 da Giacomo insieme al figlio Giovanni Angelo, includendo anche, nella forbice dei possibili confronti, i santi che affiancano la Vergine nel trittico della collezione Funaro di Torino6. Tali connessioni sono senz’altro da confermare, così come la datazione proposta dallo studioso agli anni 1490-1495, e quindi in un momento in cui, nella bottega, iniziavano a muovere i loro primi passi i figli, e poi eredi artistici, di Giacomo: Giovanni Angelo e Tiburzio. Ad accomunarlo alla produzione del capo della famiglia Del Maino sono, del resto, la piena coincidenza dei dati di stile, l’analoga, e sempre sostenuta, temperatura espressiva e la spiccata attenzione naturalistica, percepibile in dettagli particolarmente pulp quali il fitto reticolo di vene che solca gli arti del Cristo o il sangue, reso a rilievo, così come le lacrime versate dagli Angeli, che sgorga copioso dalle ferite sul suo costato e sulle mani. Si ritrovano qui delle cifre consuete nella produzione mainesca, come la grafica definizione dei capelli o della barba, intagliati con una morbidezza che latita invece nelle opere dei citati De Donati. D’altra parte, anche questi maestri si cimentarono in un gruppo dall’iconografia simile, ossia la più tarda, e monumentale, Pietà del santuario di Orselina, in Cantone Ticino, ma il raffronto, talvolta evocato in letteratura, vale più a enfatizzarne le differenze che le affinità7. Restando sul fronte iconografico, sono da notare, ancora seguendo Casciaro, le analogie del gruppo Cerruti con quanto proposto da Ambrogio da Fossano detto il Bergognone nella tavola oggi in Collezione Cagnola, che hanno recentemente instillato anche il sospetto di una conoscenza diretta del dipinto da parte del nostro maestro8.
In assenza di precisi dati, resta invece aperta la questione dell’originaria provenienza del Cristo in Pietà, così come quella della sua primaria funzione: le dimensioni contenute dell’oggetto rendono plausibile pensarlo quale parte centrale di un altarolo o, più probabilmente, come coronamento di una grande ancona, così come la stessa bottega dei Del Maino aveva scelto di fare, con un rilievo di uguale soggetto, nel complesso della chiesa di San Maurizio a Ponte in Valtellina (Sondrio), probabilmente di poco più antico9.
Federica Siddi
1 A dare notizia del primo è Casciaro 2000, cat. 41, pp. 274-275. Le notizie sul secondo restauro si ricavano dalla documentazione di Cerruti.
2 Casciaro, Moro 1996, p. 52, fig. 19; Casciaro 1998, pp. 173-174; Casciaro 2000, p. 274.
3 P. Venturoli, Scultura lignea a Orta, in Archeologia ed arte nel Cusio 1989, p. 53, nota 17; Id. 2005, p. 50, nota 17.
4 R. Casciaro, Gli arredi lignei del Santuario, in Bormetti, Casciaro 1996, pp. 208, 210. Lo stesso studioso è in seguito tornato a discutere del rilievo in più occasioni: Casciaro, Moro 1996, p. 54; Casciaro 1998, p. 189; Casciaro 2000, pp. 84, e cat. 41, pp. 274-275; R. Casciaro, Lo stile del Maestro di Trognano, in Bascap è, Tasso 2005, pp. 123, 124; R. Casciaro, Maestri e botteghe nel secondo Quattrocento, in Milano 2005-2006, p. 105, nota 38; Casciaro 2018, pp. 17-18.
5 V. Natale, cat. VI.25, in Milano 2015, p. 370.
6 Su queste opere, si veda Casciaro 2000, pp. 83, 133-135, e cat. 38, pp. 272-273; M. Tanzi, cat. 36, in Dionigi, Ferro 2020, pp. 193-195.
7 Per il gruppo ticinese si veda ora M. Tanzi, cat. 27, in Rancate-Varese 2010-2011, pp. 122-127.
8 Sulla questione si veda anche G. C. Sciolla, Bergognone giovane: problemi iconografici, in Pavia 1998 pp. 148, 149. A proposito di una conoscenza diretta del dipinto Cagnola si è espresso V. Natale, cat. VI.25, in Milano 2015, p. 370. Su tale opera, databile attorno al 1480 e legata a una committenza probabilmente olivetana, si veda ora N. Righi, cat. IV.30, in Milano 2015, pp. 298-299. Per la peculiare iconografia e sulla sua diffusione lombarda, con un riferimento anche al gruppo Cerruti, si veda Gallori 2010, pp. 24-38.
9 Casciaro 2000, cat. 42, pp. 275-276; Casciaro 2018, p. 17
