Compianto sul Cristo morto e un donatore

Neri di Bicci

1465-1475 c.
Tempera e oro su tavola
19,8 x 54,5 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0001
N. Catalogo A1


Provenienza

Il centro della composizione è occupato dal corpo esanime e cereo di Gesù Cristo, sorretto sulle ginocchia dalla Vergine dolente e da una pia donna.

 

L’opera in esame è stilisticamente imputabile a Neri di Bicci, prolifico artista fiorentino attivo in Toscana tra la fine degli anni trenta e gli anni ottanta del Quattrocento. Figlio d’arte, Neri ereditò alla morte del padre, Bicci di Lorenzo, la bottega di famiglia fondata sullo scadere del xiv secolo dal nonno Lorenzo di Bicci. La sua fiorente attività artistica, ramificata in diversi settori dell’artigianato pittorico e scultoreo, è largamente documentata nelle Ricordanze, un libro di bottega redatto tra il 1453 e il 1475 (Neri di Bicci 1976). Già di proprietà dello scrittore Anatole France (1844 -1924), la tavola fu battuta all’asta il 2 dicembre 1981 presso l’Hôtel Drouot-Richelieu di Parigi, entrando successivamente a far parte della Collezione Cerruti. 

Il pannello è custodito all’interno di una semplice cornice a cassetta di fattura moderna. Il tavolato si presenta leggermente imbarcato ed è stato assottigliato e rifilato lungo i margini superiore e inferiore. L’omogeneità della superficie pittorica è interrotta dalla presenza di chiodi metallici, abrasioni, piccole cadute di colore e dalla craquelure evidente soprattutto nella porzione centrale del dipinto, sui volti dei personaggi e sulla lamina dorata delle aureole eseguite a compasso. 

Soggetto del dipinto è il Compianto sul Cristo morto. La scena si svolge entro una vallata spoglia e desertica, definita sul fondo da una serie di colline rocciose, morbidamente arcuate. In linea con quanto narrato nei Vangeli si avverte che il tramonto è oramai imminente. Il centro della composizione è occupato dal corpo esanime e cereo di Gesù Cristo, sorretto sulle ginocchia dalla Vergine dolente e da una pia donna (fig. 1). Prima di deporlo nel sepolcro gli astanti ne piangono la morte. Accanto alle figure addolorate di san Giovanni evangelista e della Maddalena fa capolino Nicodemo, effigiato a capo scoperto mentre impugna i chiodi e la tenaglia. Sul lato opposto della composizione Giuseppe d’Arimatea, colto di profilo, mostra impassibile la corona di spine. Di fronte a lui è ritratta genuflessa una figuretta sommaria e prospetticamente incerta, quasi certamente il donatore dell’opera, colta nell’atto di sostenere con le mani il capo di Cristo. 

Le dimensioni contenute, il formato rettangolare e le venature orizzontali del legno suggeriscono che la tavoletta sia stata verosimilmente concepita come scomparto di una predella. 

Data la natura del soggetto non è possibile, a oggi, associarla con sicurezza a nessuna pala dipinta da Neri di Bicci. Dalla lettura delle Ricordanze, in cui la nostra opera non è menzionata, emerge che la formula adottata con maggiore frequenza da Neri nell’esecuzione di simili manufatti prevedeva la raffigurazione al centro di una «Piatà» (Pietà), affiancata ai lati da quattro o più santini inginocchiati o a mezzo busto. Una soluzione figurativa che a partire dalla fine degli anni sessanta divenne quasi una costante. La produzione di predelle con scene narrative è invece piuttosto limitata, sebbene raggiunga in taluni casi esiti altissimi, e legata soprattutto ai lavori degli anni giovanili dell’artista. 

Lo stesso tema del «Compianto» compare davvero di rado nel vasto corpus del maestro. Lo troviamo rappresentato solamente in due grandi pale d’altare, una con «Xpo fuori del munimento» dipinta nel 1472-1473 per la chiesa del Carmine al Morrocco (Tavarnelle Val di Pesa, Museo di Arte Sacra)1, e una stilisticamente più tarda, oggi nella chiesa di San Salvatore al Monte alle Croci a Firenze. Tra le due opere è la tavola del Morrocco a presentare maggiori affinità con la nostra. Il corpo arcuato di Cristo è in egual modo disteso sul grembo della Vergine mentre due figure ne sostengono il capo e i piedi. Uguale è l’atto di disporre le braccia del defunto sull’addome o il modo in cui il candido perizoma, annodato stretto su un fianco, gli fascia le gambe esili. La medesima soluzione compositiva, sebbene più articolata e complessa, è adottata anche da un seguace del maestro in un pannello, segnalato presso la Casa Martelli a Firenze e nel 1966 nella Collezione Bottino a Roma, noto grazie a una riproduzione fotografica conservata presso l’archivio della Fondazione Zeri a Bologna. 

Un elemento curioso che contraddistingue la tavola della Collezione Cerruti è lo spesso bordo nero asimmetrico, visibile sui lati esterni, che incornicia geometricamente la scena. Lo ritroviamo identico in almeno due opere. Lo scomparto di predella con il Martirio di santa Apollonia (Claremont, Pomona College Museum of Art, inv. 61.1.6)2, già nella Collezione Contini Bonacossi di Firenze, è di dimensioni quasi analoghe al nostro (21,3 x 52,4 cm), ma è visibilmente un’opera antecedente, databile verso la fine degli anni cinquanta. Dissimile dal punto di vista stilistico è anche il riquadro con San Leonardo soccorre nel bosco la regina Clotilde colta dai dolori del parto, già di proprietà Serristori, attribuito dubitativamente a Neri di Bicci unicamente sulla base di una vecchia riproduzione fotografica (Settignano, Villa I Tatti, Fondazione Berenson, Fototeca)3. I tre esemplari risultano quindi tra loro accomunati unicamente dalla particolare cornice pittorica romboidale, assente in altri lavori del maestro. A eccezione della predella posta alla base della Pala di Canneto (San Miniato, Museo Diocesano d’Arte Sacra)4 del 1452, in cui le scene sono delimitate da una cornice dipinta in nero di forma ovoidale, Neri era solito infatti suddividere i riquadri per mezzo dei più classici e tradizionali balaustrini dorati5. Allo stato attuale degli studi è lecito quindi azzardare l’ipotesi che l’intelaiatura romboidale pittorica, qui analizzata, possa essere il frutto di una manipolazione antiquariale e che forse tutti e tre i dipinti siano transitati in passato attraverso la medesima collezione o casa di vendite. 

Sebbene l’assenza di riferimenti certi renda difficile datare con sicurezza l’opera, è possibile collocarla stilisticamente all’incirca tra la seconda metà degli anni sessanta e la metà del decennio successivo. Nel complesso l’immagine è orchestrata secondo uno schema che prende piede sul finire del secolo. Il corpo di Cristo però non si spezza ancora in maniera così decisa e netta come nei lavori più tardi dell’artista, alla stregua dei Vesperbild tedeschi, ma è definito per mezzo di una linea serpentinata che sembra prolungarsi lungo il corpo chino a terra della Maddalena. A favore di una datazione precoce parlano anche elementi quali l’assenza totale di bordature dorate sui tessuti, le braccia molli e curve dei barbuti personaggi, il vezzo con cui Nicodemo solleva il mignolo stringendo con forza la tenaglia, una particolare inespressività emotiva che caratterizza in questi anni i protagonisti e un partito di pieghe ancora guizzanti e morbide delle pesanti vesti ricche di cangiantismi cromatici6

Giada Petrillo 

 

1 Neri di Bicci 1976, pp. 408-409 n. 761, 411-412 n. 767.

Shapley 1966, p. 113.

3 Berenson 1932, p. 386.

4 Bertolini 1954, p. 147.

5 Anche il riquadro con la Natività in Collezione Berenson a Villa I Tatti (Settignano) è incluso entro una bordatura curvilinea analoga. Dal punto di vista stilistico l’opera però è imputabile a un seguace di Neri di Bicci. Sebbene il modello tragga spunto dalle composizioni del maestro, come emerge dall’esemplare del Lindenau-Museum ad Altenburg (J. Tripps, in Firenze 2005, pp. 152-154), e sia stato più volte replicato dai suoi allievi (es. Harvard, Fogg Art Museum), talune scelte stilistiche non appartengono al linguaggio di Neri. Estranei al suo lessico sono, ad esempio, la posa geometrica dell’angelo, la vitalità degli omini che popolano il paesaggio, uno dei quali è impegnato a far impennare con maestria il suo cavallo, l’immagine così cordiale dei due pastori o quella più greve e caricaturale del Bambino, ritratto come un rigido bambolotto.

6 Nel ricordo datato 9 gennaio 1464 (1463 A.D.) Neri descrive dettagliatamente la predella dell’ancona con l’Annunciazione (Firenze, Galleria dell’Accademia; Neri di Bicci 1976, pp. 218-219 n. 431), realizzata per Agnolo di Neri Vettori, in cui sono dipinti «1o Disposto di croce e da’ lati 4 meze fighure». Sebbene le misure e il soggetto potrebbero risultare idonee all’identificazione del nostro pannello con l’opera summenzionata, data anche la presenza del donatore nel racconto, una certa povertà stilistica e una serie di discrepanze pittoriche, in confronto all’alto livello qualitativo della pala, ci portano per ora a escludere tale possibilità.

Fig. 1. Compianto sul Cristo morto e un donatore, particolare.