Ciments

Cementi

Francis Picabia

1921-1922
Acquerello, gouache e matita su cartone
55 x 75 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0159
N. Catalogo A152


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Il prevalente carattere ornamentale della composizione è la chiara spia dell’interesse che Picabia andava sviluppando per il design [...]

 

Il 18 novembre 1922 le Galeries Dalmau di Barcellona inaugurarono una mostra personale di Francis Picabia che comprendeva una cinquantina di lavori recenti. Erano presentati acquerelli dalle geometrie meccanomorfiche, schizzi a inchiostro e matita su carta, qualche disegno su vetro e una mezza dozzina di ritratti di giovani donne spagnole in abiti tradizionali1. La sera prima dell’inaugurazione André Breton, la cui postfazione chiudeva il catalogo della mostra, tenne una conferenza dal titolo Le caractère de l’évolution moderne et ce qui en participe2. Si cercava di fare il punto sulla situazione del movimento dadaista nel momento in cui, raggiunto l’apice, il gruppo cominciava a scompaginarsi, lasciando campo libero all’emergente frangia surrealista. Nonostante le buone parole di Breton, la mostra alle Galeries Dalmau non ottenne il successo sperato; nulla fu venduto e una sola recensione positiva apparve sulla stampa spagnola. A pesare era soprattutto la scelta di mescolare generi all’apparenza incompatibili, con il rischio effettivo di far sembrare l’intera esposizione incoerente. In verità, lo scopo di Picabia era duplice: da un lato sabotare i falsi idoli dell’astrazione metafisica, dall’altro prendersi gioco dell’estetica classicista del ritorno all’ordine3. L’artista sembrava così divergere, almeno formalmente, dal freddo macchinismo erotizzato dell’amico Marcel Duchamp e far prevalere, nelle proprie composizioni, un decorativismo sino a quel momento sconosciuto, informato delle poetiche di De Stijl e dei costruttivisti. Le immagini di donne spagnole sviluppavano un cliché che da Jean-Auguste-Dominique Ingres e Édouard Manet giungeva sino alle più prosaiche forme delle moderne cartoline postali4, mentre i congegni meccanici erano, in gran parte, un prelievo dal mondo dell’illustrazione scientifica. È stato il francese Arnauld Pierre a rintracciare in alcuni numeri della rivista «La Science et la Vie» i modelli per molte opere realizzate tra l’inizio del 1918 e la fine del 19225. Lo storico dell’arte seguiva la breccia lasciata aperta da un noto scandalo che coinvolse Picabia esattamente un anno prima della mostra di Barcellona. Il 9 novembre 1921 un anonimo giornalista pubblicava sul quotidiano «Le Matin» una riproduzione dell’opera Les Yeux chauds6, all’epoca esposta al Salon d’Automne, accanto a un diagramma tratto dal numero 51 del luglio-agosto 1920 di «La Science et la Vie». Secondo il giornalista, Picabia non solo aveva tratto ispirazione dal diagramma, ma lo aveva pedissequamente riportato, tale e quale, nella sua opera. Si lanciava così una chiara accusa di plagio7. L’artista decideva di non negare l’evidenza e pubblicava la propria sarcastica risposta su «Comoedia» del 23 novembre: «“Picabia non ha inventato nulla, copia” Eh sì, copia lo schizzo di un ingegnere invece di copiare delle mele! Copiare delle mele è comprensibile a tutti, copiare una turbina è stupido»8

Anche Ciments, che fu presente alla mostra barcellonese, ha il proprio prototipo in un accurato disegno tecnico apparso sulla stessa rivista (n. 45, giugnoluglio 1919). L’illustrazione mostra le forme sinuose di alcuni apparecchi necessari al collaudo del cemento (fig. 1). Picabia ricalca le linee scattanti dell’elemento centrale, trasformando i due bracci dello strumento e gli assi che li congiungono in un leggero diagramma di segni, la cui semplicità è aumentata dall’uso decorativo del colore. Nonostante in alto a destra il titolo in stampatello rivendichi il rapporto con questa macchina moderna, l’artista pare negare qualsiasi interesse per il suo funzionamento effettivo. L’apparecchio è trasposto in puro gioco di forme e lo spettatore abilmente trattenuto in una condizione di ambiguità percettiva, in cui l’osservazione realistica del dettaglio è continuamente messa in questione dall’estrema semplificazione e dalla presenza di errori deliberati. Inoltre, il prevalente carattere ornamentale della composizione è la chiara spia dell’interesse che Picabia andava sviluppando per il design; note sono le sue collaborazioni con Pierre Legrain e Rose Adler, la cui attività come rilegatori di libri è ben documentata nella raccolta di Cerruti (sch. p. 312; n. 85, p. 352). 

Come molte altre opere della collezione, Ciments ha una biografia profondamente legata al contesto culturale torinese. Acquistata dal noto antiquario francese Élie Fabius9 alla celebre asta del 1926 presso l’Hôtel Drouot di Parigi, giunse in Italia e fu presentata nel 1969 alla Galleria Notizie di Torino in occasione della mostra «Francis Picabia opere dal 1917 al 1950», curata da Maurizio Fagiolo dell’Arco. Cinque anni dopo, proprietà del gallerista ed editore torinese Ippolito Simonis, fu inserita nella pionieristica antologica che si tenne presso la Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino, curata anch’essa da Fagiolo, e nell’importante mostra del 1976 alle Galeries Nationales du Grand Palais di Parigi. Battuta all’asta a New York nel 1985, divenne parte di una raccolta svizzera. Ciments è documentata nella Collezione Cerruti dal 199310

Fabio Cafagna

 

1 J.-J. Lebel, La máquina Picabia, in Valencia-Barcellona 1995-1996, pp. 40-43.

2 Per la postfazione di Breton e la documentazione relativa alla conferenza, si veda Valencia-Barcellona 1995-1996, pp. 154-157.

3 B. Fer, Picabia’s Worldliness, in Zurigo-New York 2016-2017, p. 111.

4 Pierre 2002, pp. 163-174.

5 Id. 1992.

6 Les Yeux chauds fu coperto nel 1922, secondo una pratica non inusuale per l’artista, con una nuova opera, La Feuille de vigne (Londra, Tate; si veda King et al. 2013, pp. 246-257).

7 Anonimo, La turbine et le dada, in «Le Matin», Parigi, 9 novembre 1921, p. 1, cit. in Pierre 1992, p. 257.

8 Picabia 1975-1978, vol. II, p. 37, cit. in Pierre 1992, p. 257 («“Picabia n’a donc rien inventé, il copie” Eh oui, il copie l’épure d’un ingénieur au lieu de copier des pommes! Copier des pommes, c’est comprehensible pour tous, copier une turbine, c’est idiot», trad. dell’autore).

9 Gabet 2011.

10 Nell’Inventario dei mobili, dipinti, sculture, argenti, tappeti, maioliche, porcellane e oggetti d’arte del 30-06-1993 l’opera è menzionata nella camera della madre, la stessa in cui è attualmente allestita (Archivio Collezione Cerruti).

Fig. 1. Strumenti necessari al collaudo dei cementi, in «La Science et la Vie», n. 45, giugno-luglio 1919.