Carafe et bol
Caraffa e scodella
Juan Gris
1916
Matita su carta
32,8 x 22,5 cm
Anno di acquisizione 1977
Inv. 0121
N. Catalogo A113
Provenienza
Bibliografia
«Gli oggetti» spiega Kahnweiler, «sono innalzati alla dignità del tipo, sottratti ai casi del particolare [...], nel loro “assoluto”. [...] Gris si rivela ora pittore classico».
Nelle parole della scrittrice Gertrude Stein, «il solo cubismo vero è quello di Picasso e di Juan Gris. Fu Picasso a crearlo e Juan Gris lo impregnò della sua chiarezza e del suo entusiasmo»1.
Gris intraprende la sua personale declinazione della pittura cubista nel 1911-1912, ma frequenta l’ambiente di Picasso dal 1906. Nel 1916, durante la guerra, rimane a Parigi e conserva il suo atelier presso il Bateau Lavoir: lavora, ma evita di mostrare le sue opere, anche in ragione del contratto di esclusiva stipulato il 18 aprile con Léonce Rosenberg, a seguito della chiusura forzata dell’attività di Daniel- Henry Kahnweiler per motivi legati al conflitto mondiale. In una lettera al nuovo mercante distaccato presso il Royal Flying Corps, datata 15 maggio 1916, osserva che nelle sue ultime opere «c’è più espressione e più vita di prima [...]. Sicuramente questo nuovo orientamento mi fa negligere un po’ la fredda intelligenza per avere più gioia nelle sensazioni»2. Il brano individua un momento decisivo che introduce, come afferma anni dopo Kahnweiler, il periodo da molti considerato il più rigoroso della ricerca del pittore: dal 1916 al 1919, quando prevalgono le nature morte e rarissimi sono i ritratti, tutto è ricondotto alla superficie piana dove si iscrivono oggetti emblematici, non più rappresentati attraverso la descrizione da molteplici punti di vista, ma sottomessi alla struttura generale a comporre un’architettura.
«Gli oggetti» spiega Kahnweiler, «sono innalzati alla dignità del tipo, sottratti ai casi del particolare [...], nel loro “assoluto”. [...] Gris si rivela ora pittore classico»; e continua: «Nell’opera sempre grave di Juan Gris, queste opere [...] si distinguono per un’austerità, una sobrietà tutte particolari, che si manifestano tanto nel disegno quanto nel colore. È proprio lì quell’ardore castigliano che si veste di nero, s’impedisce ogni vivacità, e che sembra freddezza all’osservatore superficiale»3. È in una temperie di intenso impegno che, nel mese di luglio, Gris realizza il disegno Carafe et bol, riferito all’opera omonima, un olio su pannello di legno (fig. 1), anch’esso appartenuto alla Collezione Rosenberg4. In una missiva indirizzata al mercante il 31 luglio 1916, scrive infatti: «A parte il mio lavoro sono molto scoraggiato. Sono già abbastanza isolato ma vorrei esserlo ancora di più. Comunque lavoro molto e questo mi consola di tutto»5.
Il disegno contiene elementi assenti nel dipinto, mentre alcuni dettagli replicati come le ombre alla base della scodella o l’innesto del piano sulla caraffa sono trattati minuziosamente. Gli oggetti sono riconoscibili e mostrano resistenza all’eccessiva moltiplicazione e scomposizione delle linee. Tutti si ritrovano nelle numerose nature morte coeve, spesso appaiati: la scodella; la caraffa; l’uva, appena tratteggiata sul compotier; il giornale francese «Le Journal», con le lettere del titolo parzialmente coperte; il libro aperto, con le righe curve del testo. Infine, i riferimenti ambientali: l’anta di un mobile, che tipicamente ricorre nel lessico cubista (ove spesso la carta incollata simula il legno), e il tavolo, con la forma caratteristica della gamba, entrambi inclinati in modo da assecondare la diagonale che taglia interamente la composizione. Se nei dipinti i piani si distinguono attraverso il colore, nei disegni come Carafe et bol i passaggi sono sottolineati da linee più spesse, che ne rendono immediatamente leggibile la compenetrazione. A prove grafiche di grande nitore ed essenzialità del tratto come questa, se ne alternano altre con un segno più morbido e sfumato, ma di eguale precisione e coerenza.
Carafe et bol appartenne alla collezione di Marie-Louise Jeanneret almeno fino al 19776: è possibile che Cerruti l’abbia acquistato poco tempo dopo, quando era presumibilmente in contatto con la gallerista ginevrina (si veda sch. p. 816). Nella biblioteca di Cerruti è presente il catalogo dell’ampia retrospettiva sul pittore spagnolo «Juan Gris. Pinturas y dibujos 1910-1927», tenutasi nel 2005 presso il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid.
Valeria D’Urso
1 Stein 2010, p. 92.
2 «Il y a plus d’expression et plus de vie qu’avant [...]. Sûrement cette orientation nouvelle me fait négliger un peu la froide intelligence pour avoir plus de joie dans les sensations» (Juan Gris 1999, p. 25).
3 «Les objets [...] sont élevés à la dignité du type, soustraits aux hasards du particulier [...], dans leur “absolu”. [...] Gris se révèle à présent peintre classique»; «Dans l’oeuvre toujours grave de Juan Gris, ces oeuvres [...] se distinguent par une austérité, une sobriété toutes particulières, qui se manifestent autant dans le dessin que dans la couleur. C’est bien là cette ardeur castillane qui s’habille de noir, s’interdit tout éclat, et qui paraît de la froideur à l’observateur superficiel» (Kahnweiler 1990, pp. 228, 232, 233).
4 Cooper 1977, vol. I, p. 274, n. 183a, p. 275 fig. 183a.
5 «À part mon travail je suis très découragé. Je suis déjà assez isolé mais je voudrais l’être encore davantage. Enfin je travaille beaucoup et cela me console de tout» (Juan Gris 1999, p. 35).
6 Cooper 1977, vol. I, p. 274, n. 183a.
Fig. 1. J. Gris, Carafe et bol, 1916, olio su pannello.

