Canale a Venezia (Piccolo canale a Venezia) (Rio)
Giovanni Boldini
1907 c.
Olio su tavola
27 x 18 cm
Anno di acquisizione ante 1993
Inv. 0223
N. Catalogo A213
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
«Ognuno di questi quadri è preparatorio e convincente come il primo capitolo di un romanzo.»
Il rapporto tra Boldini e Venezia si tesse in visite di piacere, esposizioni e impegni istituzionali, che si fanno più assidui a partire dagli anni novanta, quando all’apogeo della sua carriera il pittore percorre incessantemente l’Europa. L’interesse per l’arte della Serenissima e in particolare per il Settecento si annuncia in una lettera del 1886 all’amico fiorentino Cristiano Banti: «[...] ho l’intenzione di andare a Venezia, se tu ci vorrai venire mi farai molto piacere, andremo a vedere i Tiepolo che non ho mai visto a Venezia, e poi farò qualche cosa, ma in grande, sempre grande, non vedo più che della pittura grande, è da un certo tempo che mi trotta nella testa le grandi linee!»1. Tra le occasioni lagunari vanno poi ricordate le numerose committenze, tra cui spicca il ritratto per la marchesa Casati nel 1908, e ruoli istituzionali come quello di mediatore presso gli artisti francesi all’interno del Comitato patrocinatore della prima edizione della Biennale di Venezia del 1895. All’Esposizione internazionale di Berlino dell’anno successivo Boldini sceglie di inviare alcune vedute di Venezia, accanto agli ormai celeberrimi ritratti. L’acqua, l’orizzonte del mare, le chiese, i canali, gli scorci dei ponti e dei rii dettano quasi un’iconografia e un genere a sé stanti, che l’abile pittore risolve affidandosi ai tagli dinamici delle composizioni e al ritmo sciabolante delle pennellate.
L’opera della Collezione Cerruti, non datata, è sempre stata collocata al 1907, durante un viaggio non documentato se non da un gruppo di opere di soggetto veneziano. Sebbene il supporto e il formato suggeriscano uno studio dal vero, questo scorcio di canale è in realtà un’opera di maggiore rifinitura, eseguita ricomponendo i motivi che Boldini studia rapidamente sui taccuini: il ripido sotto in su delle facciate, le oscillazioni orizzontali dei riflessi sull’acqua, le diagonali eleganti delle gondole ormeggiate. In uno dei suoi viaggi, il pittore si è in effetti appuntato a matita anche l’elemento su cui si imposta questa composizione, cioè le due paline che fendono l’inquadratura in primo piano (fig. 1). Per il controllo calibratissimo del formato verticale e dello scorcio vertiginoso la pittura è un tour de force di virtuosismo, culminante nel miniaturistico dettaglio dei passanti sul ponte.
L’opera viene esposta e venduta alla Galleria Scopinich di Milano, quando Emilia Cardona liquida parte del contenuto dell’atelier di boulevard Berthier, iniettando così nel mercato italiano una grande quantità di opere, studi e disegni. La vendita del 1933 è commentata da Raffaele Calzini in termini che rivelano il fascino dell’atelier come luogo di confessione di un’esistenza: «Per la prima volta il pubblico penetra nel sancta sanctorum della sua pittura. Un tesoro di tele, di cartoni, di telai, di fogli dipinti a olio o all’acquerello; o una fuga di immagini coi pensieri i fantasmi le realtà d’ogni giorno? Un mondo. [...] Ognuno di questi quadri è preparatorio e convincente come il primo capitolo di un romanzo»2. Opere come questo Rio, che Boldini aveva tenuto con sé, rivelavano un gusto per molti aspetti agli antipodi della pittura rutilante e aristocratica con cui l’artista assecondava le committenze: «Venezia fu un altro soggetto caro alla fantasia di Boldini: una Venezia ricca e una Venezia povera: una Venezia agghindata e festaiola e una Venezia semplice, quasi rustica. Quella che egli amava di rivedere nelle penombre del suo studio al riflesso delle luci parigine è quest’ultima. Solitudini opaline e pace di canali deserti, di approdi inoperosi»3.
Filippo Bosco
1 Lettera di G. Boldini a C. Banti, 8 luglio 1886, in Dini 2002, vol. I, p. 193.
2 R. Calzini, in Milano 1933, [pp. 1-2].
3 Ibid., [p. 8].
Fig. 1. G. Boldini, Ormeggi a Venezia, matita su carta vergata. Ferrara, Museo Giovanni Boldini.

