Astrale Automaten

Paul Klee

1918
Acquarello, inchiostro e matita su carta applicata su cartoncino dall'artista
22,5 x 20,3 cm (il foglio); 56x 42,5 x 4 cm (con cornice)
Anno di acquisizione 1989


N. Catalogo A121
Inv. 0128


Provenienza

Si può dire che siamo di fronte a un nuovo compagno del genere umano, molto confacente agli anni della Prima guerra mondiale e della meccanizzazione legata al conflitto. 

 

 

Paul Klee crebbe a Berna in una famiglia di musicisti e lui stesso divenne un violinista di particolare talento, tanto che per molto tempo non seppe se scegliere la carriera di musicista o quella di pittore. Dal 1912 fu uno dei protagonisti del gruppo Der Blaue Reiter e dal 1914 fu tra i principali artisti europei che svilupparono l’astrazione, con particolare attenzione alla linea e al colore, e utilizzando tecniche ispirate alla grafica e legate all’improvvisazione, volte a rendere visibile l’essenza delle cose. 

Nel 1916, durante la Prima guerra mondiale, Paul Klee, che aveva la cittadinanza tedesca, fu arruolato nell’esercito. Nelle opere di questo periodo sono spesso presenti motivi legati alle colonne di un tempio, che ricordano le antiche rovine e al tempo stesso alludono alle distruzioni causate dalla guerra. La composizione di questo dipinto è caratterizzata da un movimento circolare, in cui un gruppo di capitelli allungati si sovrappongono gradualmente da dietro in avanti e da sinistra a destra. Lo spazio è scandito da due grandi pilastri che incorniciano un arco, al centro del quale una torre divide la composizione in due universi separati: la sinistra rappresenta il mondo notturno dominato da uno spicchio di luna, tutto sui toni freddi del blu, mentre la destra è dipinta con toni caldi. Il sovrano del mondo diurno, una rappresentazione antropomorfa del Sole, irradia luce, ma è posto su un lato della composizione così risulta visibile solo metà del suo volto sulla destra. Insieme al movimento circolare suggerito dalla composizione si esprime quindi anche il passaggio dal giorno alla notte: un viaggio alla cui fine troviamo appunto la figura antropomorfa del Sole. Secondo una progressione in senso antiorario, sembra che un automa a forma di uccello sospeso a testa in
giù voglia trasmettere qualcosa a un automa più grande, che rappresenta il personaggio principale. In alto, dal naso di un secondo piccolo automa si irradia un fascio di linee sulla testa di quello grande in primo piano; il fascio emerge dal suo orecchio, come se il piccolo automa ispirasse il grande. Sia gli automi piccoli che quelli grandi obbediscono alle «leggi dei corpi celesti», infatti non possono muoversi autonomamente ma solo grazie a un meccanismo automatico a orologeria. 

In questo senso, Klee esplora qui il tema degli «aiutanti inermi» come nelle figure di angeli che l’artista disegna nel suo ultimo periodo.

L’interesse di Klee per gli «automi» potrebbe essergli stato ispirato dai racconti di Ernst T. A. Hoffmann L’automa (1814) o L’uomo della sabbia (1817), che tanto amava. Inoltre, influenzato dalla moglie Lily, Paul si interessava anche all’astrologia e ai movimenti dei corpi celesti su cui apprese qualche nozione di base. Per inserire quest’opera nel contesto culturale contemporaneo è rilevante citare tra l’altro il romanzo fantastico Lesabéndio pubblicato da Paul Scheerbart nel 1913: Alfred Kubin, amico di Klee, lo illustrò con quattordici disegni e Walter Benjamin, che in seguito acquistò l’Angelus novus (1920) di Klee, ne scrisse una recensione. Klee, che condivideva lo stesso Zeitgeist, ha creato qui un automa che è un’ambivalente via di mezzo: da un lato obbedisce alle «leggi dei corpi celesti» in un’esistenza priva di vie d’uscita, dall’altro è stato liberato dalla fallibilità del giudizio umano. Si può dire che siamo di fronte a un nuovo compagno del genere umano, molto confacente agli anni della Prima guerra mondiale e della meccanizzazione legata al conflitto. 

 

[Marie Kakinuma]

 

Nel 1989, Astrale Automaten fu l’ultima tra le tre opere di Klee a essere acquistata da Francesco Federico Cerruti [N.d.R.].