Arco in ombra

Carlo Maria Mariani

1995-1996
Olio su tela
57 x 36 cm
Anno di acquisizione 1996


Inv. 0142
N. Catalogo A135


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

«[...] Non uso il mito come una categoria fondamentale (come succede in Kiefer), ma come un pretesto per dipingere.»

 

Formatosi in ambito romano e con un trascorso di pittore iperrealista, da metà anni settanta Carlo Maria Mariani ha iniziato a concentrarsi con insistenza sulla tradizione rinascimentale e soprattutto neoclassica. «Compendio di pittura», personale del 1975 allo Studio d’Arte Cannaviello, riuniva fedeli copie da Leonardo, Raffaello, Anton Raphael Mengs al fianco degli originali riprodotti in foto. Due anni dopo alla Galleria Sperone «Affinità elettive» precisava con più consapevolezza i termini dell’operazione. La mostra infatti si rivolgeva interamente alla pittrice svizzera Angelica Kauffmann per via di riprese, copie o rielaborazioni di suoi dipinti. Accompagnandosi a testi redatti da Mariani stesso, esse acquistavano una connotazione fortemente mentale. Proprio una tale pratica ha fatto di lui un precursore di quel «ritorno alla pittura» cui si assiste a livello internazionale ai primi del nuovo decennio. Critici come Italo Mussa e Maurizio Calvesi hanno alternativamente cooptato Mariani nella Pittura colta e poi nell’Anacronismo: formazioni in cui, tuttavia, egli non si è mai davvero identificato rivendicando piuttosto una matrice eminentemente concettuale. «Il mio lavoro - ha dichiarato a Carolyn Christov- Bakargiev in un’intervista su «Flash Art» del 1990 - non è un semplice “ritorno”, una ripresa acritica di contenuti mitici in quanto il contenuto non mi interessa in fondo, per niente. Le mie opere sono totalmente astratte e inespressive, ecco la grande differenza. Non uso il mito come una categoria fondamentale (come succede in Kiefer), ma come un pretesto per dipingere»1. Insieme al rilancio di una pittura dalle forme provocatoriamente accademiche, le tele di Mariani fanno rivivere l’ideale classico attraverso un’iconografia dal tono aulico. In pieno clima postmoderno tornano atleti e nudi apollinei, dei e semidei, teste gigantesche e personaggi paludati all’antica. Dai primi anni novanta, in corrispondenza con l’invito alla XLIV Biennale di Venezia e il trasferimento a New York, l’iconografia si amplia: acquista una dimensione più narrativa sfruttando anche le risorse dell’ironia. Le figure mantengono un’impostazione severamente neoclassica ma iniziano a convivere con esplicite riprese novecentesche (da Alexander Calder, Marcel Duchamp, Joseph Beuys, Constantin Brancusi, per esempio). L’insieme, alla fine, genera uno straniante dialogo tra tradizione e contemporaneità. 

Fig. 1. Santa Maria in Portico in Campitelli, Roma, ultimata nel 1667.

Dipinto tra 1995 e 1996, Arco in ombra ritrae una figura androgina con il capo cinto di alloro mentre con un balzo fuoriesce da un portale seicentesco. Un arioso panneggio rosa ne attraversa il corpo: benda gli occhi, avvolge parte delle nudità, infine si apre alle spalle generando un vortice che amplifica la forma dell’arco soprastante. La mano sinistra sollevata regge la sagoma della Gran Bretagna al pari di un aquilone: Mariani omaggia la terra del Romanticismo, i cui poeti e scrittori, pur così lontani nel tempo, continuano a ispirarlo. Della scena spicca l’impianto frontale leggermente scorciato dal basso. La simmetrica partitura architettonica, liberamente ispirata alla facciata di Santa Maria in Portico in Campitelli (fig. 1), viene rotta dall’irruzione di una figura che, nelle anatomie levigate come nella posa dinamica, ricorda Raffaello e insieme William Blake (in Mariani le citazioni non sono mai palmari, ma sempre alluse, figg. 2, 3). La pittura è ricca di sfumature, rifinita in ogni dettaglio: nel contempo veloce, quasi compendiaria nelle stesure. 

Fig. 2. Raffaello, Cacciata di Eliodoro dal tempio, 1511-1512. Roma, Stanze Vaticane.

Nella primavera 1996 Arco in ombra venne esposto nella personale «Ossequiose eresie» presso lo Studio d’Arte Cannaviello: stessa galleria, nel frattempo trasferitasi da Roma a Milano, dove ventitré anni prima l’artista aveva esordito con la personale «Iper/ri/cognizione». Presentata in catalogo da Laura Cherubini, la mostra raccoglieva una ventina di opere accomunate dalla fattura recente quanto dal formato contenuto. Risale ad allora l’acquisto del ragioniere Cerruti, che nell’ostinata pratica della pittura come nella dimensione sovratemporale di Mariani doveva riconoscere un ideale prosieguo della lezione dechirichiana. 

Fabio Belloni 

 

1 Christov-Bakargiev 1990, p. 88. 

Fig. 3. W. Blake, The Good and Evil Angels, 1795 c. Londra, Tate Gallery.